Scienze

Malattie neurodegenerative. Il punto a Fossanova

23 Ottobre 2017

A Fossanova, nei locali dell’Infermeria adiacente l’Abbazia che si trova in provincia di Latina, ricercatori, amministratori, medici e volontari, hanno fatto il punto sulle malattie neurodegenerative.
Un dibattito molto sentito dal momento che malattie come la Sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la Sclerosi Multipla, il morbo di Parkinson e di Alzheimer, stanno aumentando e sono sempre più diffuse nella popolazione, pur registrando negli ultimi tempi, un miglioramento delle possibilità di trattamento come afferma Luigi Ardia, direttore sanitario del Distretto 3 della ASL di Latina, che insieme all’Associazione “Volontariato Lepino S.M.Ester ONLUS”, si sono fatti promotori dell’organizzazione di questo incontro.

In Italia si manifestano in media cinque nuovi casi di SLA al giorno e si contano circa 6.000 persone affette.
Quali la cause? Le cause della SLA sono ancora sconosciute, afferma la dr,ssa M. Cristina Gori, del Pol. UmbertoI°. L’unica cosa che si sa è che a scatenarla non è un solo fattore, ma più fattori concatenanti, che vanno dai problemi tossico-ambientali, alla presenza di alluminio, mercurio o piombo, o anche ai veleni e pesticidi agricoli che possono danneggiare le cellule nervose e i motoneuroni e all’eccesso di glutammato. Senza trascurare comunque una predisposizione genetica.
La SLA è una malattia molto difficile da diagnosticare. Oggi non esiste alcun test o procedura per confermare “senza alcun dubbio” la diagnosi di SLA. Diagnosi che “si basa su un attento esame clinico, ripetuto nel tempo da parte di un neurologo esperto, da una buona valutazione elettrofisiologica che documenti la presenza di segni di sofferenza motoneuronale e da una serie di esami diagnostici volti ad escludere altre patologie”, sottolinea sempre la Gori.
E al momento, purtroppo, non esiste una terapia capace di guarire la SLA. L’unica cosa che si può fare è cercare di non lasciare solo il malato e i familiari. L’istituzione di un registro di patologia della SLA nella regione Lazio è nato recentemente, anche per affiancare l’attività conoscitiva del fenomeno agli aspetti socio-assistenziali.
Il registro non intercetta i pazienti solo nel momento della diagnosi, ma intende seguirli nella storia naturale della malattia chiamando in causa diverse figure e strutture clinico-assistenziali. Si cerca infatti di identificare una rete di centri clinici coinvolti nella diagnosi e trattamento dei pazienti affetti da SLA di tutta la Regione; di costruire una scheda informativa per ogni singolo paziente, nonché una piattaforma informatica per la compilazione della scheda dei pazienti e mettere in rete gli operatori socio-sanitari coinvolti nella gestione dei malati di SLA. Un’anagrafe importante,  per sostenere al meglio i percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali in maniera integrata.
A Laura De Giglio medico dell’Ospedale S.Andrea di Roma il compito di parlare della sclerosi multipla, malattia molto frequente nei giovani e che fino a qualche anno fa rappresentava un’importante causa di disabilità nel giovane-adulto. La ricerca ha consentito numerosi passi avanti sulla conoscenza dell’eziopatologia della malattia, con l’identificazione di numerosi fattori di rischio, che modificati, possono ridurre sia il pericolo di sviluppare la malattia, sia il suo peggioramento.

Si è capito che il convegno non era e non voleva essere una lezione di medicina mordi e fuggi. L’intenso programma prevedeva infatti lo sviluppo di temi altrettanto importanti per un malato, come i servizi territoriali e l’assistenza domiciliare. Un dibattito affidato a esperti, associazioni di volontariato, ma anche e soprattutto a loro, i malati. Ci sono stati vari momenti in cui proprio chi soffre di queste patologie ha fatto sentire la propria testimonianza e voce, toccando in più casi le corde della commozione e dando a tutti il vero senso di questa giornata. Lo fa fatto soprattutto A. P., malata di SLA, che viene assistita in casa in “regime di elevatissimo carico assistenziale”. Un breve filmato ha dato la possibilità a questa signora di essere presente anche lei ai lavori e attraverso il sintetizzatore vocale in dotazione, ha portato la sua commovente testimonianza, chiedendo “che la soddisfazione dei propri bisogni assistenziali non sia subordinata a burocratici vincoli di budget”.
“Queste sono sfide sempre più impegnative per il mondo scientifico, a cui spetta il compito di allargare sempre più le conoscenze su queste malattie, in modo da individuare e sviluppare le possibilità terapeutiche – ha detto il direttore Ardia. – Non da meno però è fondamentale l’impegno dei servizi sanitari per la presa in carico dei pazienti in tutte le fasi evolutive, nel tentativo di trovare la maggiore efficacia assistenziale in un contesto di disponibilità di risorse limitate. Ma non deve essere trascurato l’impatto che la presenza di pazienti affetti da queste patologie comporta sul tessuto sociale in cui vivono, soprattutto per le famiglie a cui spetta comunque l’onere di assistere questi pazienti. Senza trascurare tutti gli altri attori del percorso assistenziale, tra i quali un ruolo centrale spetta ai medici di medicina generale e alle Associazioni di volontariato e del privato sociale”.
Mondi questi ultimi, che alla fine della giornata si sono confrontati con le istituzioni in una tavola rotonda finale, con interventi costruttivi e d’impegno per il futuro. Su tutto una voglia comune di fare sinergia per impegnarsi su questo delicatissimo tema, in attesa che la scienza vada avanti e dia risposte. Anche se, e va detto, negli ultimi anni le ricerche si sono moltiplicate e alcuni meccanismi cominciano ad essere decifrati, grazie soprattutto ai progressi della genetica e alla possibilità di studiare la malattia in modelli animali ed in colture cellulari. Alla luce di queste conoscenze la speranza di trovare presto un rimedio definitivo inizia a delinearsi come una possibilità concreta.

 

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