Storia
10 giugno 1940, un bluff tragico
Alle ore 18,00 del 10 giugno del 1940, esattamente 80 anni fa, dal balcone di palazzo Venezia, al cospetto di una folla osannante – quella stessa folla che qualche anno dopo, a piazzale Loreto, ne avrebbe oltraggiato il cadavere – Benito Mussolini annunciava di avere consegnato la dichiarazione di guerra agli ambasciatori di Francia e di Inghilterra.
Iniziava per gli italiani, la più grande tragedia del novecento, una tragedia che avrebbe comportato lutti, dolori e rovine immani che, per anni, avrebbero segnato il nostro territorio.
Quella dichiarazione di guerra era stata un azzardo giocato nel clima esaltato delle vittorie che l’alleato tedesco aveva colto già dai primi mesi del conflitto mondiale.
Il duce, furbescamente, pensava infatti di potersi sedere al tavolo dei vincitori sacrificando, massimo del cinismo politico, qualche “migliaio di morti”.
Le cose invece, già nei giorni che seguirono l’annuncio, andarono diversamente, di morti ce ne sarebbero stati centinaia di migliaia, di feriti e invalidi molti di più, per non parlare della perdita di prestigio internazionale, delle lesioni morali e materiali che, per gli italiani, quella maledetta guerra ha comportato.
E dire che motivi per entrare in guerra non ce n’erano e se la saggezza avesse prevalso sulla vanità, l’Italia avrebbe potuto lucrare le allettanti profferte che la stessa Francia e Inghilterra avevano messo a disposizione del nostro Paese.
Ma al di là della giustezza della guerra – e, come scrive Michael Walzer, le guerre non sono mai giuste – l’Italia era obiettivamente militarmente impreparata al conflitto; eccezion fatta della regia marina, che però mancava di alcune novità tecnologiche essenziali, tanto l’esercito che l’aeronautica apparivano inadeguate, per armamento e addestramento, allo sforzo intrapreso e di queste criticità il duce ne era a conoscenza avendo ricevuto ampie relazioni da parte dei comandi che, purtroppo, erano rimaste sul tavolo del dittatore.
Affrontare una guerra non è, infatti, un gioco da ragazzi, non si può bluffare, come invece, irresponsabilmente, fece l’istrionico dittatore sul quale, certamente, ricade gran parte della responsabilità del disastro.
Scrivo “gran parte” perché parte non piccola di quella stessa responsabilità la si deve fare carico al sovrano. Vittorio Emanuele III, cui si era già intestata la responsabilità della prima guerra mondiale – che, per la cronaca, fece oltre seicentomila vittime – non solo non si oppose al velleitarismo mussoliniano ma, perfino, lo condivise e lo sostenne come aveva già condiviso, apponendo la sua firma in calce ai provvedimenti, le vergognose leggi razziali.
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