Musica
VeneziAcustica / Dorsoduro #2 dialogo con il sagrestano Maurizio biasol
“Il pizzo verticale delle facciate veneziane è il più bel disegno che il tempo-alias-acqua abbia lasciato sulla terraferma, in qualsiasi parte del globo. In più esiste una corrispondenza – se non un nesso esplicito – tra la natura rettangolare delle forme di quel pizzo – ossia gli edifici veneziani – e l’anarchia dell’acqua, che disdegna la nozione di forma. È come se lo spazio, consapevole – qui più che in qualsiasi altro luogo – della propria inferiorità rispetto al tempo, gli rispondesse con l’unica proprietà che il tempo non possiede: con la bellezza.”
Da Fondamenta degli Incurabili di Joseph Brodsky, premio nobel per la letteratura 1987 che, come sappiamo, ha vissuto a lungo a Dorsoduro.
{ Campane }
Stiamo per incontrare Maurizio Biasiol, sagrestano della Chiesa dei Gesuati sulla Fondamenta delle Zattere per cercare di conoscere un pochino meglio uno degli strumenti musicali più celebri di Venezia ovvero le campane!
A.L
C’è un eco meraviglioso in questa chiesa!
MAURIZIO BIASIOL
È stata costruita apposta con un’unica navata, come può vedere, secondo i dettami dello stile tridentino (del Concilio di Trento) proprio per far convergere qualsiasi tipo di suono nella navata partendo dall’altare maggiore! Non a caso l’organo lo si trova in una delle pareti laterali del presbiterio non in fondo alla navata, come in tante altre chiese, perchè non avrebbe avuto la stessa resa acustica.
A.L
Quindi mi sta dicendo che c’è stato uno studio acustico importante.
M.B
Sì sì, facevano delle prove! Avevano dei piccoli pulpiti in legno e si spostavano di zona in zona nella chiesa per capire dove potesse risuonare meglio. Non a caso i due pulpiti gemelli si trovano proprio in questo punto qui: se lei salisse su uno di questi la sentirebbero benissimo in tutta la chiesa senza bisogno di microfono.
A.L
E in modo, mi sembra di capire, più secco rispetto ad altre chiese: non si confondono le parole.
M.B
E questo effetto si sente ancora di più quando canta il coro. A volte accendiamo un piccolo stereo con un CD di musiche d’organo o di canto gregoriano e ci è capitato più di una volta che un turista venisse a chiederci se c’era un coro che stava cantando da qualche parte. E invece è proprio la chiesa che è fatta così, c’è un’acustica bellissima qui!
{ Musica }
A.L
Mi hanno detto che lei è anche un’esperto di canto in realtà….
M.B
Mi piace molto! Poi studiacchio, leggo, ho bazzicato molto per monasteri, qualcosina so ma non sono chissà che esperto.
A.L
Però ha un’attenzione particolare al suono.
M.B
Sì ho una certa attenzione per il suono! Fin da piccolo, ad esempio, appena vedevo una chiesa girando per Venezia la prima curiosità che mi veniva in mente era capire come suonassero le campane e dove fosse ubicato l’organo. E alla fine ci sono riuscito perchè sono diventato sagrestano, e quindi ho a che fare con queste cose praticamente tutti i giorni!
A.L
Ecco, come funzionano le campane in questa città meravigliosa? Immagino sia sparita la figura del “campanaro”…
M.B
Sì la figura del “campanaro” vera e propria oggi è un po’ sparita.
A.L
Un po’ nel senso che c’è ancora qualcuno in giro che fa questa cosa?
M.B
In giro sì, soprattutto in terraferma. Nella zona di Padova, ad esempio, ci sono ancora dei paesi dove, magari una volta a settimana, si usano ancora le campane a corda.
