Scienze
Due libri che sanno di futuro
Estate: due libri tra le mani o meglio gli schermi e ti capita di trovare tra loro una specie di botta e risposta, di dialogo a distanza intorno alle sorti di quella cosa inafferrabile che chiamiamo “futuro”.
Due pensieri densi che ci conducono per mano nel presente in cui siamo immersi e spesso sbalorditi dalla possibilità di comprenderne davvero le dinamiche e limitarne i fallimenti.
Due saggi, recentemente usciti, concentrati nella lettura, nei pensieri intorno alle inquietudini, agli entusiasmi e ai dilemmi che viviamo nella nostra epoca.
Il libro “Homo Deus – Breve storia del futuro” (ed. Bompiani) dello storico e pubblicista israeliano Yuval Noah Harari e il testo postumo “La metamorfosi del mondo” (ed. Laterza) del sociologo tedesco Ulrich Beck sono uno sguardo ampio e fecondo sul futuro prossimo venturo.
Uno sguardo aperto, fuori dagli schemi che parte dalla constatazione diffusa “non capisco più il mondo” (Beck) aggiungendo che la metamorfosi “non è cambiamento sociale, non è trasformazione, non è evoluzione, non è rivoluzione, non è crisi. La metamorfosi è una modalità di cambiamento della natura dell’esistenza umana. È l’era degli effetti collaterali”.
Nei due saggi si trattano temi che passano dalla vita quotidiana (comunicare, imparare, apprendere, muoversi, lavorare…), alla realizzazioni delle scelte, ai temi complessi che chiamano in causa le politiche pubbliche e i politici contemporanei che “stanno pensando su scala ridotta” (Harari). C’è anche spazio per la riflessione sul ruolo dei saperi e della conoscenza, oltre l’implacabilità degli algoritmi che “potranno presto conoscerci meglio di quanto noi conosciamo noi stessi” e alla “vita come un processo di elaborazione dati” (Harari).
Temi articolati e ricchi di implicazioni in chiaro-scuro come mondo digitale, diseguaglianze, cambiamenti climatici, crisi finanziarie, terrorismo, migrazioni, orizzonti inediti della procreazione e della genitorialità, privacy e sicurezza, salute e immortalità, intelligenza artificiale, internet delle cose, collaborazione e competizione, istituzioni e partecipazione, economia e ambiente, solidarietà ed egoismo, localismo e cosmopolitismo. Questioni e sfide che generano una progressiva crisi dell’umanesimo in tutte le sue versioni, propongono il ruolo politico delle grandi città e vedono imporsi lo strapotere pervasivo delle corporation digitali.
A fronte di questo panorama Beck disegna i tratti di una nuova “cosmopolitica” come strumento metodologico per navigare al meglio e analizzare i nuovi paesaggi politici in un mondo sottoposto ad un mutamento drastico di scenario che rende anacronistici (“svuotati dall’interno”) molti dei concetti del passato intorno ai quale ci trastulliamo ancora oggi per aprirsi a “nuovi modi di vedere, immaginare e fare politica”.
Due volumi che ci regalano qualche risposta ma dischiudono molte domande. Abbozzano opzioni possibili, nuove opportunità ma anche incubi e sfide inedite all’orizzonte; scenari che rappresentano delle possibilità (desiderabili, inquietanti o governabili) piuttosto che delle profezie.
Si racconta dell’alternarsi nella storia, dei valori e delle credenze come “reti di significato prima intessute e poi in disfacimento” (Harari) e si formula l’invito ad “andare oltre se stessi, a non rinchiudersi in noi, a uscire nel mondo ed imparare a vederlo con gli occhi degli altri” (Beck).
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