Storia
Lunga vita a Barbero
In questi giorni sui social è andato in tendenza il nome di Alessandro Barbero, e per chi se ne fosse persa la ragione si tratta di una diatriba agostana sul ruolo delle foibe nella narrazione politica italiana. C’è chi lo ha criticato, mancando tuttavia il punto, perché il vero punto era quello dell’uso politico della storia. Il tema è assai importante, e non posso che rimandare a un libro uscito di recente: E allora le foibe?, Eric Gobetti, Laterza 2021.
Ma per chi abbia meno tempo, o ancora non conosca la capacità didattica e critica del Nostro, c’è una bellissima lunga lezione tenuta da Barbero durante l’anno scolastico passato a dei ragazzi di una scuola superiore di Priverno (Lt).
Ma non è di questo che voglio parlare, o meglio non è direttamente di questo, piuttosto mi sembra utile ritornare su quanto Barbero sia diventato per un pubblico sempre più vasto, una specie di icona edu-pop. Sul tema si trovano on line un paio di articoli interessanti, che ne delineano in qualche modo la fenomenologia (ma sono i primi che mi siano capitati sottocchio, quindi forse se ne trovano altri) questo e questo. Il ruolo che sta avendo Barbero – storico autentico – per la divulgazione e l’educazione storica «pop» (e questo non solo in senso comune, ma proprio nel senso gramsciano del termine) è enorme. Lo si ascolta, inebriati, indipendentemente dall’età e dal ruolo. Esistono delle vere e proprie fanzine, e gruppi di ascolto e di lettura. Lui fa l’effetto di una sorta di trickster burlone che con un piglio ilare e giocoso fa scorrere interi capitoli della storia, dalle crociate all’epopea napoleonica, come se fossero delle serie di Netflix.
Io stesso sono un fruitore di Barbero, soprattutto di Podcast, piacendomi camminare mentre lo ascolto, spesso anche due volte di seguito. Ho diversi amici e colleghi che fanno lo stesso, ma non bisogna ignorare il livello di popolarità del professore nella scuola, nella generazione dei teenagers. Per ragioni di ore, la storia – materia che io insegno – è sempre più marginalizzata, ridotta a materia cenerentola talvolta, e forse questa è la ragione per la quale paradossalmente si amano gli storici accademici o i divulgatori: perché ne parlano con ampiezza, possono andare in profondità su temi, spesso importantissimi, che noi per ragioni di programma dobbiamo sacrificare o parlarne in maniera talmente asfittica da dare l’impressione di star facendo qualcosa di inutile, connettendo una serie di nomi, date, battaglie e qualche concetto del lessico ormai entrato nell’uso comune (riforma, rivoluzione, crisi, crescita, declino, etc.).
Quando ero giovane si usava dire che non c’erano divulgatori storici in Italia, essendo questa attività piuttosto appannaggio della tradizione anglosassone, ma adesso le cose sono decisamente cambiate e insieme a Barbero ci sono sempre più storici – anche giovani storici e storiche – che fanno ottima divulgazione, oltre che naturalmente ricerca. Lodevole è l’opera, ad esempio, di alta divulgazione storica fatta da Paolo Mieli con i suoi programmi in Rai, al quale spesso partecipano giovani studiosi, e un intero canale Rai storia maldestramente a rischio, qualche mese fa, di chiusura.
La storia è una materia bellissima, appassionante e necessaria se si vuole costruire una identità civile. L’ignoranza della storia produce mostri: non perché la storia si ripeta, ma perché essa ci fa conoscere meglio che cosa siamo noi uomini, di cosa siamo capaci, e che eventi prima ritenuti impossibili si sono verificati, quindi cose analoghe che riteniamo impossibili potrebbero verificarsi di nuovo. Caso emblematico: l’attuale pandemia acquista portata epocale ed epochizzante se uno la inserisce nella storia, altrimenti diventa qualcosa di impensabile e incredibile e quindi da negare (anche in senso psicoanalitico). I negazionisti del virus e i negazionisti della Shoah hanno qualcosa di simile: ignorano la storia, non conoscono che la propria esistenza particolare, che ritengono unica con il suo corredo di accadimenti inauditi, e ritengono che la storia sia semplicemente riconducibile a poche variabili, togliendole la complessità e rendendola quel gioco di prestigio ideologico da cui ci ammoniva Karl Popper nel suo Miseria dello storicismo. Per semplificare: la storia ricondotta a cospirazione da parte di poche figure. La storia macchiettistica.
Quindi lunga vita a Barbero, e guai a toccarcelo. Altrimenti …
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