Musica
veneziacustica / san polo-santa croce #1 dialogo con la musicologa Ellen Rosand
Mi permetto di suggerirvi un gioco. Un gioco che contiene sia un rischio che una rivelazione. Il gioco consiste nel camminare ad occhi chiusi, possibilmente fra le 5 e le 6 del mattino, a Venezia. Il rischio, ovviamente, è quello di cadere in un canale ma la rivelazione che vi aspetta, canale permettendo, è quella di ritrovare i suoni del vostro apparente e personale silenzio. I suoni del vostro respiro, dei passi, delle chiavi che ciondolano appese alla cintura, e ritrovarli non come “suoni solitari“ ma in relazione profonda, proprio come in una sorta di polifonia, con tutte le altre voci e suoni della città. Perché Venezia, prima ancora d’essere una città consumata dallo sguardo e dai selfie, è questa: un grandissimo strumento musicale che non smette mai di suonare. Muoversi al suo interno, con attenzione e delicatezza, è come muoversi nella pancia di un gigantesco violoncello, proprio lì, vicinissimi a quella zona che, negli strumenti ad arco, viene chiamata “anima“ in quanto generatrice delle vibrazioni acustiche dello strumento medesimo. Venezia Acustica – diario di un cacciatore di suoni, prova a indagare questa idea attraverso una pluralità di voci, compositori, scrittori, musicologi, artigiani del legno, ingegneri statitici, architetti, negozianti di strumenti, liutai, sagrestani ecc. implicate a sviluppare e tutelare quello che Renzo Piano, nell’ultima puntata, chiama il “materiale leggero“… ovvero il suono… che forse, laicamente, è proprio l’anima, non soltanto degli archi, ma anche di questa città.
VeneziAcustica – diario di un cacciatore di suoni, è una trasmissione in 8 puntate andata in onda a Radio3 Suite l’anno scorso (fondo pagina il link per ascoltarla). A questo proposito ringrazio Paola Damiani per la fiducia, tutto lo staff di Radio3 Suite e la co-curatrice della trasmissione la musicologa Giada Viviani.
La trascrizione a seguire è a cura di Giacomo Di Scala.
Buona lettura! Andrea
San Polo – Santa Croce
{ Suoni elettroacustici da Venezia }
Chelon labrosus!
Chelon labrosus…
in latino.
In italiano: cefalo, in veneziano: bosega!
Chi ci ha seguito nelle puntate precedenti sa che abbiamo in qualche modo tentato di costruire una memoria dei pesci che non popolano più la laguna veneziana, una sorta di surreale Spoon River ittica!
Ma, visto che siamo arrivati alla penultima puntata, ho pensato che sia il caso di omaggiare i pesci testardi che combattendo l’inquinamento, il moto ondoso, e le grandi navi risultano ancora essere “residenti” in città seppur in allevamenti…
{ Campane veneziane }
Mi chiamo Andrea Liberovici, faccio il compositore, e questa penultima puntata di VeneziAcustica – diario di un cacciatore di suoni avrà come ospiti due meravigliose musicologhe e uno straordinario gruppo di artigiani, con architetto, scovati intrufolandomi di nascosto in un cantiere.
Siamo nei sestieri San Polo e Santa Croce, che abbiamo raggruppato insieme perchè che sono molto più piccoli di altri sestieri come, ad esempio, Dorsoduro….
«A cosa servono i musicologi?» mi ha chiesto un amico.
Gli ho risposto che ci vorrebbero più o meno un paio di giorni per spiegarglielo in modo corretto ed esaustivo ma sicuramente, a volte, servono per scoprire musiche e compositori totalmente sconosciuti!
Sono quindi veramente molto felice di avere come ospite su Skype la celebre musicologa americana Ellen Rosand, professoressa emerita all’Università di Yale che, fra le tantissime cose di cui si è occupata, è riuscita a scoprire e a farci conoscere una fondamentale compositrice veneziana del Seicento: Barbara Strozzi, su cui negli ultimi anni sono usciti almeno una quarantina di CD e altrettanti studi, libri, saggi, tesi, e via dicendo.
{ Musica }
E con la mia co-curatrice del programma: la musicologa Giada Viviani, eccoci qua!
ANDREA LIBEROVICI
Purtroppo in questo ciclo di trasmissioni ci sono solo ed esclusivamente un sacco di uomini.
ELLEN ROSAND
È così nella vita…
A.L
Quindi io sono felice che questo dialogo lo conduciate voi due, che siete finalmente due donne che entrano nella trasmissione, e per di più parlando di una donna compositrice!
