Musica

veneziacustica / giudecca #1 dialogo con il musicologo gianmario borio

8 Aprile 2020

VeneziAcustica – diario di un cacciatore di suoni, è una trasmissione in 8 puntate andata in onda a Radio3 Suite l’anno scorso (fondo pagina il link per ascoltarla). A questo proposito ringrazio Paola Damiani per la fiducia, tutto lo staff di Radio3 Suite e la co-curatrice della trasmissione la musicologa Giada Viviani.

La trascrizione a seguire è a cura di Giacomo Di Scala.

Buona lettura e buon ascolto! Andrea

Giudecca

{ Suoni elettroacustici da Venezia }

Sardina pilchardus!

 

Sardina pilchardus.

In italiano: sardina, in veneziano: sardela.

Utilizzata per i piatti cardine della cucina veneziana ovvero le “sarde in saor”.

“Un poche de sardelle vorria mandar a tor,

Per cusinarle subito, e metterle in saor.”

Dal secondo atto di Le donne de casa soa di Carlo Goldoni.

Perchè le annovero nella nostra Spoon River ittica? Perchè il mio amico Alvise, pescatore lagunare di grande esperienza ma che non rilascia interviste, mi ha detto che già da molti anni se ne sono andate dalla laguna… Insomma, che si sono arrese al moto ondoso e alle grandi navi.

Stiamo passando in vaporetto davanti all’isola della Giudecca, quindi davanti al sestiere di Dorsoduro, il sestiere protagonista di questa puntata, ma faremo prima un piccolo approdo all’isola di San Giorgio (sestiere di San Marco).

Mi chiamo Andrea Liberovici, faccio il compositore, e in questo frangente il mio ruolo principale però è quello di “cacciatore di suoni” nella città acustica per eccellenza: Venezia! Quindi, se nel caso dovessimo incontrarci in giro per calli e campielli, sappiate che al posto del telefonino ho un registratore e quindi state attenti a cosa dite perchè io registro tutto.

{ Musica }

Ovviamente ci sono anche delle registrazioni “concordate” come quella che stiamo per fare al direttore dell’Istituto per la Musica della Fondazione Giorgio Cini, con sede nell’isola di San Giorgio davanti a San Marco, il musicologo Gian Mario Borio.

Direttore dell’Istituto per la Musica della Fondazione Giorgio Cini

La cosa che mi affascina di questi istituti musicali veneziani, come la Fondazione Levi che abbiamo visitato la settimana scorsa, è l’idea che conservino oltre ai fondi di grandi compositori (e nel caso della Cini: Nino Rota, Giacomo Manzoni, Fausto Romitelli, Malipiero, ecc.) delle musiche “dormienti”, ovvero delle partiture mai eseguite. Ma eccoci, stiamo arrivando…

ANDREA LIBEROVICI

Che cos’è l’Istituto per la Musica?

GIAN MARIO BORIO

L’Istituto per la Musica ha in realtà una lunga storia. Nasce nell’ambito di un altro istituto della Fondazione Cini: l’Istituto per le Lettere, il Teatro e il Melodramma che era stato fondato nel 1955 (il primo direttore era Gianfranco Folena), ed era un istituto interdisciplinare all’interno delle lettere e del teatro che ha posto le basi per gli studi, all’epoca pioneristici, sul teatro musicale e la poesia per musica. Poi nel 1972 c’è stato un evento abbastanza importante: l’organizzazione del convegno “Venezia e il melodramma nel Seicento”, a cui hanno partecipato eminenti studiosi di musica di quella generazione come Nino Pirrotta, Harold Powers, Pierluigi Petrobelli, ecc., che hanno avviato un nuovo filone di ricerca proseguito negli anni successivi. Nell’85 nasce l’Istituto per la Musica il cui primo direttore è stato Giovanni Morelli che ha continuato questi studi ma nello stesso tempo ha cominciato un processo di acquisizione di fondi che si andava a innestare sui quelli già esistenti, primo fra tutti quello di Gian Francesco Malipiero che stava in rapporto di amicizia con il conte Cini.

A.L

Per capirci: quando parliamo di “fondi” che cosa si intende?

G.M.B

Sono collezioni private, in questo caso di compositori. Ne abbiamo venticinque e sono quasi tutte di compositori del Novecento. I materiali possono essere manoscritti, a stampa, registrazioni audio, e recentemente anche audio-video, file di computer. Si tratta degli oggetti più vari. Gli oggetti “classici” di questo tipo di collezioni sono ovviamente i manoscritti: gli autografi editi e inediti, gli schizzi, tutti i testimoni del processo compositivo. In quegli anni (metà degli anni Ottanta e fine anni Novanta) cominciano a sorgere tutta una serie di istituzioni analoghe a questa. Le più importanti sono l’Archivio della Musica dell’Akademie der Künste di Berlino e la Fondazione Paul Sacher di Basilea. A partire dai primi anni Novanta si sono moltiplicati gli studi sul processo compositivo e questo ha permesso di dare uno sguardo molto diverso sul Novecento rispetto a quello che c’era prima, con tutta una serie di scoperte e di chiarimenti.

