Musica

Tra musica e mare: DILE si racconta attraverso il nuovo album “Migliore di me”

19 Giugno 2023

Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con uno dei migliori esponenti della scena indie italiana. Il 9 giugno è infatti uscito “Migliore di me”, il nuovo album del talentuoso cantautore DILE. L’album si compone di 12 tracce ed è stato anticipato dall’uscita di “Ti capita mai”, pubblicato a maggio.

Chi è DILE

Francesco Di Lello, in arte DILE, è un cantautore abruzzese. La sua passione per la scrittura nasce fin da giovanissimo come esigenza di esprimersi e raccontarsi. Inizia così a comporre le sue prime canzoni e a portarle in giro. Nel 2019 inizia il suo percorso discografico con OSA e Artist First pubblicando il suo brano d’esordio “Perdersi” e i singoli “Rewind”, prodotto da Federico Nardelli (già produttore di Gazzelle e di Ligabue), e “Fino alle sette”. Durante la quarantena del 2020 realizza il video di “America”, interamente girato con Efrem Lamesta tra le mura di casa, ottenendo un successo tale da portarlo alla pubblicazione, qualche mese dopo, di “Tangenziale”. Nello stesso anno pubblica l’album “Rewind”, che ad oggi supera 12 milioni di ascolti, e il singolo “Maledetti noi”. Torna sulle scene nel 2022 con i singoli “Mondocane”, con il quale mostra nuove sfumature della sua musica, e “Duemilaventi”, che conquista la cover di Indie Italy su Spotify. Nell’estate 2022 DILE si esibisce in una serie di concerti in tutta Italia e a settembre torna con “Quando vedo te”. Conclude l’anno con “Che mettevi sempre” insieme a Federica Carta.

Il 2023 si apre invece con il singolo “Marciapiedi”, uscito a marzo, e prosegue con “Ti capita mai”, brano con cui l’artista ha annunciato l’uscita del nuovo progetto discografico.

Ad oggi i singoli di DILE hanno totalizzato oltre 9 milioni di stream su tutte le piattaforme digitali.

L’album

In “Migliore di me” si svela un viaggio intimo e universale. Attraverso testi incisivi e melodie avvolgenti, DILE, abile narratore delle proprie esperienze, trasforma il personale in qualcosa di condivisibile, offrendo uno sguardo nuovo su emozioni e storie universali. L’amore, il rimpianto e i ricordi di un passato che non può tornare sono i temi che permeano l’album, creando un’atmosfera malinconica in contrasto con sonorità fresche, ritmate e pop che caratterizzano le melodie. Un contrasto che rende la raccolta ancora più coinvolgente ed emozionante.

Le canzoni presenti in questo album sono:

  1. “Sceneggiatura”;
  2. “ti capita mai”;
  3. “Mondocane”;
  4. “Sotto casa tua”;
  5. “Chiacchiere”;
  6. “Quando vedo te”;
  7. “Non sorridi mai”;
  8. “Marciapiedi”;
  9. “Che mettevi sempre” feat. Federica Carta;
  10. “Duemilaventi”;
  11. “Fine serata”;
  12. “Migliore di me”.

L’intervista

Ciao Dile, prima di partire vorrei chiederti l’origine del tuo nome d’arte.

Il mio nome d’arte non ha una storia così particolare come avrei voluto, ma è semplicemente l’abbreviazione del mio cognome. Sono abruzzese e da noi, come in gran parte del Sud, si abbrevia qualsiasi cosa. I miei amici anzi che chiamarmi Di Lello mi chiamano DILE. Un nome che ormai mi è rimasto addosso e nel quale mi riconosco, praticamente solo mia mamma mi chiama Francesco.

Hai nominato tua madre, ma io voglio chiederti anche di tuo padre e della sua passione per Battisti. L’amore per la musica nasce anche grazie a lui?

Mio padre era una persona molto colta, ma molto rigida e lontana dalla musica. Diciamo che più che “farmelo ascoltare” lo ascoltava lui, e io apprendevo da quello che oggi è uno dei miei riferimenti.

Ricordo i viaggi in macchina mentre ascoltava una raccolta di Battisti di cui tuttora non ricordo il nome. Grazie a quella cassetta arancione ho imparato quasi tutte le canzoni a memoria. Senza volerlo mio padre, in quei viaggi e con quelle canzoni, stava mettendo le basi di quella che sarebbe stata la mia vita.