{ Musica }
Venezia è una città molto tradizionalista: molto legata ai suoi usi e costumi. Le campane avevano un ruolo particolare perchè non solo annunciavano le funzioni religiose ma, in un’epoca in cui gli orologi non erano alla portata di tutti quanti, servivano a regolare la vita lavorativa. In quasi tutte le città c’era il palazzo comunale con la torre civica e la sua campana. A Venezia c’era quello che chiamiamo “Campanile di San Marco”: il paròn de casa, che non era il campanile della Cattedrale ma una torre civica! La cattedrale era San Pietro di Castello. Le campane che regolavano la vita quotidiana erano cinque, avevano tutte un suono e una funzione particolare. Si cominciava con la vecchia Marangona che dava l’inizio al giorno e all’attività lavorativa dei falegnami dell’Arsenale per finire con la Trottiera, perché fino al 1400-1500 i nobili giravano a cavallo, e si recavano a Palazzo Ducale al trotto soltanto dopo che questa campana avesse suonato per mezz’ora di fila. Poi c’era un’altra campana dal suono piuttosto lugubre perchè la fusione non era riuscita molto bene: si chiamava Renghiera (perchè sembrava ringhiasse), o anche Malefizio, e suonava per mezz’ora prima di ogni esecuzione a morte in Piazzetta di San Marco.
{ Musica }
Queste campane però, dopo secoli d’uso, prima o poi capitava si rompessero e a quel punto bisognava rifonderle. Le campane di San Marco sono state tutte rifuse più di una volta! Poi il 14 luglio 1902 il paròn de casa stramazza al suolo, per cui restava solo la vecchia Marangona. Ma anche quella si dice fosse già stata rifusa diverse volte.
A.L
Quindi non c’è memoria di queste campane.
M.B
Sono state tutte rifatte. C’è però una memoria storica: i pezzi rotti sono stati recuperati e rifusi con il bronzo nuovo per cercare di conservare, almeno nella forma, qualcosa del corpo storico delle campane.
{ Musica }
Il campanaro di San Marco doveva essere un cittadino della Repubblica! Perchè veniva stipendiato per rendere un servizio alla collettività. Così come adesso qualcosa di simile, se non sbaglio, accada per il sagrestano della Chiesa Arcipretale di Cortina che viene stipendiato dal Comune.
A.L
Intanto grazie per questo meraviglioso excursus sulle campane e i suoni di Venezia, che è proprio l’argomento di questa trasmissione!
Una domanda molto tecnica: adesso le campane in che modo vengono attivate?
M.B
C’è una centralina computerizzata. Mentre una volta c’era solo un sistema feriale e festivo al giorno d’oggi all’interno di questa centralina c’è addirittura un calendario perpetuo, sia civile che liturgico. Una volta stabiliti i comandi delle varie campane non c’è più bisogno di toccare niente.
A.L
Quindi, di fatto, il lavoro del campanaro oggi è quello di programmare questa macchina.
M.B
Esatto. Infatti il lavoro di sagrestano adesso è diventato più “difficile” rispetto a un tempo. Prima per far suonare una campana bastava premere un pulsante oggi se devi fare una suonata occasionale sono necessari tutta una serie di passaggi al computer, cosa che diverse persone anziane non sarebbero in grado di fare.
A.L
Quando è stato abbandonato l’uso della corda?
M.B
I parrocchiani si ricordano che ancora negli anni 50 e 60 si usava. Poi, gradualmente, si è cominciato ad elettrificare le campane e la professione del campanaro ha cominciato a spostarsi in un angolino.
{ Musica }
A.L
Mi è capitato di ascoltare un meraviglioso “ciclo” di campane dalla Chiesa di Santa Maria dei Carmini. Come funziona da loro, visto che siamo nello stesso sestiere? Nel loro caso comunque ci sono più campane: almeno cinque e sei…
M.B
Sì ne hanno di più, e credo siano intonate sulle note del Salve Regina.