A.L

Ci sono solo oggetti che riguardano strettamente le composizioni o anche libri, ecc.?

G.M.B

Questo è un discorso molto aperto all’interno dell’Archivistica su quali sono i limiti del cosiddetto “lascito” o del “fondo personale” (questo è il termine tecnico). Io dico sempre che il fondo personale è ciò che il donante, o i suoi eredi, decidono sia pertinente per la ricerca quindi può essere molto variabile. In alcuni casi abbiamo anche dei libri sottolineati da cui abbiamo tratto, ad esempio, delle poesie che sono degli oggetti molto importanti per chiarificare il processo compositivo e il contenuto dell’opera. In altri casi invece questo materiale non lo abbiamo.

{ Musica }

A.L

L’idea che ci siano delle istituzioni che conservano allo stato “dormiente” delle partiture che non vengono più eseguite o che magari non sono mai state eseguite, vi interroga in qualche modo? Partecipate all’organizzazione di esecuzioni?

G.M.B

Nella nostra mission non c’è l’organizzazione dei concerti, per questo ci sono le istituzioni deputate. È giusto che ognuna di queste istituzioni abbia un ambito abbastanza circoscritto però ci sono almeno due piste che sono direttamente connesse con la nostra attività. Una è la pubblicazione degli inediti, che noi abbiamo fatto in diversissimi casi. Adesso con Suvini Serboni è partita un’iniziativa di pubblicazione degli inediti di Niccolò Castiglioni, che è uno degli ultimi fondi che abbiamo acquisito: sono parecchi e anche molto interessanti. L’altra linea è l’organizzazione di una serie di workshop che ho iniziato quattro anni fa e sono le Research-led Performance, dove si cerca di stabilire un rapporto biunivoco dialettico tra musicologi e strumentisti. Succede che il musicologo cerca di fornire al musicista più informazioni possibili, ad esempio, su come è cresciuto il brano, e nel caso del XX secolo queste notizie filologiche sono molto importanti per capire le regole su cui si basa il pezzo. E dall’altra parte attraverso questo confronto, che riguarda anche le tecniche esecutive, il musicologo acquisisce uno sguardo molto più approfondito sulle scelte del compositore che spesso erano date dalla possibilità particolare di un certo modo di eseguire e questo al musicologo, non potendo suonare tutti gli strumenti, non è sempre chiaro.

A.L

Ma sono scelte spesso molto legate allo stesso esecutore, conosciuto o amico del compositore. Così come Shakespeare scriveva per i suoi attori…

G.M.B

Praticamente in quasi tutte le collezioni abbiamo casi di questo genere, e poi la presenza di numerosi scambi epistolari. Questo aspetto delle corrispondenze è fondamentale perchè nel XX secolo c’è un vastissimo epistolario dei compositori: tra di loro, con le istituzioni, ecc. Nel 2014 abbiamo fatto un convegno proprio sui carteggi, ed è importante tenere i rapporti con le altre istituzioni analoghe perchè queste lettere sono attraversate da temi comuni.

{ Musica }

A.L

L’Istituto per la Musica, che si è occupato finora del Novecento, ha anche uno sguardo sulla musica del nuovo millennio?

G.M.B

Mi poni un grosso dilemma, che è personale e istituzionale allo stesso tempo! La tipologia di archivio e di collezione come l’ho descritta prima è una tipologia tipicamente novecentesca cioè un mix di materiale cartaceo (manoscritto, dattiloscritto, stampe, grafiche, ritagli di giornale, ecc.) ed elettronico (cassette, ecc.). Questa tipologia di materiale è limitata al XX secolo perchè come tu sai c’è stato un momento di graduale e poi sempre più rapido passaggio alla videoscrittura, che ha cambiato le abitudini scritturali e, secondo me, anche la mentalità del compositore (infatti prima o poi faremo un convegno proprio su questo tema). È chiaro che abbiamo un insieme di materiale abbastanza concluso storicamente: parte da Malipiero, Casella, Bartok e arriva fino a Gérard Grisey e Fausto Romitelli.

{ Musica }

Una volta la musica del XX secolo si chiamava “contemporanea” e gli studiosi della nostra generazione sono abituati a vedersi come “studiosi dell’epoca contemporanea”. Mi fa un po’ specie non occuparmi del XXI secolo, e cerco ogni tanto di recuperare, però dal punto di vista dell’archivio è un mondo ancora periferico.

A.L

Anche perchè tendenzialmente sono ancora tutti vivi!

G.M.B

Certo, c’è anche questo dato!

{ Musica }

A.L

Abbiamo ascoltato per ora soltanto una piccola porzione delle musiche conservate alla Cini fra cui Nino Rota!

Con questa meravigliosa voce di Luisa Ronchini, che ci sta accompagnando in questo canto dal titolo Peregrinazioni lagunari (ed è un canto del Seicento) siamo arrivati alla Giudecca, precisamente alle Zitelle, quindi siamo a Dorsoduro il sestiere di questa puntata!

VeneziAcustica Rai3

…continua…a domani!A.

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