Scienze

Occidente senza utopie, di Massimo Cacciari e Paolo Prodi

6 Aprile 2017

Da circa un secolo, il tema del declino dell’Occidente richiama importanti riflessioni di intellettuali di diversa formazione culturale, oggi ai molti volumi sull’argomento, che riempiono gli scaffali delle nostre biblioteche, si aggiunge anche questo “Occidente senza utopie” dello storico Paolo Prodi e del filosofo Massimo Cacciari. I due saggi che compongono il libro affrontano la questione da punti di vista apparentemente molto distanti fra loro sono invece complementari. Prodi punta la sua attenzione sulla profezia e sul ruolo del profeta, come denuncia che proviene dall’esterno dei palazzi; Cacciari, invece, riflette sul significato del termine utopia e su come lo stesso è stato interpretato nella storia culturale dell’Occidente. Partendo dalla rivelazione testamentaria, e per questo cita un brano dell’Antico Testamento, Prodi indica nella categoria della profezia la rottura, mai prima avvenuta, fra sacro e profano.

La profezia sarebbe infatti il paradigma per comprendere il cammino di civiltà dell’Occidente, la cui storia e i cui caratteri sono stati costantemente determinati dalla tensione fra la dimensione politica e quella religiosa. La desacralizzazione del potere, il noto “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, è questa la battaglia paradigmatica che si combatte nel contesto della cultura cristiana e che trova conferma in alcuni passaggi importanti della storia. Fra essi Prodi si sofferma sull’opera di Gregorio VII che, con il suo atteggiamento inflessibile nei confronti dell’imperatore, finisce per togliere ogni residua pretesa sacrale del potere imperiale. Un processo di desacralizzazione e laicizzazione della società che avviene all’interno della tradizione giudaico-cristiana la cui storia non è stata sempre lineare e che ha trovato molte battute d’arresto come nel caso della riforma e dell’affermazione, con la pace di Augusta, del principio del “cuius regio eius religio”, base dello Stato confessionale. Ma anche con la stessa rivoluzione francese, una rivoluzione che per Prodi piuttosto del riferimento illuminista, che l’ha sempre nobilitata, va ricondotta alla visione rousseauniana, a quel filosofo ginevrino che riconsacra il potere attraverso l’idea di una religione civile vocata a liberare l’uomo dai condizionamenti, “a salvarlo tramite lo Stato e la volontà generale”.

Esemplare a tale proposito il richiamo di Prodi a quanto affermava Tocqueville sulla rivoluzione francese “che fu rivoluzione politica e procedette nel modo delle rivoluzioni religiose”. Lo stesso discorso, il procedere nel modo delle rivoluzioni religiose, lo si ritrova nelle tre ideologie totalitarie, comunismo, fascismo e nazismo che operano quella che Prodi definisce una “confessionalizzazione laica”. Oggi, infine, con l’emergere di una realtà globale e con i problemi che sono venuti fuori con il multiculturalismo e i nuovi fondamentalismi, il lungo cammino sulla strada della laicità sembra non solo subire una battuta d’arresto ma una vera e propria involuzione e il cristianesimo, che è stato il protagonista di questo processo, rischia di trasformarsi in ideologia. Il presente, dominato dalla finanza globale, vede dunque, ed è la conclusione pessimistica di Prodi, la perdita dello spirito profetico che è poi la stessa anima dell’occidente.

L’Utopia, non come sogno fuori dalla realtà ma come prefigurazione o progetto del futuro, è al centro della riflessione di Massimo Cacciari. Il filosofo veneziano ricostruisce, infatti, il percorso che il concetto di utopia ha fatto e, proprio in rapporto all’interpretazione che propone si vede obbligato a tenere conto sia della scienza che della tecnica che dominano il nostro tempo. La domanda che pone allora Cacciari è se questo Occidente, disperatamente alla ricerca di senso, sia ancora capace di immaginare utopie, o se le stesse utopie,  spesso rivestite di ideologismi, non siano nel tempo contemporaneo una “paradossale gabbia ou-topica, operante ovunque e in nessun luogo, di cui i grandi ‘profeti’ del ‘capitalismo vittorioso’ hanno visto il nascere?”. Una domanda consegnata alla riflessione del lettore che è anche invito a meditare e ragionare sul tempo presente.

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