Scienze

Educazione civica: la Cenerentola della scuola italiana

4 Settembre 2020

L’anno scolastico 2020-21 vedrà l’introduzione dell’Educazione civica come materia obbligatoria. Una mezza novità, in quanto la presenza (e l’assenza) dell’Educazione civica nella scuola italiana ha più di sessant’anni di storia.

Era il 1958. Nell’anno in cui Domenico Modugno trionfava al Festival di Sanremo con Nel blu dipinto di blu, il Ministro dell’Istruzione Aldo Moro proponeva di completare il programma di Storia con una nuova materia: Educazione Civica (DPR 585/58).

Da allora ci sono stati cinquantaquattro governi e la materia, pur con nomi diversi – Studi sociali (1985), Educazione alla Convivenza civile (2003), Cittadinanza e Costituzione (2008) – dovrebbe essere sempre stata insegnata.

Ma così non è stato: spesso dimenticata e maltrattata, l’Educazione Civica ha vestito i panni della Cenerentola della scuola italiana, senza una parte definita all’interno dei programmi e per lo più affidata a professori non specializzati. Non è un caso perciò se già don Milani nel 1964 accusava i docenti di non saperla insegnare: «un’altra materia che non fate è educazione civica. Qualche professore si difende dicendo che la insegna dentro altre materie. Se fosse vero sarebbe bello. […] Dite piuttosto che è una materia che non conoscete».

A questo vuoto di conoscenza e di istruzione vorrebbe rimediare la Legge 92/2019. Con questa norma, proposta dalla Lega e approvata da maggioranza e opposizione nel 2019, l’Educazione civica torna obbligatoria a partire dall’anno scolastico che sta per iniziare. Avrà un monte orario di 33 ore annuali (ovvero un’ora alla settimana) e una valutazione finale in pagella.

Che cosa si imparerà durante l’ora di Educazione civica? E chi la insegnerà? Le Linee guida pubblicate lo scorso giugno dal MIUR articolano la nuova Educazione Civica intorno a tre «nuclei concettuali»: Costituzione, Sviluppo sostenibile e Cittadinanza digitale. Nella scuola del primo ciclo (primaria e secondaria di primo grado) la materia sarà insegnata da più professori del Consiglio di Classe, coordinati da un docente referente. Nella scuola secondaria di secondo grado, l’insegnamento spetterà, quando presente, a un professore abilitato nelle discipline giuridico-economiche, con il «coinvolgimento degli altri docenti competenti».

Al di là delle intenzioni, la stessa modalità con la quale si vuole realizzare il progetto rappresenta il punto più critico della vicenda: le Linee guida faticano a centrare l’obiettivo. Leggendo il testo, infatti, molti passaggi risultano complessi e poco chiari. La nuova Educazione civica rischia di essere fatta di tante cose, insegnate da tanti docenti (anche quelli non abilitati a farlo), con il risultato di fare tanto e male ciò che si sarebbe potuto fare poco e bene. Ancora una volta, tutto dipenderà dalla creatività, dall’impegno e dalla capacità di arrangiarsi dei docenti e dei dirigenti scolastici.

Nelle ultime settimane si è parlato di Educazione civica anche al di fuori delle aule scolastiche. Un po’ perché si dice che il Paese sia chiamato a compiere un grande esercizio di Educazione civica per uscire dalla crisi; un po’ perché qualcuno ha ipotizzato che dietro ad alcuni atteggiamenti della movida estiva ci sarebbe proprio una mancanza di tale educazione.

In entrambi i casi si chiede all’Educazione civica di diventare habitus. Impresa difficile, almeno fino a quando si continuerà a vestirla con i panni di Cenerentola.

 

 

(Immagine di copertina: Carli Jeen/Unsplash)

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