Scienze

fake news: leggende metropolitane pericolose

3 Dicembre 2017

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!

Inferno, XIX

Una delle più clamorose fake news della storia fu la donazione di Costantino che i Papi utilizzarono, per molti secoli, per attestarsi tanto il potere temporale quanto il dominio sulle altre chiese.
Perfino Dante ci cascò e nell’Inferno criticò aspramente l’imperatore.
Il Divin poeta non sapeva ancora che era falsa; se ne accorse circa centocinquat’anni dopo (1440) Lorenzo Valla che, con un approfondito lavoro filologico, smascherò la balla. Del resto sembrava plausibile che chi concesse la libertà di culto ai cristiani avesse potuto fare un regalino al pontefice.

Le fake news sono solo una forma più moderna, ma non rappresentano nulla di nuovo per quanto riguarda il modo di influenzare il potere con le notizie taroccate. Un tempo, però, le persone erano anche meno istruite e, in teoria, più facilmente abbindolabili.

Il meccanismo alla base delle bufale è molto semplice ed è lo stesso che crea e alimenta le leggende metropolitane.
Brunvand, l’autore di Leggende Metropolitane, Storie improbabili raccontate come vere, lo descrive alla perfezione nella prefazione alla sua raccolta.

Lo studioso americano scrive “l’obiettivo a livello cosciente di questo tipo di racconto è quello di rendere nota una storia vera e solo incidentalmente di intrattenere un pubblico. Ciò nonostante, l’atteggiamento del narratore è accuratamente orchestrato e il suo modo di parlare è semplice, suadente. Attraverso una scelta sapiente di gesti, movimenti degli occhi, inflessioni di voce, le storie vengono rese drammatiche, allusive, ricche di emozioni. Ma, come con le barzellette, alcuni sanno raccontare queste storie e altri no. I narratori passivi di leggende urbane le possono semplicemente riportare come strane dicerie, ma i più attivi narratori di leggende le sanno ricreare come storie drammatiche piene di suspense, o in certi casi, di humor”.
Sono passati più di trent’anni e le sue parole sono ancora di stretta attualità. Oggi sono cambiate le modalità di comunicazione, ed è più difficile, forse, distinguere, tra il vero e il verosimile ma l’alchimia, la formula, che consente a una leggenda di diffondersi o una fake news di diventare virale, è sempre la stessa.
Il tutto è, poi, iperalimentato dalla click econonomy.
Ci piace ascoltare/vedere/leggere quello che ci piace, il politically correct o uncorrect si aggancia ai nostri paesaggi retorici (archetipici) quelli creati da altri (la cultura), agendo sul nostro percepito della realtà e non sulla realtà vera e propria. I social media diventano il veicolo principe per la trasmissione, fruizione e creazione di tutti i contenuti, quelli veri e quelli falsi.

Internet sembrava fosse “il mondo delle idee”, per la libertà che concede di crearci il nostro palinsesto informativo. Questa libertà e indipendenza della rete sono, invece, diventate per qualcuno la narrazione dominante. O, ancora, troviamo chi utilizza le fake news per vittimizzarsi e “narrare” come sono i migliori.
Sono tutti apprendisti stregoni, pensavano di dominare lo strumento e si sono ritrovati a rincorrerlo.
Il cancro, solo per fare un esempio, non si cura con il bicarbonato e per conoscere la verità basta cercare su altri siti, quelli autorevoli. E’ la cultura il vero antidoto, quella che fornisce gli strumenti per “leggere” il web.

“Il media è il messaggio” diceva un caratterista (ovviamente sto scherzando) che appariva in Io e Annie di Woody Allen.
Sono passati un po’ di anni, il film è sempre intelligente e Mc Luhan ci ha lasciato.
Ma, quello che è diventato un motto, è rimasto di attualità con le fake news. Attualizzando, è fin troppo facile concludere dicendo che il Social media è il messaggio.

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