Di solito a Venezia alle 7-7:30 suona sempre una campana, poi di nuovo a mezzogiorno per avvisarti del time break: «Siamo a metà giornata!». E questo vale più o meno anche per tutta l’Italia settentrionale.
A.L
Ma tutte le campane di Venezia?
M.B
Sì. Se lei aspetta un po’, a mezzogiorno sentirà suonare tutte le campane…
E infine un’altra campana suona sul far della sera, alle 19-19:30. Poi possono esserci due campane per la messa domenicale o tutto un concerto per le occasioni solenni.
A.L
La Marangona però suona a mezzanotte.
M.B
La Marangona suona ancora a mezzanotte ma sa perchè? Una volta il giorno civile, a Venezia, era segnato ufficialmente dall’aurora e dal tramonto. Per cui questa campana suonava già a mezzanotte, ma la mezzanotte di quei tempi “scattava” esattamente con il tramonto del sole. Quindi la Marangona all’epoca suonava più o meno verso le otto di sera, oggi per tradizione la fanno suonare a mezzanotte.
{ Musica }
A.L
Lei è esattamente il sagrestano della chiesa…
M.B
Esatto, sono un po’ il fulcro di questa chiesa perchè ormai i parroci sono piuttosto impegnati. Quindi mi trovo ad avere a che fare con le persone.
A.L
Ecco, come vive lei il turismo così massivo di questi ultimi anni? Leggo sui giornali che qui a Venezia ci sono anche trenta milioni di visitatori all’anno… Visitano questo luogo?
M.B
Questa è una delle chiese più visitate perchè ci troviamo sulle Zattere. Abbiamo un pontile qui vicino dal quale arrivano molti turisti, inoltre c’è una linea che collega direttamente questa zona con Fusina dove lasciano i mezzi motorizzati. Quindi a volte mi trovo anche quaranta o cinquanta persone che entrano nel giro di dieci minuti, che però, bisogna dire, fanno un giretto della chiesa guardando un po’ “a vuoto” e poi se ne vanno. Io dico sempre che se queste persone si trovassero in un supermercato sarebbero molto più attente! Qui a girare sono in molti ma pochi sono quelli che, alzando lo sguardo, si accorgono del soffitto affrescato dal Tiepolo!
A.L
Come se la spiega lei questa cosa?
M.B
Per me si tratta di bassissimo interesse per la cultura. Queste chiese sono nate proprio per tramettere un messaggio in un’epoca in cui i libri non erano posseduti da tutti. Quindi quando si osservava una statua si cercava anche di capire che personaggio potesse essere, così come con la scena rappresentata da un affresco. Oggi si è persa questa abitudine. Un’opera d’arte è stata realizzata soprattutto per trasmettermi qualcosa, per interrogarmi, per farmi lavorare!
{ Musica }
A.L
Io sono cresciuto in questa città e ricordo che, quando giravo per strada, capitava che i turisti mi fermassero per chiedermi dov’è la Basilica di San Marco o i Frari. Adesso invece quando mi fermano i turisti, e faccio molta fatica a non rispondergli male, spesso è per chiedermi dov’è Prada o un altro negozio di moda. E questo mi irrita profondamente perchè quei luoghi sono in qualsiasi altra città del mondo! Quindi perchè cercare a Venezia una cosa che si può trovare benissimo anche “sotto casa” propria? Non riesco a spiegarmi come mai, se è questione del consumismo sfrenato o di una non-cultura che si sta impossessando di tutto…
M.B
Sono cose che vedo molto anche qui in chiesa. Oggi è una cosa che capita raramente, ma quelle volte che accade mi allarga il cuore: l’altra sera, ad esempio, un visitatore è stato venti minuti davanti alla tela del Tintoretto! Ma è anche bello quando le persone se ne stanno semplicemente sedute sui banchi e poi, pian piano, cominciano a scoprire la chiesa… Ogni tanto mi solleva il morale vedere ancora qualcuno che apprezza queste cose!