Per cui passo la parola a Giada che ti farà alcune domande; io è come se non ci fossi…
GIADA VIVIANI
Volevamo chiederti di parlarci un po’ di Barbara Strozzi, come l’hai scoperta e come sei arrivata a valorizzare questa voce incredibile del Seicento veneziano che si staglia rispetto al panorama sonoro che ci si aspetta a Venezia in quel secolo (che conosciamo soprattutto per i teatri).
E.R
Nel 74 stavo facendo una ricerca sui “lamenti” [forma musicale, ndr], e li stavo cercando in diversi luoghi: nelle opere, nei libri di arie, di cantate, girando per le biblioteche d’Italia, specialmente a Bologna. Fu allora che notai questa donna: Barbara Strozzi, perchè aveva scritto molte composizioni di questo genere. Così le feci tutte fotografare e stampare in microfilm (a quell’epoca si faceva così)…
Poi nell’estate del 75 o del 76, dopo aver esaminato una lunga serie di archivi, trovai il suo documento di battesimo, era datato 1619. Nelle varie fonti si dice che era la figlia adottiva di Giulio Strozzi [poeta e librettista,ndr] ma bisognava capire bene cosa potesse significare all’epoca un’espressione del genere…. Anche perchè lui le lasciò tutti i suoi averi! Poi ebbi tra le mani un libro stampato a Venezia, che descriveva le riunioni delle accademie in cui Barbara aveva cantato, e alcuni manoscritti alla Biblioteca Marciana. Allora fotografai tutti gli otto volumi di cantate e li feci ristampare dalle biblioteche. Uno di questi era a Bratislava e a quell’epoca era difficilissimo comunicare con loro! Quando finalmente ci riuscii furono necessari altri due mesi perchè si concludesse il lavoro, che poi uscì pure sbagliato…
{ Musica }
Il fatto è che Barbara Strozzi non era soltanto una donna. Era una donna di cui sono stati stampati 8 volumi di cantate! Più di chiunque altro, maschi compresi. E in più cantava le opere che scriveva: era “cantautrice”.
Possedere queste partiture ci aiuta molto anche a capire il modo di cantare nel Seicento.
{ Musica }
Nessun altro faceva dei melismi così vasti perché lei amava cantare! Infatti nella sua musica le parole non sono tanto importanti. Era come una sirena, ho sempre pensato: curava la comunicazione dall’anima.
{ Musica }
G.V
Probabilmente però rispetto a quello che cantava lei la scrittura a stampa non registrava tutte le variazioni che aggiungeva durante l’esecuzione.
E.R
Non tutte, ma molte cose le ha registrate: alla lettura si capisce che erano musiche scritte per una cantante specifica.
{ Musica }
G.V
Hai detto che dalle sue opere a stampa si può ricostruire non soltanto il suo stile compositivo ma anche quello vocale. Tu che idea ti sei fatta della sua peculiarità come compositrice e come cantante rispetto alla musica veneziana del Seicento?
E.L
Il suo primo libro, ad esempio, era di madrigali (e l’unico che riporta “madrigali” come titolo). Erano “canzoni” composte per più voci, anche cinque. I testi li scriveva suo padre.
G.V
Ci puoi raccontare dove cantava?
E.R
Lei cantava nelle accademie.
G.V
Quindi all’interno dei palazzi veneziani?
E.R
Si era già esibita all’Accademia degli Incogniti, a Venezia, (che era un’accademia non musicale) quando suo padre decise di fondare l’Accademia degli Unisoni. Io credo fosse principalmente in quella sede che Barbara Strozzi cantava, e doveva trovarsi più o meno vicino ai Santi Giovanni e Paolo. Poi probabilmente ha avuto occasione di cantare anche in altri luoghi ma, per il momento, non so dove.
{ Musica }
G.V
Quindi dobbiamo immaginarla in un ambiente chiuso: in una sala non particolarmente grande, con la sonorità propria di un ambiente privato. In aperto contrasto rispetto al teatro dell’opera, che rappresenta il grande exploit della musica veneziana del Seicento, la musica di Barbara Strozzi dobbiamo quindi immaginarla in una situazione molto più intimistica: un soundscape, un panorama musicale dell’interno…
E.R
Penso che si trattasse di un ambiente simile a quello delle cortigiane di un tempo. Qualche volta è facile che le sia capitato di cantare per un pubblico di due persone… erano esibizioni privatissime! Inoltre non abbiamo molte testimonianze di cantate scritte da compositori veneziani, lei era quasi l’unica a scriverle. Le opere che ci sono rimaste sono state tutte stampate a Venezia ma non erano di compositori veneziani: erano romani, padovani, bolognesi, ecc. Era praticamente l’unica a Venezia, oltre che l’unica donna! Non c’era tanta musica privata all’epoca.
A.L
Grazie mille!
G.V
Grazie! Ciao.
E.R
Auguri!
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