Storia

20 settembre 1870. Quando la sfida era diventare moderni e non anticlericali

20 Settembre 2015

Il 20 settembre, anche se da tempo non è più una data pubblica, ricorda l’ingresso delle truppe italiane a Roma e la fine del potere temporale della Chiesa. Questo dicono i manuali d storia e questo è in breve “il sugo dell’evento” . A mio avviso questoal più  è il dato simbolico, ma non quello sostanziale.

Intorno a quell’evento, la fine dello Stato della Chiesa e l’ingresso delle truppe del Regno d’Italia a Roma, già allora si consuma una divisione strutturale dell’opinione pubblica e del mondo politico. Divisione trasversale che attraversa sia il campo dei conservatori, dei liberali e dei democratici.
Si potrebbe invocare, a ragione, che quell’elemento di laicità, talvolta e non raramente attraversata da anticlericalismo, appartiene a una stagione passata e dunque quel conflitto è stato risolto per sempre prima con il concordato del 1929 e poi con l’assunzione dei termini di quell’accordo nel dettato costituzionale della Repubblica Italiana.
A me sembra che quell’evento, non come rottura, ma come cultura politica che lo fonda stia in altro e che questo “altro” non sia assolutamente risolto, anzi sia parte strutturale della cultura diffusa del nostro paese.
Il problema di Roma capitale significava già allora, a prescindere dall’elemento simbolico cui alludeva (l’ abbattimento del potere temporale della Chiesa), la necessità di  assumere con un progetto d’intervento che nasceva dall’alto, l’ipotesi di una trasformazione “forzata” verso la modernizzazione del Paese.
Processo che non necessariamente implicava essere contro la Chiesa o manifestare una cultura e un sentimento antireligiosi, ma che implicava non solo il ruolo centrale dello Stato, ma anche la necessità che non ci fossero poteri che interferissero o ostacolassero il processo di crescita accelerata di una società e di un’economia che erano in ritardo.

La posta in gioco era  accorciare, se non annullare, il gap economico e sociale che ancora non faceva essere il paese una moderna società industriale. Per provare a vincere quella sfida, come in tutte le realtà in ritardo, occorreva una plancia di comando. Il potere temporale della Chiesa era un ostacolo.
L’elemento simbolico era la laicizzazione (mai percorsa per davvero nella società italiana); l’elemento strutturale era la modernizzazione.
Tra simbolo e struttura nella memoria ha vinto il primo. “Vittoria di Pirro” perché la data del 20 settembre non ha avuto lunga vita nella storia italiana.
Istituita di malavoglia da un potere che preferiva andare al compromesso sui simboli e non misurarsi nella sostanza, fatta propria solo dai radicali di Felice Cavallotti, già nel 1895 la giornata del 20 settembre era depennata dal calendario nazionale. In breve non aveva resistito per l’arco di una generazione.

La sua memoria era destinata a rimanere controstoria di una minoranza del Paese, mentre rimaneva inalterata la questione della modernizzazione economica e politica e delle dinamiche per creare per davvero una cultura diffusa dela modernizzazione.
150 anni dopo, siamo ancora lì.

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