Musica
VeneziAcustica / Castello #1 dialogo con il compositore giovanni mancuso
Mi permetto di suggerirvi un gioco. Un gioco che contiene sia un rischio che una rivelazione. Il gioco consiste nel camminare ad occhi chiusi, possibilmente fra le 5 e le 6 del mattino, a Venezia. Il rischio, ovviamente, è quello di cadere in un canale ma la rivelazione che vi aspetta, canale permettendo, è quella di ritrovare i suoni del vostro apparente e personale silenzio. I suoni del vostro respiro, dei passi, delle chiavi che ciondolano appese alla cintura, e ritrovarli non come “suoni solitari“ ma in relazione profonda, proprio come in una sorta di polifonia, con tutte le altre voci e suoni della città. Perché Venezia, prima ancora d’essere una città consumata dallo sguardo e dai selfie, è questa: un grandissimo strumento musicale che non smette mai di suonare. Muoversi al suo interno, con attenzione e delicatezza, è come muoversi nella pancia di un gigantesco violoncello, proprio lì, vicinissimi a quella zona che, negli strumenti ad arco, viene chiamata “anima“ in quanto generatrice delle vibrazioni acustiche dello strumento medesimo. Venezia Acustica – diario di un cacciatore di suoni, prova a indagare questa idea attraverso una pluralità di voci, compositori, scrittori, musicologi, artigiani del legno, ingegneri statitici, architetti, negozianti di strumenti, liutai, sagrestani ecc. implicate a sviluppare e tutelare quello che Renzo Piano, nell’ultima puntata, chiama il “materiale leggero“… ovvero il suono… che forse, laicamente, è proprio l’anima, non soltanto degli archi, ma anche di questa città.
VeneziAcustica – diario di un cacciatore di suoni, è una trasmissione in 8 puntate andata in onda a Radio3 Suite l’anno scorso (fondo pagina il link per ascoltarla). A questo proposito ringrazio Paola Damiani per la fiducia, tutto lo staff di Radio3 Suite e la co-curatrice della trasmissione la musicologa Giada Viviani.
La trascrizione a seguire è a cura di Giacomo Di Scala.
Buona lettura! Andrea
Castello
Sprattus sprattus!
Sprattus sprattus.
In italiano: spratto, in veneziano: papaina.
Dunque, secondo il sito lagunaproject.it, che ringrazio, la “papaina” è un pesce dal corpo affusolato, compresso con profilo dorsale quasi rettilineo e ventrale incurvato. Misura circa 16 cm e ha una colorazione azzurro-bluastra sul dorso, e argentata su fianchi e ventre. Insomma, così a intuito mi sembra che lo Sprattus sprattus sia una sardina o comunque un parente stretto: uno zio, un nipote della famiglia delle sardine.
Ho fatto quindi un salto al mercato del pesce di Rialto per chiedere informazioni e mi è stato risposto:
«.…stessa frase in dialetto veneziano….», ovvero:
«Non esistono più le papaine quando sono arrivate le grandi navi sono scappate!».
Per cui mi è sembrato doveroso inserire questo pesciolino azzurro in fuga dalla laguna nella nostra Spoon River ittica.
Mi chiamo Andrea Liberovici, faccio il compositore, e a parte questo incipit ittico questa trasmissione VeneziaAcustica – diario di un cacciatore di suoni si occupa dell’aspetto invisibile, e quindi acustico, e quindi musicale, di questa meravigliosa città!
Oggi ci troviamo a Castello, il secondo sestiere a cui dedichiamo la puntata, musicalmente molto celebre per l’Ospitale della Pietà dove insegnava e componeva Antonio Vivaldi.
Sono davanti alla Chiesa di San Giovanni e Paolo, di cui stiamo ascoltando le campane, e sto aspettando il mio collega veneziano Giovanni Mancuso che abita da queste parti.
