Governo
Cattive idee e cose semplici
Durante il fine settimana P. Krugman ha pubblicato un articolo stimolante sul rapporto tra false spiegazioni e avvenimenti epocali; ormai chiunque sia libero da interessi diretti o snebbiato dai fumi degli editoriali di prima pagina di Giavazzi (quest’ultimo per un pelo diventava consulente economico dell’aspirante sindaco di Venezia, Casson, vedi te), non sta più cercando le cause della devastante crisi di questi anni, né forse indugia sulle dolorose conseguenze, bensì attende di capire il motivo per cui ci si ostini a curare una malattia con la cura sbagliata.
Il citato articolo, a partire da ciò, si interroga sulle ragioni del radicamento delle idee molto cattive: “Una cosa che abbiamo imparato negli anni successivi alla crisi finanziaria” – assume il premio Nobel – “è che le idee davvero cattive, ossia quelle che incontrano i pregiudizi delle persone molto importanti, sono davvero difficili da estirpare”.
In altre parole; nel mezzo della crisi finanziaria dovuta in larga misura alle politiche neoliberistiche del trentennio passato, alcuni studiosi (neoliberisti), tipo un Alesina, pubblicano saggi in cui dimostrano che il debito pubblico arrivato ad una certa soglia provoca crisi immense. Di conseguenza i policy makers attuano politiche di massiccio intervento sul debito pubblico e le chiamano “austerità espansiva”; uno ha la febbre alta, gli apponi delle sanguisughe che tolgono il sangue infetto e in eccesso, lui guarisce. Una bella idea davvero cattiva, infatti poi la scienza dimostra che le sanguisughe è meglio lasciarle nella loro acqua sporca. Del resto in pochi anni emerge che pure quegli studi di economisti stregoni non erano esatti. Nondimeno si prosegue con le stesse politiche. Perchè le idee cattive sono difficili da estirpare.
Tenterei un passo ulteriore, osservando la faccia speculare della medaglia. Siccome le cose semplici sono semplici, perchè non si affrontano nella loro semplicità? L’acqua cade dall’alto verso il basso, difficile impuntarsi a dimostrare il contrario. Se io attuo una politica che ha come scopo di abbattere il debito pubblico, e questo in cinque anni non fa che aumentare (vedi le stime odierne), la prima questione che mi pongo è se non sia errata la mia azione. Se io attuo politiche che devono aumentare l’occupazione e al contrario aumenta la disoccupazione, valuto di proseguire nella strada opposta?
Se affrontare la crisi strutturale di un Paese di piccole dimensioni, tipo la Grecia, mi costerebbe intorno ai 30/40 miliardi; e dopo cinque anni avendo prodotto centinaia di migliaia di disoccupati, abbattutto il Pil, destrutturato fino alle fondamenta il suo stato democratico, mi accorgo di dovere sborsare 300/400 miliardi di euro pena il crollo del continente: cambio strada?
Se da un continente attraversato da guerre partono flussi migratori di disperati, profughi, affamati, in quantità e condizioni raramente viste prima, io chiudo le mie frontiere in faccia al Paese mio confinante, costituito di sole coste e per questo naturale porta di accesso, o mi pongo il problema di cooperare per gestire un fenomeno, evidentemente, inevitabile all’origine?
E così via. Oggi, non so se più che in passato, è molto diffuso di quanto sembri questo vizio del dibattito pubblico di eludere il cuore del problema. Siamo da settimane a valutare politicamente nel dettaglio i risultati elettorali, e qualsiasi apprendista capirebbe che il fulcro politico dell’analisi è la incredibile astensione, la lontananza degli elettori dal processo democratico. Ma questo fulcro ci annoia solamente citarlo, infatti lo citiamo per dovere, e poi passiamo oltre.
I cittadini gridano nell’unico modo che hanno in democrazia (ve ne sono altri più rischiosi) e noi gli diamo una pacca sulla spalla e parliamo d’altro.
Non so quali possano essere le cause profonde di questi fenomeni che stanno minando alle fondamenta le nostre comunità. Perchè, riassunti in altre parole, i casi citati descrivono una fase storica in cui la mistificazione della verità da parte delle classi dirigenti al potere è strumento per orientare le masse in direzioni eventualmente contrarie al loro interesse.
Come è sempre stato, si potrebbe dire. Krugman, alla fine dell’articolo ovviamente ipotizza che vi sia la spinta della malafede: uso il falso argomento del debito pubblico per tagliare il welfare state, eccetera. In fondo questo è sempre avvenuto, quando le masse erano ignoranti, all’oscuro di informazioni, cosa che tuttavia oggi non dovrebbe più essere, nella società dell’informazione e della comunicazione istantanea.
Nondimeno, pare sia da osservare anche l’altra faccia della medaglia. Ossia la stupidità, l’ingrediente sempre presente in dosi standard nella storia, secondo il teorema di Cipolla. L’egoismo, l’assenza di lungimiranza, l’autoreferenzialità del potere che guida la locomotiva a vapore, a volte prevaricano ogni buon senso, non distinguono più il vero dal falso, il semplice dal difficile, ciò che si può o non può fare, finchè la Storia deraglia. E poi, prima o poi riparte.
Quasi sempre poi.
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