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Fate ridere

22 Aprile 2019

Un tempo, quando si diceva a qualcuno “Fai ridere“, lo si diceva dando per scontata la sua accezione negativa: “Fai ridere”, e cioè “Sei ridicolo”, “Ciò che dici è al limite dell’assurdo” e via dicendo.

Come spesso accade, però, è esattamente ciò che riteniamo innocuo e ridicolo ad avere maggiori opportunità di passare inosservato ed insinuarsi col tempo dove ritiene più opportuno. Chi ci fa ridere ci fa sentire al sicuro: facendo ridere le persone si fa loro abbassare la guardia, le si fa sentire parte di un gioco elitario di comprensioni condivise, ospiti selezionati di un piccolo momento di divertente benessere intimo e allo stesso tempo collettivo. Per ridere di una battuta è necessario comprenderla, e per comprenderla è necessario che sussista un campo di nozioni comuni tra colui che vuol far ridere e colui che riderà della battuta. È un po’ come dire: “Dimmi chi ti fa ridere, e ti dirò chi sei”.

La Politica, intesa nel suo senso più teorico, oggi può essere largamente analizzata attraverso il meccanismo del riso: se infatti un tempo la satira rideva libera e feroce della politica restandone ai margini o agendo in maniera sottile senza inserirsi direttamente all’interno del suo campo d’azione, oggi assistiamo alla completa presa del potere politico da parte di chi lo deride, mettendo il luce il fatto che, in un mondo sempre più paradossale e sempre più ricco di alternative e di credo personali, l’unico elemento ancora in grado di accomunare con forza porzioni vaste con caratteristiche molto distinte, è la capacità di ridere su argomenti universali – e paradossali – che sentiamo di comprendere e trovarci in accordo con loro, e per questo in parte “nostri”. Se uniamo a questa carta vincente di partenza l’elemento della medialità, poi, si ha un sistema di approvazione vasta perfetto.

Il caso dell’Ucraina, poi, è al limite del surreale: a vincere le elezioni non è stato un comico che ha cavalcato l’onda del sentimento più semplice e archetipico da cavalcare in massa quando si tratta di decadenza, la rabbia, la quale per sua natura ha un andamento crescente ed esplosivo che poi termina in appiattimento totale (la rabbia richiede molta energia: nessuno riesce ad esserlo abbastanza a lungo da non sfinirsi o da ammalarsene. Vale per le persone come come per un elettorato).

A diventare presidente dell’Ucraina è stato un comico che ha interpretato, in un telefilm, la parte di un professore diventato presidente dell’Ucraina a seguito di un video diventato virale in cui denunciava la corruzione del proprio stato. Praticamente, una profezia che si autoavvera su piccolo schermo.

Così come la Graecia capta di Orazio finì per conquistare i romani imponendo i suoi usi e costumi senza neppure chiederlo per una fortunata ironia della sorte, l’elemento mediale, inseguito e manipolato dalla politica sin dalla sua diffusione di massa, ha finito per conquistare la politica che ha tentato di manipolarlo senza usare le sue armi, ma familiarizzando con l’utente finale, il pubblico (l’elettorato), conquistandolo con la messa in mostra di mondi possibili: una realtà verosimile, un racconto in cui perdersi e appassionarsi ricco di dettagli sensoriali, una risata continuativa su una realtà incoerente in cui sappiamo nostro malgrado di essere immersi e che il più delle volte desidereremmo diversa.

In Ucraina, con le elezioni presidenziali di Zelensky, la vita è diventata esattamente quel film che il popolo aveva visto, apprezzato e condiviso prima delle presidenziali. E se il lieto fine non dovesse arrivare, sebbene ci si speri sempre, forse assisteremo all’inizio di un movimento di incrinatura verso il concetto del “tutto è possibile” che porta a considerare attuabili scelte di cui noi stessi rideremmo per primi se venissero a raccontarcele da un altro tempo o da un altro pianeta.

Forse questa totale presa di potere del potenziale sullo schermo che si fa reale nella vita, “verbo che si fa carne”, sarà il passo necessario per tornare alla consapevolezza di un pensiero molto più semplice, terreno e banale: la politica è una cosa, la satira è un’altra. L’una non potrebbe esistere senza l’altra, ma non possono sovrapporsi e diventare un’unica cosa, pena la scomparsa di entrambe.

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