Scienze
Emanuela Sala: “Il digitale è un’opportunità, anche per la popolazione anziana”
Come possiamo affrontare la complessità che caratterizza le società di oggi? Emanuela Maria Sala, professoressa del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove insegna Metodologia della Ricerca in diversi corsi di laurea, crede che “il segreto” sia la contaminazione. Ogni disciplina deve mettersi al servizio delle altre.
Sala è stata uno dei moltissimi “cervelli in fuga”, lavorando per l’Università di Essex per otto anni. È un’esperta di metodologia dell’indagine campionaria (survey methodology), e negli ultimi anni ha maturato una solida esperienza scientifica nell’ambito della ricerca sulla condizione anziana, con un focus specifico sull’uso delle nuove tecnologie, benessere ed esclusione sociale; esperienza che ha raccontato di recente durante l’ultima tappa di Looking 4, di Fondazione Cariplo. Attualmente la professoressa fa parte del comitato editoriale della rivista scientifica International Journal of Social Research Methodology. L’abbiamo intervistata.
Il trentennale di Fondazione Cariplo è stata l’occasione per poter porre l’attenzione anche sull’importanza dei dati e della ricerca scientifica, della multidisciplinarietà. Lei ha partecipato alla tappa di Pavia. Le scienze sociali come possono affrontare le sfide che ci riserva il presente e il futuro? La sociologia che contributo può e deve dare?
Partiamo da un presupposto. La realtà, sia essa osservata dagli occhi di una sociologa, un biologo o un economista, è caratterizzata da un livello di complessità crescente. Per affrontare le sfide poste da una realtà complessa, soggetta, tra l’altro, a cambiamenti che possono essere improvvisi, è necessario adottare un approccio di ricerca che combini e integri le expertise di scienziati che appartengono a diverse discipline. Le scienze sociali, e la sociologia nello specifico, forniscono le categorie concettuali e gli strumenti metodologici indispensabili per affrontare con successo queste sfide, come, ad esempio, la sfida posta dall’invecchiamento della popolazione.
Proprio durante la pandemia ha lavorato ad una ricerca sulle risorse sociali e digitali delle persone anziane. Quali sono i dati più rilevanti che ha riscontrato?
Proprio durante il primo lockdown, con Giulia Melis e Daniele Zaccaria abbiamo video-intervistato quaranta persone anziane residenti nella prima “Zona Rossa” d’Italia (i 10 paesi del Lodigiano). Le stesse quaranta persone sono state intervistate a distanza di un anno e saranno poi nuovamente contattate nel prossimo biennio, con la finalità di monitorare l’impatto della pandemia sul benessere delle persone anziane e identificare le risorse (come le competenze digitali o le relazioni sociali) da loro impiegate per far fronte alle sfide poste dal Covid-19.
Nel nostro lavoro abbiamo documentato il ruolo svolto dai cosiddetti social media nel contrastare la sensazione di solitudine provata da molte persone anziane durante il periodo di confinamento: i social media sono stati impiegati con la finalità di “ammazzare il tempo”, per svolgere attività quotidiane e per ridefinire la quotidianità, stravolta dalla pandemia. Faccio solo un esempio; la pandemia ha indotto le persone a “inventare” un nuovo modo di celebrare i rituali sociali, come i compleanni (ma anche i riti religiosi). Una nostra intervistata ci ha raccontato di aver preparato una torta per festeggiare il compleanno della figlia e di aver quindi effettuato una videochiamata, mostrando con orgoglio alla figlia la sua torta, facendole gli auguri di buon compleanno. Le relazioni sociali, amici e parenti, hanno assolto una funzione fondamentale, non solo, appunto, alleviando la sensazione di solitudine, ma anche fornendo supporto tecnico all’utilizzo dei social media. Sono numerosi gli intervistati che ci hanno raccontato di aver imparato ad utilizzare applicazioni che permettono di effettuare videochiamate, seguendo le indicazioni fornite a distanza dai loro cari.