Ecco, mi sembra che stia arrivando…
ANDREA LIBEROVICI
Ok eccoci!
GIOVANNI MANCUSO
Ah ma così… “alla brut”
ANDREA LIBEROVICI
Sì…c’è la fisarmonica…siamo in Campo Santi Giovanni e Paolo…
G.M
Ma di cosa dobbiamo parlare?
A.L
Questa sì che è una domanda interessante! Allora, l’interrogativo che sta intorno a tutto questo progetto è in che modo percepisci o non percepisci questo grande strumento musicale che chiamiamo “Venezia”.
G.M
Ci sono due aspetti: uno è quello fisico, tecnico-acustico, l’altro è quello umano, sociale, ambientale.
Il primo che mi ha sconvolto è stato quello acustico. Uno dei primi “shock acustici” l’ho avuto da bambino quando andavo a lezione di pianoforte: facevo la strada da solo e mi fermavo in Riva di Biasio (proprio dove c’è la SIAE guarda caso…), dove c’era un piccolo pontile che sporgeva sull’acqua, e restavo un bel po’ ad ascoltare lo sciabordio.
A.L
Come si ascolta un pezzo di musica.
G.M
Esatto. Mi sembrava una cosa naturale stare ad ascoltarlo, era proprio una specie di appuntamento con il suono.
E l’idea dei suoni contenuti in questa grande casa che è Venezia l’ho sempre vissuta dentro di me come un qualcosa di importante. Poi a un certo punto della mia vita, quando già scrivevo musica, ero molto attratto dagli oggetti, dalla loro fisicità, dal costruirli per poter “toccare i suoni”.
A.L
E come entra tutto questo (se ci entra) nella tua musica?
G.M
Io non mi sono mai occupato della spazialità dei suoni, anche perché non ho mai lavorato approfonditamente con l’elettronica. Mi attira questa dimensione un po’ casalinga-artigianale dell’ambiente sonoro ed è qui che entra in gioco l’aspetto sociale: Venezia è una specie di estensione della tua casa e le relazioni umane che si sviluppano al suo interno sono molto diverse rispetto a qualsiasi altra città. Io ho lavorato molto negli spazi di questa città e ogni volta cercavo di andare ad “abitarli” con il mio gruppo, con i mei amici. L’ho sempre vissuta come una dimensione collettiva, familiare…
{ Musica }
Quindi è così che ho sempre abitato questo luogo. Forse anche illudendomi a volte, e lo dico perchè ho avuto diverse delusioni. In molti luoghi di Venezia dove ho cercato di costruire qualcosa per recuperarli e donarli a un’idea di convivialità nel fare musica insieme, sono sempre arrivato fino a un punto oltre il quale, per motivi stupidi spesso legati alle istituzioni, venivo bloccato.
A.L
Ad esempio?
G.M
L’ultimo più eclatante è stato con la Torre di Porta Nuova dell’Arsenale, che è una cosa scandalosa! Questo luogo bellissimo è stato restaurato, insieme a molti altri del circuito spazi post-industriali europei, grazie a specifici fondi UE stanziati perché venisse recuperato per la cultura e la vita cittadina. Il fatto è che, mentre in tutti gli altri sono state costruite biblioteche e spazi culturali, il nostro è l’unico luogo semi-abbandonato, tranne per le feste di matrimonio di qualche sceicco ogni tanto. Noi avevamo fatto un festival, durato sei mesi, con Charlemagne Palestine, Lukas Ligeti e molti altri…
A.L
Finanziati in che modo?
G.M
Autofinanziati e con il sostegno dell’Arsenale S.p. A., che poi è stato chiuso. Dopo di che è finita: hanno chiuso tutto senza neanche dare risposte o indire un concorso di idee. E questo è uno dei tantissimi esempi veneziani di spreco. Poteva essere un polo culturale per tutti in un luogo meraviglioso della città, dove c’è una dimensione acustica straordinaria, e invece è abbandonato da anni.
