Fisco
La sugar tax funziona?
Il Governo Conte prevede un introito di 233 milioni di euro nel 2020 dalla «sugar tax» sulle bevande zuccherate. L’obiettivo è duplice: disincentivare l’assunzione di bevande zuccherate attraverso la leva fiscale, e risparmiare grazie alle minori spese sanitarie derivanti dalle patologie connesse all’obesità infantile e alle malattie diabetiche.
Diversi stati hanno introdotto questa tassazione, e un recente lavoro di John Cawley (Cornell University), David Frisvold (Mathematica Policy Research e David Jones (University of Iowa) intitolato “The Impact of Sugar-Sweetened Beverage Taxes on Purchases: Evidence from Four City-Level Taxes in the U.S.” (NBER Working Paper No. 26393) analizza l’effetto all’interno degli Stati Uniti.
A partire dal 2015, molte città statunitensi hanno introdotto una tassazione sulle bevande zuccherate, e gli autori considerano le quattro più grandi (Philadelphia, San Francisco, Seattle e Oakland) confrontando le spese mensili delle famiglie di queste città con quelle delle famiglie simili che vivono in città dove questi consumi non sono tassati. Philadelphia ha imposto una tassa di 1,5 centesimi per oncia (1 oncia equivale a 3 centilitri o 30 grammi), Oakland e San Francisco di 1 centesimo per oncia e Seattle di 1,75 centesimi per oncia.
Il risultato è che un aumento della tassa di 1 centesimo per oncia riduce gli acquisti di 53 once al mese, cioè del 12,2%. Si tratta di un impatto molto piccolo che corrisponde ad una riduzione del consumo individuale giornaliero di 5 calorie al giorno, con un effetto di riduzione del peso di 227 grammi.
Posto che gli Stati Uniti sono un caso diverso dall’Italia, per reddito, abitudini alimentari ed altre caratteristiche, questo risultato suggerisce che per ottenere dei risultati sensibili sul cambiamento dei consumi e quindi sulla salute, la sugar tax debba essere piuttosto elevata, con possibili effetti negativi sull’industria delle bevande.
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