Acqua
L’appello delle ONG contro la piaga dello strascico illegale nel Mediterraneo
Un appello alla responsabilità per porre finalmente termine alla piaga della pesca a strascico illegale nel Mediterraneo, una pratica estremamente dannosa che non si fa abbastanza per debellare (con buona pace degli strumenti tecnologici e giuridici per farlo, che pure esistono). Questo il messaggio rivolto ieri da una rete di ONG ai ministri della pesca dei membri della GFCM (acronimo inglese della Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo), riuniti a Malta per la conferenza MedFish4Ever.
Le reti a strascico sono estremamente dannose per gli ecosistemi marini e la biodiversità. Anzitutto perché non sono selettive, cioè catturano tutto ciò che trovano lungo il loro percorso: stelle marine, coralli molli, spugne, e naturalmente specie protette o a rischio, come tartarughe marine, squali, razze e cetacei, per fare solo qualche esempio.
Meno della metà di quello che i pescatori trovano nella rete finisce nel piatto degli amanti del pesce fresco; gran parte del pescato viene ributtato in mare ormai morto, o condannato a morire in poco tempo. Inoltre, quando le reti a strascico vengono trascinate a contatto con il fondale causano danni a lungo termine agli habitat marini. Non è un caso che, ad esempio, i Paesi dell’UE vietino la pesca a strascico dove il fondale è meno profondo di 50 metri.
Eppure, e le ONG che hanno lanciato l’appello ieri lo hanno dimostrato, la pesca a strascico continua a essere praticata anche in aree dove è proibita. Ad esempio in aree marine protette che custodiscono praterie di posidonia, preziose perché assorbono grandi quantità di anidride carbonica e offrono habitat fenomenali per la riproduzione e la crescita di moltissime specie di pesci.
«Agire tempestivamente per fermare la pesca con le reti a strascico nelle aree del Mar Mediterraneo in cui questo tipo di pesca è già vietata ed è considerata illegale, dovrebbe essere una priorità per i membri della GFCM, che sono collegialmente responsabili della promozione della pesca sostenibile e della protezione della biodiversità marina nel Mediterraneo» si legge nell’appello lanciato ieri ai ministri della pesca dalla Med Sea Alliance, coalizione di ONG votate al miglioramento dello stato di salute e della produttività del Mediterraneo.
La GFCM ha 23 membri: diciannove Paesi affacciati sul Mar Mediterraneo, tre sul Mar Nero, e l’Unione Europea. A novembre, in Croazia, si terrà la sessione annuale della GFCM, e la Med Sea Alliance ha chiesto ai ministri della pesca riuniti ieri a Malta di approfittare proprio di quell’importante appuntamento per adottare finalmente delle «misure urgenti che rappresentino un notevole passo avanti nella prevenzione di un’attività che sta devastando le aree protette del Mediterraneo» ha dichiarato Aniol Esteban, presidente della Med Sea Alliance e direttore della Marilles Foundation. Che ha aggiunto: «Oggi, il 73% degli stock ittici studiati nel Mediterraneo superano i limiti di cattura biologicamente sostenibili, e la pressione della pesca è pari al doppio rispetto ai livelli sostenibili».
Sempre ieri, la Med Sea Alliance ha presentato il suo Atlante interattivo online, che grazie a dati satellitari e complessi algoritmi mappa le attività di pesca a strascico illegali, realizzate in aree del Mediterraneo in cui è proibita.
Fra il gennaio 2020 a il dicembre 2021, l’Atlante ha registrato presunte infrazioni relative alla pesca a strascico in 35 aree protette da parte di 305 pescherecci nell’arco di 9.518 giorni di pesca. Inoltre, tra il 2018 e il 2021, sulla base dei dati pubblicati dai media e delle informazioni diffuse dalle autorità di controllo nazionali, sono stati registrati 169 casi di violazioni accertate. Ad oggi, l’Atlante ha analizzato 726 aree protette, che includono le Zone di Restrizione della Pesca (FRA), le Aree Marine Protette (riserve o parchi), le zone di chiusura nazionali e i siti Natura 2000 creati dalla direttiva UE Habitats, dove la pesca con le reti a strascico è vietata in virtù del regolamento UE sulla pesca nel Mediterraneo.
Da una parte c’è bisogno di molte più aree protette per contribuire alla salvaguardia della biodiversità del mare (da anni ad esempio l’ONG italiana MedReAct chiede che si istituisca una riserva marina nel Canale di Otranto sullo stesso modello di quella creata – sempre grazie agli sforzi di varie ONG tra cui MedReAct – nella Fossa di Pomo, nell’Adriatico settentrionale). E non bisogna dimenticare che è proprio dal buono stato di salute del mare e dalla salvaguardia della sua biodiversità che dipende (tra le altre cose) la sostenibilità economica della pesca stessa, soprattutto di quella artigianale, spesso danneggiata dagli eccessi della flotta dello strascico.
Dall’altra, la maggior parte delle aree protette già esistenti, sono tali solo sulla carta. In un rapporto pubblicato dal WWF nel 2019, ad esempio, l’Italia figurava tra gli otto Stati membri dell’UE affacciati sul mare che avevano dotato meno del 10% delle loro aree marine protette di un piano di gestione (e quindi anche di salvaguardia) concreto.
Per Esteban, «sebbene la GFCM abbia promulgato varie misure per combattere la pesca illegale, queste non vengono mai applicate o rispettate in maniera adeguata. Il mancato rispetto e la violazione delle misure esistenti stanno mettendo a repentaglio l’industria della pesca, gli ecosistemi e la sopravvivenza stessa del Mediterraneo. Per contro, la tecnologia per controllare il rispetto delle misure in vigore è accessibile, facile da adottare ed è stata impiegata con successo in altre regioni. Ciò di cui abbiamo bisogno adesso è una volontà politica collettiva che avrà un ruolo cruciale per assicurare il raggiungimento dei risultati sperati».
Mari e oceani ricoprono la maggior parte della superficie della Terra, ben il 70%. Generano la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, hanno un ruolo fondamentale nella regolazione del clima, ci nutrono e sono anche alla base di settori importanti per l’economia mondiale (e italiana), ad esempio il turismo. Ci vuole più attenzione da parte di tutti sulla salvaguardia dei mari e degli oceani, e della loro biodiversità. Si sa come funziona: se l’opinione pubblica mostrerà più interesse per i mari, gli oceani, e gli esseri viventi che li abitano, cresceranno anche le probabilità che i decisori politici facciano qualcosa di concreto, almeno per far rispettare le regole che già esistono.
Immagine in copertina: foto di Tom Vierus/Fishact, per gentile concessione della Med Sea Alliance
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