Quindi la tecnologia, supportata dalla rete e dai social media, durante la pandemia ha avuto un ruolo importante per gli anziani?
Certamente, le nuove tecnologie e i social media in particolare hanno ricoperto (o avrebbero potuto ricoprire) un ruolo importante per la popolazione anziana. A questo proposito, è opportuno ricordare, da un lato, che in Italia, rispetto al resto d’Europa, l’utilizzo dei social media è ancora molto contenuto e, dall’altro, che esistono profonde differenze socio-economiche nell’uso dei social media all’interno della popolazione anziana stessa. In un nostro studio abbiamo documentato che sono soprattutto le persone anziane con età compresa fra i 65 e i 74 anni, gli uomini, le persone anziane con un elevato livello d’istruzione e coloro che hanno svolto un’occupazione impiegatizia ad usare internet e i social network. Ciò significa, implicitamente, che le persone anziane più fragili dal punto di vista socio-economico sono a rischio di esclusione sociale.
Dall’emergenza sanitaria, che in parte stiamo ancora vivendo, come ne è uscita secondo lei la nostra società?
La pandemia, a mio parere, ha agito come “amplificatore” delle diseguaglianze socio-economiche. Pensiamo alle diseguaglianze nel settore dell’istruzione: sono i bambini e le bambine e i giovani che partono già svantaggi (poiché provenienti da contesti sociali “poveri” culturalmente o da famiglie poco abbienti) ad aver incontrato maggiori difficoltà in questi anni. Ma pensiamo anche alle diseguaglianze di genere nel mercato del lavoro: solo le donne, principali responsabili dell’attività di cura dei figli (anche durante il lockdown), a pagare i costi, in termini di benessere e di possibilità di carriera, della pandemia. In realtà, credo che potremo rispondere alla sua domanda solo tra qualche anno, o forse fra qualche decennio, quando noi ricercatori saremo in grado di fornire evidenze empiriche solide sull’impatto della pandemia nel medio e nel lungo periodo.
Come deve ripensarsi, secondo lei, il Terzo Settore, di fronte ai cambiamenti epocali che attraversano la nostra società? Quali sono le sensibilità di cui abbiamo più bisogno?
Il Terzo Settore costituisce una colonna portante del sistema di welfare italiano. Associazioni come AUSER hanno continuato a fornire i propri servizi anche durante il periodo pandemico, intercettando i cambiamenti nei bisogni degli individui (ad esempio, l’esigenza di instaurare contatti personali a distanza) e rispondendo a tali nuovi bisogni con l’erogazione di servizi innovativi (l’assistenza tramite videochiamata). Gli attori del Terzo Settore dovrebbe quindi potersi avvalere di competenze multidisciplinari, per tornare all’apertura di questa intervista, che permettano loro di comprendere i cambiamenti a cui sta andando incontro la nostra società e formulare risposte rapide ed efficaci, sfruttando anche le opportunità offerte dalla digitalizzazione della società, riconoscendo comunque che alcune fasce della popolazione (e qui non faccio riferimento solo alla popolazione anziana) non dispongono delle competenze necessarie per utilizzare in modo autonomo le nuove tecnologie.
*
Vuoi saperne di più?
Melis, G., Sala, E., Zaccaria, D. (2021). “«I turned to Facebook to know when they would open the cemetery»… Results from a qualitative case study on older people’s social media use during Covid-19 lockdown in Italy”, Rassegna Italiana di Sociologia, 2, pp. 431-457.
Sala, E., Gaia, A. (2019) “Older People’s Use of «Information and Communication Technology» in Europe. The Italian Case”, in Autonomie locali e servizi sociali, Quadrimestrale di studi e ricerche sul welfare, 2/2019, pp. 163-183.
Fare ricerca (sociale) con le persone anziane durante il periodo di confinamento. Lo studio longitudinale La qualità della vita degli anziani durante il Covid-19
*
Pic by pexels Andrea Piacquadio
Devi fare login per commentare
Accedi