Musica
VeneziAcustica / Castello #2 dialogo con il liutaio Riccardo Guaraldi
A.L
E, grazie alla preziosa indicazione di Claudio Zaggia, mi ritrovo a bussare alla porta dell’unico liutaio veneziano rimasto in città, anche lui con la bottega a Castello!
Ora sono in compagnia dell’unico, di fatto, liutaio veneziano: Riccardo Guaraldi.
Com’è fare questo lavoro in questa città?
RICCARDO GUARALDI
Un gran privilegio, per quanto riguarda l’ispirazione che può dare un ambiente di questo genere! Poi bisogna calcolare anche il fatto che a Venezia ci sono nato. La liuteria mi ha sicuramente regalato un modo diverso di approcciarmi alla città: il silenzio che c’è qui dove vivo, alla Corte Botera, quella di Corto Maltese che Pratt definisce corte Sconta detta Arcana è meraviglioso. Già solo questo luogo ha un’acustica incredibile! Infatti ho avuto l’occasione di portarci a suonare dei cari amici: il Quartetto Noûs e c’era il colore del suono che diventava proprio palpabile. La liuteria a Venezia sappiamo che ha avuto un’influenza decisiva per l’arte della costruzione degli strumenti. Tra Cinque e Seicento si aveva quasi un centinaio di addetti ai lavori, tra chi possedeva la bottega e gli operai che ci lavoravano, adesso ci sono solo io. Venezia addirittura esportava kit di strumenti da montare (viola da gamba veneziana, liuto): venivano scolpiti i piani armonici, il fondo, le fasce, ecc., li impacchettavano e li inviavano via nave all’estero. Poi, come si sa, a metà Cinquecento nasce il violino e da quel momento sono arrivati in città i grandi imprenditori della liuteria, di cui la maggioranza erano stranieri: Martin Kaiser, Goffriller, tutti personaggi provenienti più o meno dalle parti di Füssen, dal Nord Europa. In seguito comincia a svilupparsi una scuola di liuteria veneziana, che inizialmente ripropone delle caratteristiche che riportano un po’ alla liuteria tedesca, come le “bombature” molto forti, ma che poi procederà nella sua direzione. Un vero e proprio “stile veneziano” (come esiste invece a Cremona) non c’è mai stato, tranne per alcuni strumenti specifici come i violoncelli di Domenico Montagnani (anche lui non di Venezia) che fu uno dei pochi a cercare uno stile. Venezia sembra sempre essersi opposta alla creazione di un’idea di stile, piuttosto ne assorbiva in continuazione, si plasmava in un continuo divenire.
A.L
Un po’ come l’architettura veneziana. Ci sono dei palazzi che hanno tante di quelle memorie architettoniche una sull’altra!
R.G
Sì è incredibile. E la cosa bella è che accoglieva!
A.L
Tu hai una formazione quindi anche musicale? Qual è stata la cosa che ti ha portato a fare il liutaio?
R.G
Fin da piccolo mi piaceva usare le mani: smontavo, ricostruivo… Ma poi l’amore per la musica è certamente la base di tutto. L’incontro determinante è stato quello con un liutaio, dilettante ma molto bravo, di fuori Venezia, che un giorno andai a trovare. È stato un “colpo di fulmine”. Da quella volta gli chiesi se potevo tornare da lui per imparare.
A.L
Quindi sei stato proprio un ragazzo di bottega…
R.G
Ho studiato a bottega quell’estate, e poi mi sono iscritto alla scuola di liuteria di Milano, dove ho studiato quattro anni. Da quel momento ho cominciato a lavorare per dei professionisti importanti, già da prima che finissi la scuola.
A.L
Prima mi parlavi off the records della grande differenza tra gli Stradivari e i Guarnieri del Gesù. Per un profano, quale sono, puoi darmi una definizione relativamente sintetica?
R.G
Allora, le “bombature” di un Guarnieri del Gesù sono quasi tutte diverse in ogni strumento! C’era una continua sperimentazione. Mentre probabilmente Stradivari non poteva permetterselo, forse aveva impiantato una struttura difficilmente preda di modifiche eccessive. Devo ammettere che non so con chi lavorasse Guarnieri del Gesù, perché era sicuramente aiutato: produceva in media una decina di strumenti all’anno, che sono tanti per un uomo solo. Comunque lo caratterizzava una continua innovazione: apri di più gli occhi superiori delle effe, inclina di più il manico, fai una bombatura più piena, meno piena…
A.L
Qual è la tua attitudine rispetto a questi due modelli?
