Storia

Andrea Chenier, o la rivoluzione che mangia se stessa

7 Dicembre 2017

I sogni e gli incubi della rivoluzione, è un libro che  Jean Starobinsky pubblicò molti anni fà e che forse sarebbe consigliabile riprendere in mano prima di andare ad assistere  a Andrea Chenier, il dramma che apre stasera la nuova stagione de La Scala. Chi è il protagonista dell’opera? La rivoluzione? Non ne sono certo, e forse nemmeno Andrea Chenier è la figura intorno a cui tutto gira. I titoli sono spesso ingannevoli.

E’ il Marzo 1793, il deputato girondino Pierre Victurnien Vergniaud intervenendo alla convenzione dice che la rivoluzione è in procinto di imboccare la strada di Saturno, che uno alla volta divorò i propri figli (quella stessa frase poi  Andrzej Wajda  la mette in bocca a Depardieu nel ruolo di Danton nel film omonimo che produce  nel 1983).

Come spesso capita il destino aveva parlato attraverso la sua bocca accusato di tradimento nel giugno dello stesso anno, è condannato a morte e ghigliottinato, pochi mesi dopo, il 31 ottobre 1793. Lì s’inaugura l’ultima stagione di un percorso in cui la rivoluzione mangia se stessa. Un processo che in pochi mesi vede prima scomparire il gruppo girondino, seguiti dai giacobini, per travolgere, infine, quelli che opponendosi da sinistra e attivi nel colpo di Termidoro nel luglio 1794 si troveranno ben presto al margine, non solo sconfitti, ma perseguitati. E’ il Direttorio, l’ultimo momento in cui la rivoluzione cerca di salvare se stessa, per poi dissolversi.

Al centro della scena dei conflitti politici, della trasformazione del confronto tra parti della stessa storia, sta la forza della passione politica, del conflitto, la consapevolezza che da quel confronto serrato si esce solo con la sconfitta di uno dei contendenti e, non raramente, con la morte.

Tema di grande spessore che trova nella scena della Rivoluzione francese il suo archetipo.

E’ il destino di tutte le rivoluzioni?  Forse. Il testo sottotraccia che sta al centro dell’Andrea Chenier che aprirà la stagione de La Scala stasera è qui, anche se il tema essenziale dell’opera, a me sembra essere più sottile.

Il tema protagonista più che l’evento Rivoluzione francese (che in realtà è solo lo sfondo dell’opera) è il dramma dei rivoluzionari, inquieti, non acquiescenti nel corso della Rivoluzione.

Per questo, senza farsi ingannare dal titolo (una elemento fuorviante, spesso) non è marginale chiedersi chi sia realmente il vero protagonista dell’opera se il tema è la prassi dei rivoluzionari.

La scelta dello spettatore è certamente portata a identificarsi con il personaggio che dà il titolo all’opera. Tuttavia il centro e il nodo problematico dell’Andrea Chenier non stanno nel personaggio Andrea Chenier.

Come spesso capita nella letteratura il titolo agisce da segnalatore indiziario, ma talvolta anche ha una funzione da depistaggio.

Chi è il protagonista di Andrea Chenier? Forse è il poeta, Chenier appunto. Ma forse, più realisticamente, il vero protagonista è Gérard.

Come ne I tre moschettieri di Dumas, il vero protagonista è il non moschettiere, ovvero D’Artagnan, come in Anna Karenina, dove Anna Karenina, la protagonista è l’impossibilità di poter essere il titolo ovvero una figura che  non riesce ad essere, Anna Karenina, o si sottrae dall’essere Anna Karenina, per tentare di essere semplicemente Anna, o tornare ad essere (senza riuscirci)  Anna Oblonskij, non potendo essere Anna Vronskij.

In questo dramma dell’impossibilità di scegliere, a ben vedere non è Andrea Chenier il vero protagonista conflittuale dell’etica del rivoluzionario, ma è appunto Gerard, la figura intermedia, dilaniata tra privato e pubblico, tra impegno e sentimenti, tra fedeltà alla causa e scelta individuale.

Il tema del dramma delle rivoluzioni non  è mai nelle figure alternative, ma è nel processo riflessivo di chi sta dentro il percorso emozionale e passionale  dei rivoluzionari, condivide con loro le tappe essenziali del “farsi della storia”, ma poi ha una perplessità, in cui inizia a prendere forma una nuova visione del processo rivoluzionario, o di ciò che si chiama fedeltà ai principi della rivoluzione.

Come tutti i processi che ridiscutono segmenti, più o meno estesi degli eventi che pure si sono condivisi e sostenuti, il tema è contemporaneamente non tornare alla situazione precedente la rivoluzione, ma anche cercare di modificare o di intervenire per modificare il percorso che sta prendendo forma o che ha già preso forma. Un tema che allude non solo alle rivoluzioni, ma anche allo spazio di azione e di autonomia che sta dentro le crisi della politica quando questa sembra non lasciare margini presentandosi  nella logica “o con me, o contro di me”.

Sappiamo come di solito finisce per i processi rivoluzionari, una volta intrapresa questa strada. Sarà così anche per il futuro della politica?

 

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