Germania

Almeno la memoria non muoia

21 Dicembre 2018

È scomparso venerdì 14 dicembre a 97 anni di Ottomar Rothmann, ex detenuto del lager di Buchenwald che dopo la liberazione fu impegnato a dare voce alle sofferenze dei compagni morti e dal 1974 al 1986 assunse l’incarico di sostituto della direzione del memoriale del lager e fu poi ancora membro del Consiglio degli ex internati, lo ha riferito l’emittente mdr. Appena un giorno prima, il 13 dicembre, è mancato a Tel Aviv un altro testimone importante della Shoà: Noah Klieger. Ebreo di origini francesi -era nato a Strasburgo nel 1926- fu arrestato a 16 anni come resistente in Belgio ed internato ad Auschwitz. Sopravvisse al lager tirando di box (si legga il libro di memorie La Boxe ou la Vie) per il diletto delle SS ed alla marcia della morte sino a Ravensbrück, per finire per essere ancora un superstite dell’assalto britannico alla nave Exodus, prima del suo approdo in Palestina e contribuire alla Fondazione dello Stato di Israele. Qui lavorò poi come giornalista sportivo ed anche quale testimone ed attento cronista dei processi ai criminali nazisti per la Yediot Aharonot, oltre che corrispondente del giornale francese L’Equipe. Ricordo il suo amaro commento alla asettica lettura fatta dai giudici dei lunghi elenchi dei prigionieri deportati nel lager di Sobibor usati come prova di accusa nel processo contro Iwan Demjanjuk a Monaco di Baviera: “come arance, un tanto al chilo”. Il settimanale Jüdische Allgemeine Zeitung gli ha dedicato nel suo numero del 20 dicembre -scaricabile anche on line- un’intera pagina a firma di Takis Würger.

Il Governo di Berlino si è intanto impegnato recentemente -ad ottanta anni dalla fine della guerra- a riconoscere un indennizzo una tantum di 2.500 euro ai bambini, per lo più ebrei, affidati alla salvezza dall’ascesa del nazismo nei Kindertransporten; ne ha dato notizia già alcuni giorni fa David Rising per la agenzia AP. I convogli di bambini soli lasciarono la Germania tra il 2 dicembre 1938 ed il 1° settembre 1938, data dell’invasione della Polonia soprattutto verso l’Inghilterra; l’ultimo trasporto in assoluto di bambini che per lo più non avrebbero mai più rivisto i genitori si annovera tuttavia ancora nel 14 maggio 1940 dall’Olanda, il giorno in cui essa si arrese all’invasione nazista. Si considera che dei bambini che furono così salvati -circa 10.000 solo in Inghilterra- ce ne possano essere ancora un migliaio circa in vita in tutto. Dal 1952 la Germania ha pagato oltre 70 miliardi di euro ad individui in riconoscimento delle perdite subite a causa del nazismo. Nel 2019 la Conference on Jewish material claims against Germany conta di distribuire circa 300 milioni di euro a 60.000 sopravvissuti in 83 Paesi ed altri 480 circa a titolo di pensione od assistenza sanitaria a superstiti della Shoà.

Al contempo l’Autorità centrale per le investigazioni dei crimini nazionalsocialisti prosegue nel suo lavoro, ma è una lotta contro il tempo. La Hessische Rundfunk ha riportato che anche la richiesta di rinvio a giudizio per concorso in almeno 17.000 casi di omicidio avanzata nell’ottobre del 2017 nei confronti di un 97enne che sarebbe stato in servizio nel lager da agosto 1943 al gennaio 1944 (e dunque possibilmente anche coinvolto nella liquidazione del ghetto di Lublino passato alla storia come Operazione Erntenfest del novembre 1943 che costò la vita a circa 42.000 persone) il 19 dicembre 2018 è stata dichiarata improcedibile dal Tribunale di Francoforte in esito ad una perizia sulle inadeguate condizioni di salute dell’imputato. Una decisione teoricamente ancora appellabile ha indicato l’emittente, ma che è da ritenere inconvertibile. Dei 28 casi di ex guardiani del lager di Majdanek solo uno sarebbe ancora pendente a Dortmund. Stando a quanto aveva riassunto Oliver Teutsch sul Franfurther Rundschau nell’ottobre 2017, tutti gli altri sono stati stralciati: in 18 casi per la morte dell’indagato, in 5 per la sua incapacità a sottostare a giudizio, in un caso per il divieto di doppio giudizio, in un altro in cui l’imputato era austriaco per prescrizione ed in un terzo per insufficienza di prove.

Appare per certi versi paradossale il rinvio a giudizio per danneggiamenti dell’artista provocatore Wolfram Kastner per avere imbrattato due anni fa la croce funeraria in onore dell’ufficiale nazista Alfred Jodl -correo della morte per fame di 800.000 persone a Leningrado e dell’ordine commissariale che decretò la morte di migliaia di prigionieri sovietici- posta nel cimitero bavarese della Fraueninsel. Jodl in effetti non è seppellito sotto il monumento funebre, le sue ceneri dopo che fu giustiziato furono sparse nell’Isar, ma i familiari si erano opposti a rimuovere la stele, né d’altronde l’esistenza di un monumento in onore di un criminale di guerra era mai stata censurata da nessuna amministrazione ha riportato il Bayerischer Rundfunk. Kastner ad onore del vero aveva inizialmente provato solo ad affiancarvi un cartello esplicativo, ha ancora specificato l’emittente, ma poi, in un’escalation, aveva però anche tolto la J iniziale del nome e quindi lo aveva coperto di vernice. Pur dovendo apparire innanzi ai magistrati alla fine ha ottenuto che l’amministrazione si sia accordata con il proprietario perché il nome ed il grado di Generale Maggiore “Generaloberst”, dopo 70 anni, siano coperti.

Immagine di copertina: Pixabay, https://pixabay.com/it/washington-dc-museo-dell-olocausto-2090543/.

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