R.G
Non per genialità ma perchè sono di carattere un po’ caotico, mi sento più vicino a Guarnieri del Gesù: mi piace sperimentare.
A.L
Le nuove tecnologie aiutano nella liuteria?
R.G
Assolutamente. Aiutano a comprendere meglio, anche se non al cento per cento quello che stai facendo. Puoi trovare strumenti che analizzano aree modali della tavola armonica, che misurano l’elasticità delle varie zone, ma alla fine di tutto ci sono le tue mani! Questa è la cosa fondamentale. Io devo dire che mi fido di più delle mie mani.
A.L
Grazie mille!
Ed eccoci arrivati al nostro appuntamento con Roberto Ellero, critico cinematografico che, fra i tanti meriti, ha quello di essere conosciuto a Venezia come l’uomo che ha permesso ci siano ancora dei cinema in città.
Roberto Ellero buongiorno, siamo a Castello, dacci un suggerimento di film!
ROBERTO ELLERO
Buongiorno Andrea, io direi (visto che siete a Castello) Yuppi du, che è un film strano di Celentano girato nel 75. Perchè lì in Campo Santa Giustina è ambientato un balletto sul tema Silvia non è morta, è ritornata dal canal! I personaggi della storia sono Celentano che interpreta Felice: un povero pescatore della laguna e operaio a Marghera, e Silvia (quella “tornata dal canal”) interpretata da Charlotte Rampling: la moglie presumibilmente defunta ma che in realtà non lo è, come ci dice appunto il balletto. Dunque, perchè è bello questo balletto? Perchè è multietnico: spiccano le cameriere che sono delle ballerine di colore. È un balletto cosmopolita, che mostra una Venezia fantastica tra passato, presente e (spero) futuro, dove convivono un po’ tutti. Venezia in questo film è la città della fantasia e degli affetti contrapposta a Milano, dove viveva e vive Silvia, che rappresenta la vivacità degli affari. Il povero Felice se n’era fatto una ragione di tutto questo però era ancora innamorato di lei. E questa notizia, che è tornata dal canale, per lui è piuttosto sconvolgente. Siamo nel cinema di Celentano, con tutti i pregi e difetti del caso, ma questo è un film da rivedere. È un lavoro in cui tiene conto anche del suo afflato ecologista: c’è una scena molto bella in cui dà conto dell’acqua alta facendo allagare la casa da pescatore che il protagonista ha a San Giorgio in Alga. Ma, ancora più memorabili, sono le sequenze girate a Marghera dove dalle fontane zampilla un’acqua nerissima e gli operai girano con le maschere antigas. Ora, attenzione! Siamo nel 75: queste immagini appartenevano all’iconografia dell’estrema sinistra, dei comitati operai, non c’era ancora quella consapevolezza della devastazione ambientale che arriverà dopo.
A.L
Quindi “pre-Greta” per capirci…
R.E
Sì, un Celentano “pre-Greta”!
A.L
Grazie mille e alla prossima!
{ Musica }
Sulle note della colonna sonora di Yuppi du composta da Adriano Celentano ringrazio i nostri ospiti di questa seconda puntata: il compositore Giovanni Mancuso, Claudio Zaggia, proprietario del negozio di strumenti Ivo Regazzo ora purtroppo chiuso, e il liutaio Riccardo Guaraldi. Sentitamente ringrazio la mia co-curatrice del programma: la musicologa Giada Viviani, e i giovanissimi “cacciatori di suoni” dell’Associazione Culturale VERV Venice Electroacoustic Rendez-Vous, diplomati alla Scuola di Musica elettronica coordinata da Paolo Zavagna del Conservatorio “Benedetto Marcello”, con cui stanno curando (e ve lo suggerisco!) il sito http://www.venicesoundmap.eu, da cui si possono scaricare, ma anche inserire, dei suoni veneziani (cosa che io ho fatto qua e là per questa trasmissione).
Abbiamo ascoltato musiche di Giovanni Mancuso, Bruno Maderna, e non soltanto.
Potete trovare tutte le informazioni sulle musiche trasmesse, riascoltare e scaricare le puntate sul sito di Radio 3 o con l’app RaiPlay Radio.
Tanti cari saluti da Venezia e alla prossima da Andrea Liberovici! Ciao!
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