Economia

Nobel per l’Economia: la fatica di trovare relazioni causa-effetto

11 Ottobre 2021

L’Accademia di Svezia ha appena assegnato il premio Nobel (alla memoria, perché quello alle scienze sociali funziona così ed è stato introdotto nel 1969) di Economia a David Card, Joshua Angrist e Guido Imbens.

Come da tradizione, spendo due parole di commento, partendo da un fatto che può parere scontato ma che è meglio ribadire subito: è un Nobel che premia ricercatori di fama indiscussa e i cui contributi sono di grande valore.

Visto che altri più bravi del sottoscritto commenteranno l’assegnazione entrando nel dettaglio del contributo scientifico di ciascuno dei tre assegnatari, vorrei qui soffermarmi su una delle motivazioni che considero più rilevanti dietro a questo premio e che mi porta a fare una riflessione di natura più epistemologica:

for their methodological contributions to the analysis of causal relationships“.

In particolare, da ex studente di econometria e utilizzatore molto confuso ma rispettoso dei dati, il riferimento è all’enorme importanza del lavoro di Angrist che trovo particolarmente prezioso in tempi di informazione pandemica.

Se c’è una cosa che lo scienziato israeliano-americano dell’MIT mostra è quanto sia faticoso, per chi usa i numeri (e a maggior ragione per chi non li usa) isolare una relazione causale che lega una variabile dipendente ai fattori che la spiegano.

Abbiamo visto e vediamo tutti i giorni quanto sia semplice cadere nell’illusione del post hoc, ergo propter hoc.

Che si tratti delle miocarditi che seguono l’inoculazione di un vaccino o la probabilità di trovare lavoro da disoccupato dopo l’introduzione di un sussidio come il reddito di cittadinanza, Angrist ha passato una vita a pubblicare lavori che vorrei riassumere con precisione cambrigense:

CALMA E GESSO.

Se ci piace la parola complessità, che va tanto di moda, ci devono piacere anche le strade complesse per analizzare i dati: variabili strumentali, esperimenti controllati, vattelappesca.

Il punto è quello di rispettare chi abbiamo di fronte studiando e cercando un modo rigoroso di rispondere alla domanda: ma siamo poi sicuri che X causi Y?

Cosa possiamo dire degli effetti della Dad sui livelli di apprendimento dei nostri giovani studenti?

Solo con il rigore metodologico si può informare la politica pubblica in modo consapevole e responsabile.
Solo così si può comunicare alla cittadinanza in modo corretto e preciso.

Solo applicandosi con grande fatica e più di un’imprecazione lo studente o l’analista che tratta i dati può fare il suo lavoro con passione civile e, perché no, attento anche alla funzione pubblica dei suoi studi.

P.S. Per chi studia econometria e metodi quantitativi, Mostly Harmless Econometrics, proprio di Angrist, è il manuale migliore e più potabile che esista per imparare a usare la statistica.

P.P.S. E Mastering Metrics: the path from cause to effect è un altro lavoro eccellente, difficile ma condito dall’imperdibile riferimento a Kung Fu Panda

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