Musica

veneziacustica / giudecca #2 dialogo con angelo foletto

9 Aprile 2020

Qui seduti in Fondamenta, a un tavolino di un bar, il giornalista musicale Angelo Foletto ci spiegherà cos’è stata la “scuola musicale veneziana del XX secolo”, titolo di una tavola rotonda all’Istituto per la Musica della Fondazione Cini, che si è appena conclusa, con molti ospiti, che Angelo Foletto  ha magistralmente condotto per l’intera giornata!

Quindi in questo momento di meritato relax gli farò alcune domande.

Angelo Foletto – critico musicale

A.L

Che cos’è la “scuola veneziana”?

ANGELO FOLETTO

La “scuola veneziana” è un’idea sicuramente di Giovanni Morelli che è stata illustrata e motivata in un saggio del 2005 raccolto in una serie di saggi dedicati a Gian Francesco Malipiero [La carica dei quodlibet, ndr], perchè l’idea di questa scuola o di questa “bottega musicale” è nata dall’incontro, che sicuramente c’è stato, tra Malipiero anziano e i giovani Luigi Nono e Bruno Maderna. Un incontro che si è concretizzato in un rapporto epistolare e di incontri di vario genere ma non di apostolato reciproco. Questi ragazzi andavano regolarmente a visitarlo, mandavano le loro partiture, in alcuni casi direttamente in altri indirettamente: e qui entra in gioco Luciano Berio che faceva da tramite quando Maderna stava da lui a Milano. Ed è interessante vedere come il “vecchio compositore” si trovi difronte a esperienze diverse come l’elettronica, che lui chiama “tecnica fonica” o “elettrotecnica”…

A.L

Che non amava affatto.

A.F

Non la amava con il concetto umanistico dell’uomo di altri tempi: aveva paura che quel tipo di tecnica portasse ad una sorta di inaridimento dell’espressione e dell’umanità.

A.L

Intuizione non completamente sbagliata!

A.F

Questi incontri erano molto spesso esercitati nella casa di Asolo, dove andavano frequentemente, poi si scrivevano per lettera.

{ Musica }

Da questo Giovanni Morelli ha intuito la possibilità di una sorta di genealogia veneziana che parte dai Gabrieli (autori peraltro consigliati da Malipiero a Nono, il quale l’ha poi sentitamente ringraziato), e che si basa sull’idea che esistano diversi punti di contatto tra questi compositori, come ad esempio quello di essere sostanzialmente degli “irregolari”, degli “isolati”, dei “cocciuti”, degli instancabili ricercatori, e questo rappresenta, in fondo, una sorta di humus comune a tutto il mondo dell’arte di Venezia. Da qui il motivo del titolo La carica dei quodlibet, partendo da un’idea di “quodlibet” come forma di meticciato autorizzato dalla storia della musica e arrivando forse alla conclusione (non propriamente detta ma che, grazie ai vari interventi di oggi, un po’ è venuta fuori) che c’è una questione di fondo: Venezia stessa è un quodlibet! E l’architettura ne è un esempio: basta fermarsi in qualsiasi luogo per notare una stratificazione di stili dove nessuno disturba la presenza dell’altro ma che si vivificano uno sull’altro. Questo sostanzialmente è il gioco su cui è stata organizzata la giornata di oggi e soprattutto il saggio di Giovanni Morelli, e rimane forse il dubbio che non fosse tanto un saggio di dichiarazione musicologica ma piuttosto un saggio su come, alla fine, con un po’ di curiosità e capacità di collegare fatti differenti sia possibile dimostrare il tutto.

{ Musica }

“Questa era Venezia, la bella lusinghiera e ambigua, la città metà fiaba e metà trappola, nella cui atmosfera corrotta l’arte un tempo si sviluppò rigogliosa, e che suggerì ai musicisti melodie che cullano in sonni voluttuosi.”

(La morte a Venezia, Thomas Mann)

A.F

Nel saggio ci sono poi molti altri elementi a sostegno di quest’idea. Lui ne indica, con grande precisone, 23 ma fa capire che volendo ne avrebbe altrettanti. E sono tutti aspetti che effettivamente legano questi musicisti di generazioni differenti e che sembrano innescare la realtà di un humus culturale aperto a questo tipo di esperienza. Nell’incontro organizzato oggi alla Cini tutte queste cose un po’ sono emerse, perchè tutte le persone che sono intervenute in modo diverso avevano dei rapporti tra di loro, con questi personaggi, e con i compositori che sono venuti dopo, disegnando la possibilità di far rientrare un determinato “modo di scrivere” in una possibile (anche se arcana) espressione, storicamente allineabile ad una sorta di “scuola”. Un elemento centrale di cui si è parlato molto è l’idea di spazialità che permea le opere di questi compositori del Cinquecento, soprattutto i Gabrieli, dai quali sicuramente è uscita una concezione molto forte da questo punto di vista. Però in quasi tutta la musica di oggi, e non soltanto in quella partita da Venezia, queste idee sul “suono” e sullo “spazio” hanno trovato espressione. Forse è soprattutto attraverso questi due ultimi personaggi [Nono e Maderna, ndr] che Venezia è diventata un punto di irradiazione molto importante sia per la loro ricerca sia per il fatto che a questa si sono poi agganciate quelle di carattere tecnologico di personaggi come Alvise Vidolin e tanti altri. E ancora oggi rappresentano un punto di riferimento imprescindibile, “scuola” o non “scuola” che si voglia.

