Musica
Tutto sta nel sapersi accettare: l’invito di NuElle nell’ultimo singolo
“Free To Be Wrong”, il secondo singolo di NuElle è uscito il 18 ottobre su tutte le piattaforme digitali
Lo scorso 18 ottobre è uscito “Free To Be Wrong”, il secondo singolo di NuElle. Un brano dal sapore di libertà, come si può facilmente intuire dal titolo. Melodie pop abbracciano un po’ di R&B e di Soul, elementi che rendono il brano elegante e contemporaneamente coinvolgente. “Free To Be Wrong” è un invito al sapersi accettare. È un invito ad essere noi stessi lasciandoci scivolare addosso i pregiudizi della società. Il brano è stato scritto dallo stesso NuElle diversi anni fa quando lui stesso faticava ad accettarsi. Una dedica a se stesso e a tutte le persone che si sentono intrappolate in schemi che non gli appartengono.Il brano è accompagnato anche da un videoclip dove NuElle si libera fisicamente e metaforicamente dei vestiti imposti dalla società per essere finalmente se stesso. NuElle, pseudonimo di Emanuele Natale, è un cantautore campano classe 1995. Cresce in una famiglia in cui la musica è pane quotidiano, tra il padre e il fratello entrambi musicisti ed esperti di strumenti a corda. Si avvicina allo studio del pianoforte fin dalla tenera età, ma è solo durante gli anni del liceo che scopre quello che ritiene essere il suo vero strumento: la voce. In questa intervista rivela i messaggi contenuti nella sua musica e nell’ultimo brano.
Nel nuovo brano affronti il concetto di libertà: cosa significa per te essere libero?
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Essere liberi per me significa non lasciare che niente o nessuno condizioni il nostro umore, le nostre scelte, che niente scalfisca la nostra serenità, e concedersi di vivere pienamente tutte le emozioni che ci percorrono.
Quanto a tuo avviso oggi la musica si può definire libera?
Se parliamo in termini di mercato credo che non ci sia molta libertà. Mi sembra che gli artisti oggi debbano sottostare a determinate regole di produzione, che sia nella composizione o nel sound, perché è l’unico modo per compiacere il pubblico del mainstream. Va da sé che molti sono disposti a sacrificare parte della propria identità, omologandosi allo standard che funziona di più, solo per fare grandi numeri e per riuscire a tirare avanti, e non ci vedo molta libertà in questo. Forse la vera musica libera è quella che non ha come interesse primario quello di piacere a qualcuno, ma capisco che sia un concetto poco compatibile con l’idea di fare della musica una professione. In più, è anche vero che qualsiasi artista che pubblica la propria musica credo che abbia in cuor suo il desiderio che le sue canzoni piacciano anche ad altre persone, per cui se poi i consensi arrivano… ben vengano!
Come è nato il tuo nome d’arte NuElle e quale significato/messaggio racchiude?
Il mio nome d’arte è una specie di crasi del mio vero nome, Emanuele Natale, e infatti la N e la E sono maiuscole perché sono le mie iniziali. Oltre a ricalcare il mio nome, NuElle ricorda per assonanza la parola “Noël”, che in francese significa “Natale”, quindi il mio cognome. In più, mi piaceva l’idea di evidenziare la parola “Elle”, che sempre in francese significa “Lei”, come a sottolineare che in me, anche se mi identifico con il genere maschile, coesiste anche uno spiccato spirito femmineo che voglio accogliere e abbracciare.
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Quali sono le tue influenze musicali? Quanto ha influito essere figlio d’arte?
La musica che mi influenza maggiormente è quella di matrice afroamericana, in particolare il Soul in tutte le sue forme, da quello tradizionale degli anni ’60 e ’70 fino a quello contemporaneo. Non mancano però influenze legate al Pop Rock e al Piano Rock degli anni ’70 e ’80, fino ad arrivare al Pop più moderno e tutte le sue varianti. Alcuni dei più grandi artisti che per me rappresentano una profonda fonte di ispirazione sono Stevie Wonder, Otis Redding, Sam Cooke, Billy Joel, Elton John, i Queen, passando per le regine del Neo Soul Erykah Badu e Lauryn Hill, fino ad arrivare ad artisti poliedrici come Lady Gaga, che ha portato il Pop contemporaneo ad un nuovo livello di eccellenza e creatività.
In “Free to be wrong” affronti anche il tema del pregiudizio: quanto ha limitato le tue scelte?
Tantissimo. La cosa peggiore è che non è stato neanche il pregiudizio in sé a limitarmi, ma la mia paura del pregiudizio, che è diverso. Per tanto tempo ho temuto quello che le altre persone potessero pensare di me, e in molti casi ho lasciato che questo condizionasse anche le mie scelte.
Sei anche un insegnante di canto, in che modo cerchi di trasmettere ai tuoi studenti valori come la libertà?
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Spesso i miei allievi, com’è naturale che sia, non riescono a lasciarsi andare del tutto per la paura di commettere degli errori o per l’imbarazzo. Cerco sempre di trasmettere loro l’idea che è proprio quella paura a limitarli, che la nostra aula è un luogo sicuro in cui esplorare liberamente la propria voce come riflesso di se stessi, mettersi anche in ridicolo, fare o dire cose superando il senso di vergogna, e soprattutto che io sono lì con loro non per il piacere di giudicarli male, ma per aiutarli a sprigionare il loro potenziale, a conoscersi e anche a divertirsi.
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