Costume

Vinicio Capossela e le sue ballate per uomini e bestie – La peste

13 Giugno 2019

La peste: è la sete digitale che abbiamo, è l’urgenza dell’orgia mediatica. Come definire la terza canzone del nuovo disco di Vinicio Capossela?
La seconda è quella del povero cristo, quello che viene prima di tutti, quello che viene prima di tutto. Ma la terza canzone sembra uno scherzo, un inciampo, un breve sollazzo, ma quando arrivi alla fine del brano capisci bene che non lo è, e che il pezzo ci racconta qualcosa di molto più serio su noi stessi e sul mondo in cui viviamo, sulle pestilenze in cui siamo immersi.

Allora proviamo a parafrasarla in versi:

[let’s tweet again
tutto
che
si
sgretola,
si sminuzza,
let’s tweet again,
in frasi brevi
poco eleganti
inusuali,
let’s tweet again
e fantasca [neolog.] la grammatica.

La peste che è come i vocali,
– ah, mandami un vocale quando hai finito, –
che sono peggio del niente,
uno registra un messaggio e un altro ne registra un altro,
senza toccarsi mai
sulle corde vocali.
Brutta storia la tecnologia, specie se usata male,
specie se vilipesa.
Quanto tempo ho?
Il tempo di un tweet, e tutti possiamo dire tutto,
tutti siamo ormai esperti di tutto,
tutti giudichiamo tutto.
let’s tweet again

La peste, quella brutta, prende le forme più strane,
entra nei video che entrano nelle case,
e gira in quelli che si vedono ovunque,
senza più alcune distinzione tra pubblico e privato.
Manda male-odore,
meravigliosa peste
che ci fa liberi e uguali,
e trovalo il nemico
mettigli un hashtag
e dagli all’untore,
lei, intanto,
individualista e collettiva
lavora tutto ai fianchi
in una rivolta inerte di notizie piene di niente,
di dirette Facebook che vengono prima delle cose serie,
di livore,
di fornicazione,
di cadaveri di parole che scorrono a fiumi nelle rete,
tutti uniti contro niente,
senza parlare, senza ragionare,
foto, selfie, stop] —

 

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