Parlamento

9 novembre 1926, si celebra la fine della democrazia italiana

14 Novembre 2021

Grazie alle memorie di Alberto Giovannini, deputato liberale ed economista che partecipò alla seduta, possiamo ricostruire, momento per momento la cronaca di quella giornata in cui, dopo la crisi determinata dal delitto Matteotti, nacque ufficialmente la dittatura fascista. Di quella cronaca drammatica ne ricordiamo i momenti salienti.

Martedì pomeriggio del 9 novembre 1926, la Camera dei deputati è convocata in seduta straordinaria, la tensione, sia dentro l’edificio che nella piazza, è altissima.

Montecitorio è presidiata da gruppi fascisti pronti all’azione. Ne fa le spese Costantino Lazzari, il vecchio patriarca del socialismo italiano, che appena sceso dall’auto che l’aveva portato alla Camera, viene aggredito da un gruppo di facinorosi e pestato selvaggiamente sotto gli occhi della polizia che, piuttosto che difenderlo, lo trascina in malo modo su un furgone; stessa sorte tocca al deputato unitario Alessandro Bocconi e ad alcuni aventiniani venuti ad assistere a quella che si può definire una sceneggiata.

Alle 15,30 dopo che avevano già preso posto i deputati fascisti, rutti in camicia nera, arrivano gli “oppositori”, fra essi i liberali Salandra, Pasqualino Vassallo, Gasparotto, Beneduce, Lanza di Trabia, Bianchi, Paratore, Porzio, Bavaro, Viola Soleri, Giovannini, Savelli e Poggi. Assenti i deputati comunisti, perché arrestati o costretti alla fuga.

Alle 16,10 fa il suo ingresso in Aula Benito Mussolini, seguito da alcuni membri del governo fra i quali Federzoni, Volpi e Suardo. All’ingresso del duce, i fedelissimi scattano in piedi e applaudono a scena aperta mentre Achille Starace non si fa scrupolo di minacciare i presenti e di chiedere l’espulsione dall’Aula dell’onorevole Calò che si era introdotto nella tribuna dove avevano preso posto i membri del Direttorio nazionale per assistere alla seduta. Il pavido ma – definibile più correttamente opportunista, presidente Antonio Casertano, esponente del partito radicale, si unisce all’applauso al quale il duce, con grande supponenza, risponde col saluto romano.

Il presidente, a questo punto, da lettura della mozione, primo firmatario il segretario del PNF Augusto Turati, con la quale vengono dichiarati decaduti i parlamentari che avevano partecipato alla secessione dell’Aventino. La mozione, che avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per il suo contenuto, viene invece posta in votazione e approvata a scrutinio segreto con 340 voti favorevoli e 10 contrari.

Nella stessa tornata viene approvata, sempre a scrutinio segreto con 334 voti a favore e solo 8 contrari, la discussione della proposta di legge Rocco sulla difesa dello Stato e sulla pena di morte “da affidarsi preliminarmente all’esame di una Commissione di nove membri che riferisca nella stessa seduta”.

A questo punto il deputato fascista Renato Ricci, presenta un emendamento aggiuntivo alla mozione Turati, con la quale vengono tolti i diritti spettanti ai deputati cessati da mandato parlamentare o non rieletti.

L’emendamento, per regolamento, andava votato a scrutinio palese, rispetto alla mozione Turati riceve l’unanimità dei consensi. Quindi, anche coloro che avevano votato, coperti dalla segretezza del voto, contro la proposta di decadenza dei parlamentari aventiniani e comunisti, non ebbero il coraggio di manifestare apertamente la loro contrarietà al sopruso che si sta perpetrando.

Intanto la Commissione incaricata di esaminare la proposta Rocco esaurisce nel giro di un’ora i suoi lavori. Nella relazione d’accompagnamento, fra l’altro, si legge”questa relazione non può essere se non l’espressione del vivo e incondizionato plauso col quale il Paese intero ha sollecitato e accolto la nuova norma”….ed ancora, sul duce, con suprema piaggeria, ”un uomo che, per volontà, per mente, per statura politica, sorpassa e trascende i confini di una stirpe e non trova precedenti, né nella nostra recente storia nazionale, né in quella degli altri Stati”.

Alle ore 18,45, gli otto articoli della legge vengono approvati senza discussione.

Viene dunque approvato un ordine del giorno del seguente tenore “La Camera approva il disegno di legge e passa all’ordine del giorno”.

Dopo le proteste contro gli abusi e le scorrettezze istituzionali del liberale Gasparotto, alle ore 19,45 il presidente Casertano dichiara chiusa la seduta.

Il de profundis della democrazia liberale è stato cantato e non può meravigliare il brutale pestaggio, nei corridoi di Montecitorio, del deputato del partito dei contadini Alessandro Scotti di cui si resero responsabili i fascisti Achille Starace e Paolo Ceci.

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