A.L

Che è una “scuola nomade” in realtà!

A.F

Sì, infatti c’è anche questo aspetto: è una scuola locale che si è però affermata per la continuità di un certo tipo di lavoro all’estero. Alcuni di questi compositori hanno abitato altrove per buona parte della loro vita.

Certamente dietro a tutto ciò c’è sempre questo grande “fantasma” che è Darmstadt. Quella forse sì: non è stata una scuola, ma è stato sicuramente un momento in cui pensieri molto diversi si sono trovati uniti, non soltanto sulla ricerca tecnica ma sulla ricostruzione di una società civile, politica e nazionale, che in quel caso specifico doveva partire da una ricostruzione di linguaggio musicale.

A.L

Grazie!

A.F

Va bene?

A.L

Sì sì, ora mi sembra che possiamo tranquillamente andare a mangiare con gioia!

{ Musica }

È incredibile come Nina, questa bellissima canzone di Gualtiero Bertelli, cresciuto alla Giudecca, sia sempre giorno dopo giorno più attuale!

Dunque siamo arrivati al termine di questa puntata e, come saprete ormai, è giunto il momento del consiglio cinematografico da parte di Roberto Ellero, critico di cinema.

{ Squilla il telefono }

A.L

Roberto Ellero buondì, siamo alla Giudecca, peraltro isola in cui sono cresciuto, quindi attenzione al film che ci suggerirai!

Roberto Ellero – critico cinematografico

ROBERTO ELLERO

Tu ci sei cresciuto ma io ci vivo. È un’isola alla quale sono molto affezionato! Dunque, il finale del film Il terrorista di Gianfranco De Bosio (1963). È un film che parla della resistenza gappista dei GAP di Venezia e che termina alle Fondamenta de le Scuole. È incentrato sulla figura di Renato Braschi, un terrorista che svolge delle attività di sabotaggio e di attentato ai tedeschi nell’inverno del 1943, quindi siamo lontani dalla liberazione. Racconta la storia, le vicissitudini e i ripensamenti di questo personaggio, un giovane e bravissimo Gia Maria Volonté. E si conclude con una sconfitta perchè in quel luogo, le Fondamenta de le Scuole, questo protagonista verrà falciato da una mitragliata nel momento in cui si accinge a lasciare Venezia, perchè ormai braccato e atteso da un motoscafo-ambulanza che avrebbe dovuto portarlo sulla terraferma per continuare la sua resistenza a Padova. Il film quindi si conclude con una sconfitta momentanea e racconta di una Venezia cupa, invernale, fosca, agli antipodi della cartolina turistica. Si tratta di un film che torna nel 63 a fare i conti con la Resistenza dopo la lunga rimozione operata nel cinema e nella cultura italiana negli anni 50. Sono molto legato a questo film perchè, oltre che vivere appunti alla Giudecca, in quelle Fondamenta de le Scuole per una decina d’anni ha operato il TARS che era il corso di laurea in Tecniche Artistiche e dello Spettacolo, poi chiuso. Per una città del cinema e delle arti quel corso di laurea era strategico, fondamentale, ha fatto crescere una mini generazione di operatori della cultura e, a dirigere il tutto, c’era un musicologo, Giovanni Morelli che si è preso la briga di inventare, di governare e portare avanti questa esperienza unica per una decina d’anni. Quindi tu capisci le ragione dell’affetto personale nei confronti di quel film, di quel finale, e di quel luogo.

A.L

Grazie mille!

{ Musica }

Sulle note della colonna sonora del film Il terrorista composte da Piero Piccioni ringrazio i nostri ospiti di questa quarta puntata: il musicologo Gian Mario Borio, il giornalista musicale Angelo Foletto, sentitamente ringrazio la mia co-curatrice del programma, la musicologa Giada Viviani, e i giovanissimi “cacciatori di suoni” dell’Associazione Culturale VERV Venice Electroacoustic Rendez-Vous, diplomati alla Scuola di Musica elettronica coordinata da Paolo Zavagna del Conservatorio “Benedetto Marcello”, con cui stanno curando il sito http://www.venicesoundmap.eu, (che vi consiglio) da cui si possono scaricare ma anche inserire dei suoni veneziani (cosa che io faccio qua e là per questa trasmissione).

Potete trovare inoltre tutte le informazioni sulle musiche trasmesse, riascoltare e scaricare le puntate sul sito di Radio 3 o con l’app RaiPlay Radio.

VeneziAcustica Rai3
Tanti cari saluti da Venezia e alla prossima da Andrea Liberovici! Ciao!

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