{ Musica }
Mi auguro, ma penso proprio di sì, che il nostro amico Maurizio Biasiol, sagrestano della Chiesa dei Gesuati con cui abbiamo appena parlato, abbia accolto con favore questa alternanza tra madrigali di Salvatore Sciarrino e György Ligeti.
In un attimo, almeno questa è la mia percezione, siamo arrivati al nostro appuntamento finale con il critico cinematografico Roberto Ellero.
{ Squilla il telefono }
A.L
Roberto Ellero buongiorno! Dunque, siamo a Dorsoduro, che è forse il sestiere più grande di Venezia. Che film ci suggerisci?
ROBERTO ELLERO
Sì è il più grande: è quello della Salute, di Santa Margherita, dei luoghi della movida veneziana. Io ti suggerisco di andare in Campo San Barnaba dove sono ambientate due sequenze cult di due film del cinema di consumo, di grand public direbbero in Francia. Uno è Summertime (1955) di David Lean e l’altro è Indiana Jones e l’ultima crociata (1989) di Steven Spielberg. Nel primo film succede che Katharine Hepburn è una single americana non più giovanissima innamorata di Rossano Brazzi, latin lover del cinema italiano, che ha il suo negozio di antiquariato in Campo San Barnaba. Katharine Hepburn, ad un certo punto, con la sua cinepresa 8mm inquadra il negozio, Rossano Brazzi, la facciata neoclassica della chiesa, e poi, per inquadrarla meglio, indietreggia e finisce in acqua. Ma un ragazzo salvifico recupera la cinepresa salvando anche il girato. Le cronache dell’epoca raccontano che la povera Katharine Hepburn per girare quella scena dovette ripetere la caduta in acqua quattro volte, e senza controfigura, rimediando una congiuntivite cronica che le rimarrà per il resto della sua vita. Questo a dimostrare come già all’epoca l’acqua dei canali di Venezia fosse poco salubre! Il film ebbe un grandissimo successo e, sempre le cronache, ci riportano che il turismo americano a Venezia da quel momento cominciò ad impazzire crescendo fino ai numeri stratosferici dei giorni nostri. L’altra sequenza riguarda Harrison Ford in Indiana Jones e l’ultima crociata. Siamo sempre in Campo San Barnaba e Indiana Jones è sulle tracce del padre (Sean Connery), anch’egli archeologo nel frattempo scomparso, forse rapito dai tedeschi (l’ambientazione è anni 30). Succede che Harrison Ford entra nella chiesa di San Barnaba, che per l’occasione è una biblioteca, per trovare alcuni codici antichi che lo porterebbero alla tomba di un cavaliere del Santo Graal, cosa che in effetti accadrà. Una volta penetrato negli inesistenti sotterranei, perchè Venezia non ha sotterranei, viene scoperto da una setta di turchi e costretto a scappare in quegli stessi sotterranei fino a bucare nel Campo da un altrettanto inesistente tombino. È una sequenza talmente cult che c’è ancora qualche turista cinéphile che in Campo San Barnaba cerca l’inesistente tombino tra i tavoli del bar.
A.L
Grazie mille Roberto Ellero!
{ Musica }
Sulle note della colonna sonora del film Summertime del 1955 ringrazio i nostri ospiti di questa quinta puntata: il musicologo Veniero Rizzardi e il sagrestano Maurizio Biasiol. Sentitamente ringrazio la mia co-curatrice del programma, la musicologa Giada Viviani, e i giovanissimi “cacciatori di suoni” dell’Associazione Culturale VERV.
Potete trovare inoltre tutte le informazioni sulle musiche trasmesse, riascoltare e scaricare le puntate sul sito di Radio 3 o con l’app RaiPlay Radio.
Tanti cari saluti da Venezia e alla prossima da Andrea Liberovici! Ciao!
Devi fare login per commentare
Accedi