Venezia da questo punto di vista è una città che ti delude continuamente. Sono stato un gran “fesso” a restare qui. Non so…
A.L
Io sono scappato molto giovane ma, come diceva un mio amico, tutto il mondo è palese…
{ Musica }
G.M
Secondo me Bruno Maderna [importante compositore del Novecento, ndr] è stato il personaggio veneziano musicalmente più bello che abbiamo mai avuto! Per la sua idea di gioco, di leggerezza, d’ironia…
A.L
Ho realizzato solo l’altro giorno che Musica su due dimensioni è stato forse il primo pezzo in cui ha abbinato l’elettronica con gli strumenti tradizionali se non mi sbaglio….
G.M
Esatto.
Uno degli aspetti più belli della figura di Maderna era l’intuizione, la velocità e la semplicità con cui realizzava le sue partiture.
Mi è capitato spesso di fare delle piccole conferenze, come introduzione all’ascolto, per i concerti della Fenicie e una volta, tra i vari pezzi della classicità, c’era anche un bellissimo brano di Maderna: Biogramma. In pratica non ho fatto altro che spiegare ciò che, leggendo la partitura, si comprende con una chiarezza impressionante. Dopo venti minuti alcune signore del pubblico erano entusiaste di quella musica! Perchè ha un modo di essere palese, semplice (c’è la melodia, il canto…) e allo stesso tempo rigorosa. Sono tutte cose che traspaiono nelle sue partiture e che puoi comunicare a qualsiasi persona mediamente intelligente. Questi per me sono i geni, perchè parlano da soli.
A.L
E questa purtroppo è l’assenza assoluta di politica culturale che c’è in questo paese. Perchè tutto ciò che chiamiamo ancora “musica contemporanea” se fosse illustrato diventerebbe un’occasione per scoprire cose nuove.
G.M
Sì, basta nulla ed è semplicissimo! Infatti io che insegno qui a Venezia ho molto a cuore questa dimensione della comunicazione, della “semplificazione” di musiche considerate “durissime” all’ascolto. Ma sono convinto che se La Fenicie facesse esuguire, ad esempio, Trans di Stockhausen sarebbe un successo! Invece che Traviate e Bohème in continuazione bisognerebbe fare pezzi come Aventure di Ligeti, perchè sono musiche spettacolari, immerse nel nostro tempo, piene di vita! Non riesco a capire come ci sia un’aura di “mal di testa” intorno a queste opere, soprattutto a Venezia, se pensiamo che proprio qui, in questo tratto, è passato il feretro di Stravinskij.
{ Musica }
Qui la musica senza confronti è quella degli Ospedali.Ve ne sono quattro, tutti popolati di fanciulle bastarde, oppure orfane, oltre a quelle che i genitori non sono in grado di mantenere. Esse sono allevate a spese dello stato ed esercitate unicamente ad eccellere nella musica. Perciò cantano come angeli e suonano il violino, il flauto, l’organo, l’oboe, il violoncello e il fagotto; insomma non c’è strumento, per quanto grosso, che riesca ad intimidirle. Vivono in clausura come le monache. Soltanto loro partecipano alle esecuzioni ed ogni concerto può contare su di una quarantina di ragazze.
Vi giuro che niente eguaglia il diletto di vedere una monachella giovane e carina, vestita di bianco, con un mazzolino di fiori di melograno all’orecchio, dirigere l’orchestra e battere il tempo con tutta la grazia e la precisione immaginabili.
Charles de Brosses, Lettere familiari scritte dall’Italia, 1739
Questa voce, che ho fatto emergere dal Settecento, l’ho voluta per raccontare l’attenzione alla musica propria di questa città, per cui è ancora più stridente che proprio a Venezia venga chiuso l’unico negozio di strumenti musicali anch’esso a Castello.
