Partiti e politici
La Costituzione e gli (inconsapevoli) etologi
Settant’anni fa, esattamente il 22 Dicembre del 1947, veniva approvata la Costituzione italiana, in cui l’art.1 ha sempre avuto speciale rilievo. E’ nota la discussione su quella formulazione “Repubblica democratica fondata sul lavoro” che fu approvata, in seguito all’emendamento Fanfani, con pochi voti di scarto rispetto alla formulazione “fondata sui lavoratori” proposta dalle sinistre. L’ambiguità del concetto “lavoro” è sembrata a taluni una mezza concessione dello stato liberale e democratico alla dottrina marxista; altri ne fanno discendere un diritto di tutti i cittadini ad avere un lavoro. Non entro certo nel dibattito, non sono un costituzionalista. Da scienziato dei fenomeni che riguardano la Vita, vorrei però provare a formulare un’ipotesi diversa, quasi scherzosa, ma che –a mio parere- ha qualche elemento di verità.
E se i nostri Padri Costituenti, a partire proprio da Fanfani, avessero applicato l’etologia alla politica?
Mi spiego meglio. Su questo pianeta c’è ormai vita da alcuni miliardi di anni, ed essa si è evoluta secondo i rigidi canoni della selezione naturale. Ovvero: ciascun organismo trasmette alla propria prole in parte o tutta la propria informazione genetica, ma saltuariamente avvengono alcuni errori. Se l’errore favorisce il nuovo individuo nella competizione per le risorse, esso permane nel codice genetico; altrimenti scompare assieme all’individuo. Com’è facile capire, la selezione naturale genica ha innato carattere individuale, e la sua indubbia azione va conciliata con l’altrettanto indubbia presenza di fenomeni cooperativi tra gli organismi. Sbagliando, molti attribuiscono la fonte della cooperatività nella selezione non più di singoli individui, ma di interi gruppi sociali, tra i quali emergerebbe il più “coeso”. Ma il gene dell’altruismo sociale non può sopravvivere all’invasione di un mutante “egoista”, perché questo –nel breve termine necessario alla riproduzione- ha un forte vantaggio selettivo. Gli esempi di cooperazione in natura sono tutti più o meno riconducibili ad alcuni effetti specifici come la parentela (accudire i figli significa proteggere anche i propri geni), o una miscela di strategie evolutive che non contraddicono la selezione individuale. Invero, esistono alcuni fenomeni sociali negli animali superiori, ma il vero animale sociale e cooperativo è l’uomo. Noi uomini creiamo società strutturate, noi diamo rilevanza alla cooperazione e all’altruismo. Ne abbiamo ricevuto un vantaggio tale che abbiamo colonizzato (e spesso devastato) a piacimento il pianeta. E’ lecito domandarsi il perché.
Non c’è una risposta univoca, ma possono essere identificati alcuni fattori fisiologici e culturali. Il primo, e più evidente, è la nostra capacità di trasmettere informazioni attraverso un linguaggio complesso. Una società cooperativa ha bisogno di “regole” da “insegnare” alle generazioni e agli altri membri del gruppo, per massimizzare il vantaggio comune e punire chi devia. Saper disegnare su un muro di una caverna come si caccia un bufalo, insegnare la formula del metano nell’aula di chimica, o leggere una sentenza in un tribunale sono tutti modi per implementare il vantaggio della cooperazione.
Ma il secondo fattore è proprio il lavoro, ossia la comprensione che perdere tempo e energia per fare qualcosa non immediatamente a proprio vantaggio (se faccio bulloni non posso mangiarli!), aumenta il benessere comune. I primi ominidi, secondo molti antropologi, crearono prima un rapporto cooperativo basato sul lavoro reciproco (io mi metto davanti al bufalo e tu lo infilzi), spesso tra individui imparentati. Con i secoli, dai primi clan si è giunti allo Stato moderno con il suo contratto sociale. Insomma, non si potrebbe dirlo meglio: tutti gli Stati democratici, inclusa l’Italia, sono fondati sul lavoro, e il marxismo non c’entra nulla. Magari viene voglia di trasferire questo concetto anche alla Costituzione dei futuri Stati Uniti d’Europa, se mai li faremo.
Chissà se i Padri Costituenti, così impegnati ad affermare la propria visione del mondo dopo la tragedia della Guerra e l’eroismo della Resistenza, non sarebbero stati felici di sapere che in fondo erano, inconsapevolmente, anche degli ottimi etologi.
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