Sanità

Salviamo il nonnino dal ricovero inutile

30 Agosto 2015

Qualche giorno fa sono stata qualche ora in Pronto soccorso. La non eccessiva gravità della ragione per cui avevo accompagnato mio padre ha portato la mia attenzione a concentrarsi sul microcosmo in cui eravamo finiti.

Al Pronto soccorso puoi incrociare prima di tutto tantissimi anziani. Teste bianche per lo più, persone ottantenni se non novantenni. Immobili, nei letti, silenziosi per lo più. Sottoposti alla valutazione clinica di medici che parlano in “medichese” e ripetono per lo più sempre la stessa frase come premessa “con un quadro clinico così compromesso …”.

Nella stanza in cui ci siamo trovati ad aspettare noi i due figli dell’anziana nonnina non vedevano l’ora di portarsela a casa: “Qui è catatonica, non starà meglio in mezzo alle sue cose?”.

E in effetti la scossa di energia alla simpatica signora è venuta proprio dell’assaporare un fresco gelato. Ma ha dovuto, la poveretta, sorbirsi cinque ore di astanteria per una semplice flebo di potassio.

Quel che ne traggo da questa storia è un fatto molto semplice: inutile combattere la presunta inappropriatezza delle prescrizioni mediche se prima non si radica una cultura dell’appropriatezza della cura. La medicina del territorio tanto sbandierata per sanare le casse e diminuire i ricoveri inutili si costruisce proprio con loro, con i vecchietti.

I nonnini che possono e devono essere curati, per i loro piccoli bisogni in casa. Dove la famiglia deve essere messa in condizione di non essere presa dal panico e far finire il povero sventurato di turno al pronto soccorso.

Cosa ci vuole ad attrezzare un servizio per le flebo, i piccoli esami, le valutazioni della condizione generale di salute a casa?

 

 

 

Credits photo: Flickr

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