Salute mentale
Vivere l’adolescenza ai tempi del Covid-19
Essere adolescenti ai tempi del Covid-19 è qualcosa che non ha eguali nella Storia dell’umanità intera.
L’attuale emergenza in atto impatta, infatti, in maniera particolarmente importante sul target dei cittadini che stanno attraversando la fase di passaggio verso l’età adulta.
Una fase in cui la socialità è fondamentale non soltanto come momento di svago e di aggregazione impostata sull’ intrattenimento (ci vediamo al centro commerciale, al cinema, a fare l’aperitivo etc.), ma soprattutto come importante momento di costruzione della propria identità di individui che presto saranno adulti.
Una fase in cui sia l’alterità che l’esempio su cui basare la costruzione di questa nuova identità sono racchiuse proprio nello spazio della famiglia.
E’ qui che per gli adolescenti si situa una vera e propria arena di confronto e scontro, da sempre entrambi salutari per la formazione della soggettività individuale dei ragazzi.
Ed è, allo stesso momento, proprio negli ambienti esterni alla famiglia che si articolano le comparazioni delle esperienze con i propri coetanei. Quei racconti della propria quotidianità, dei sentimenti, delle pratiche che compongono il momento in cui si sceglie, insieme ai propri amici, cosa si vuole diventare ed essere.
Ordinare all’ adolescente di non uscire dalla propria abitazione, sebbene per un motivo necessario, urgente, valido, fondamentale, significa dunque ai suoi occhi costringerlo alla condivisione di spazi che sono densi di conflittualità. Lo sono non per ragioni di rapporti famigliari più o meno solidi, ma lo sono proprio di default, indipendentemente dal modello famigliare vissuto (famiglia più o meno coesa nel proprio equilibrio). Lo sono per natura e per cultura.
Nel mentre che li obblighiamo a restare in casa, rispettando un Decreto che è fondamentale rispettare, dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che stiamo sostanzialmente chiedendo agli adolescenti di fare una cosa che nessun adolescente in nessuna epoca in Italia ha mai vissuto prima: sospendere l’utilizzo dei momenti fondamentali che servono per costruire la loro identità e soggettività individuale.
A nessun gruppo di adolescenti in Italia era mai accaduto, perché, anche nei momenti terribili della guerra, la crescita e il confronto sono stati sempre possibili e spesso incrementati (sia dentro alla famiglia, sia nell’aggregazione con altri adolescenti con i quali la condivisione dell’esperienza di guerra ed il racconto del proprio vissuto è sempre stato praticato).
C’è poi un altro tema, molto allarmante, che è quello del rapporto dell’adolescente con la morte.
Uno dei motivi per cui i giovani scalpitano è il desiderio di porsi nell’ atteggiamento di sfida verso il pericolo. E’ un sentimento insito nell’ adolescenza stessa, che si registra in ogni epoca. L’emergenza del coronavirus li tenta a forzare il blocco imposto dall’emergenza attuale anche come gesto di sfida, sia nei confronti di regole imposte dagli adulti (che possono comprendere ma non possono introiettare perché ancora adulti non sono), sia come naturale pulsione di competizione con il senso del rischio.
Come affrontare questo tempo?
Innanzitutto parlandone. Rivolgendosi direttamente ai ragazzi e rendendoli protagonisti di questa battaglia. Perché la loro volontà di scalpitare, non è per forza di cose catalogabile come ribellione all’educazione imposta dalla famiglia e dalla politica che governa, ma è invece proprio un momento a cui l’adolescente per natura non si può sottrarre. Perché di diventare adulti attraverso la fase della ribellione famigliare e della coesione con la propria generazione non glielo sta ordinando nessuno, se non la natura stessa che non possono domare in alcun modo.
Vanno resi protagonisti di una battaglia comune verso la sconfitta del Covid-19, ma vanno anche lasciati liberi di agire questa battaglia dentro a spazi che siano soltanto i loro.
E’ fondamentale spiegare agli adolescenti, quindi, che li si comprende. Che si comprende la loro necessità di costruire, dentro casa, in questo momento, spazi che siano dedicati alla loro privacy. Ne hanno ogni diritto, del resto.
La soluzione è proprio quella di lasciarli abitare zone di casa in cui possano sentirsi protagonisti, incentivandoli all’ utilizzo della tecnologia in tutte le sue forme e comprendendone l’utilità.
Comprendendo che lo spazio ed il tempo per la famiglia non possono in alcun modo sostituire né aumentare a discapito dello spazio e del tempo dedicato alle amicizie.
E’ il vantaggio più grande di questa epoca, del resto. Se tutto ciò fosse accaduto in un tempo in cui la tecnologia odierna non era neppure pensabile, sarebbe stato un ulteriore disastro. Soprattutto nel dopo emergenza, quando avremmo avuto individui a cui era stata tolta una fase fondamentale della propria crescita evolutiva ed identitaria.
Laddove li si è ammoniti per il troppo utilizzo dei social, ora, sempre con il dovuto e doveroso controllo, vanno invece incoraggiati a mantenere le loro relazioni come momento salutare di aggregazione con il gruppo che frequentano abitualmente.
Anche per questo la dotazione alle scuole di strumenti per l’e.learning resta un provvedimento fondamentale, non soltanto per la prosecuzione della loro formazione, ma anche per la costruzione sociale della loro futura identità, in quanto individui equilibrati nella comunità.
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