Ne parliamo con Claudio Zaggia, l’ultimo proprietario del celebre Ivo Regazzo. Strumenti musicali sempre continuando a camminare in Campo San Giovanni e Paolo.
A.L
Questa trasmissione che sto costruendo parte dal presupposto che, come sappiamo, ormai dopo il Novecento tutti i suoni dell’ambiente sono anche materiale per fare musica volendo e quindi, a questo punto, Venezia diventa un grande strumento musicale.
CLAUDIO ZAGGIA
Sicuramente. Abbiamo tutti i suoni possibili e immaginabili qui: dagli uccellini al vociare umano…
A.L
Io ricordo il tuo negozio di strumenti: l’unico, di fatto, a Venezia.
C.Z
Diciamo di sì. È un negozio storico. Ha cominciato nel 1960 sotto nome di Ivo Regazzo e ha accolto per anni le esigenze dei ragazzini della Beat Generation vendendo strumenti, come le chitarre elettriche e gli organi Hammond, che non si vedevano negli atri negozi. Dopo di che quando è morto il signor Ivo sono subentrato io, ho resistito sei anni e mezzo e adesso, un po’ per la concorrenza dei negozi online, ho dovuto chiudere. Pazienza! Si chiude purtroppo anche un’epoca, che è stata lunga perchè prima del negozio c’era una scuola di musica…
A.L
Ah, quindi è sempre stato un luogo deputato alla musica!
C.Z
Esatto, e c’era il maestro Grossato. Io sono nato nel 1962 quindi non ho fatto a tempo a vedere la scuola perchè Ivo è arrivato nel 60, ma questo insegnante era il padre di Bruno Maderna, il quale però ha voluto di adottare il cognome della madre.
{ Musica }
Nel corso degli anni in negozio sono passati Ornette Coleman, Keith Richards, Billy Joel…
A.L
Mi ricordo che proprio recentemente (forse l’anno scorso) mi avevi detto che Bruno Maderna veniva nel retrobottega di questo spazio a dare o a prendere lezioni di solfeggio, se non sbaglio…
C.Z
Quello che so per certo è che il negozio, già molto piccolo, allora era diviso in quattro stanzette piccolissime dove c’era una confusione pazzesca: c’era chi studiava solfeggio, chi fisarmonica, chi pianoforte! Ma non saprei quale fosse stato il ruolo di Maderna in quegli anni. Tutte queste storie me le ha raccontate Ivo… Una volta gli ho chiesto se aveva delle foto da mostrarmi ma lui mi disse che purtroppo le aveva prestate a un giornalista di un quotidiano, che doveva scrivere un articolo, e che oltre a non aver scritto nulla si era pure tenuto le foto.
A.L
Ma chi frequentava il negozio, oltre a queste grandi star di cui mi hai parlato?
C.Z
Alcuni musicisti dell’ambito “classico”, i Solisti Veneti, gli allora ragazzini della band Pitura Freska, e altri complessi musicali… Insomma, è passato di tutto! Io non ho fatto a tempo a vedere il “periodo d’oro” del negozio ma sicuramente ho visto quello d’“argento” e ricordo la gente che aspettava fuori per entrare! Anche perchè non era molto comodo andare a procurarsi gli strumenti fuori Venezia…
{ Musica }
A.L
Tu mi dicevi che c’è un liutaio qui vicino?
C.Z
Sì, non conosco bene la posizione ma qui vicino ha aperto il laboratorio un liutaio che si chiama Guaraldi. Il liutaio è un po’ come il medico: vai da quello di cui ti fidi di più. Tutti i violinisti della Fenicie che conoscevo andavano a Padova, magari anche questo è molto bravo ma è poco conosciuto. Ormai è rimasto solo lui a Venezia solo che non ha un vero e proprio orario di negozio. Alla fine l’ultimo laboratorio fisso è stato quello che si trovava dietro a La Fenicie, poi il proprietario è morto e nessuno ha più preso il suo posto.
…continua…a domani! A.
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