Nell’album c’è una canzone, che poi è quella che da il nome al progetto, che è dedicata proprio a mio padre che purtroppo non c’è più.

Ho scritto questo pezzo un mese fa e l’album è uscito poco dopo. A livello di tempistiche avere un pezzo cosi tra le mani è stato complicato, ma il produttore e la casa discografica hanno fortemente voluto pubblicarlo.

Un tema diverso da quello delle altre canzoni, che però ha dato il nome all’intero progetto.

Il pezzo ha dato il nome all’album, ma io inizialmente non volevo parlare di mio padre. In questi giorni sto invece metabolizzando che sarebbe un peccato non far capire questa canzone, che mi piace chiamare il “trova l’errore”, un pezzo che non ti aspetti se ascolti un album in cui le tematiche sono quelle legate all’amore.

Qui invece è un tema diverso, arrivato a schiaffo di notte con un’arroganza incredibile e che non sono stato in grado di fermare.

Migliore di me” è il primo pezzo che scrivo su mio padre dopo diversi anni che non c’è piu, e sono fiero di aver fatto uscire un lato di me che ho sempre cercato di nascondere o abbellire attraverso altre canzoni che fanno parte della mia vita quotidiana, ma che nascondevano qualcosa.

La scelta di averlo messo come ultima traccia dipende dal fatto che non è un pezzo per tutti, ma è importante che chi mi vuole conoscere arrivi sino in fondo senza fermarsi ai singoli. Se vuoi rompere il muro devi arrivare alla fine e se ci arrivi o ti piaccio o no, ma intanto mi hai conosciuto.

Come mai hai scelto di diventare un cantautore in un momento in cui i giovani fanno molto rap? Ti sei ispirato al cantautorato italiano più attuale? Penso ad esempio a Samuele Bersani.

Hai beccato in pieno il mio idolo vivente.

Ho avuto diverse influenze e sono stato fortunato ad ascoltare e conoscere tanta musica. Da Battisti crescendo sono passato a Dalla e ho avuto una forte influenza cantautoriale. Poi verso i 14 anni ho scoperto Kurt Cobain e per un periodo ho ascoltato solo i Nirvana che mi hanno affascinato con una forma di espressione completamente diversa, da cui ho imparato come le parole, il modo di cantare o anche semplicemente tre accordi possano riuscire a trasmettere un mondo. Alla fine sono passato a Bersani e li si è concluso il mio quartetto di stimoli adolescenziali.

In realtà non ho scelto di diventare cantautore e già da piccolo avevo il “vizio” della scrittura. Questa mia particolarità mi faceva sentire diverso perchè non mi interessavo di calcio o playstation, ma per sfogarmi o eliminare un peso sullo stomaco ero capace di scrivere quaderni interi.

Crescendo ho imparato l’importanza di scrivere. Un esempio: il pezzo che ho scritto su mio padre non l’ho cercato, ma quando è arrivato è stato come una seduta di psicoterapia.

Quindi tutti i tuoi pezzi nascono così, da questa necessità che non scegli, ma arriva.

Esatto. Sembra strano, quasi magico, e sembra scontato dire che è una necessità, ma a volte le cose scontate sono le più vere.

Non c’è stato un giorno in cui ho deciso di fare il cantautore, immagino sia cosi per chi lo fa per il giusto motivo. Fare il cantante è un mestiere che sto provando a fare ed è molto difficile, ma se non hai qualcosa che ti spinge, e al quale non riesci a dare un nome, è meglio non farlo. In Abruzzo si direbbe “manca la carne“.

A proposito: dall’Abruzzo a Milano. Come è stato spostarti dalla tua terra e come ha influito sulla tua creatività? Te lo chiedo perchè ascoltando il tuo album ho capito la centralità del mare che, a differenza di Francavilla, a Milano manca. Scrivi mai a Milano?

Sono uno dei pochi fortunati che riescono a fare avanti e indietro e vedere il mare molto spesso, e infatti l’album è stato scritto tutto in Abruzzo. Milano è troppo frenetica e veloce se vuoi metterti in contatto con te stesso, e scrivere qualcosa di sincero. Lì scrivo poco e quei pezzi non sono entrati nell’album.

Il mare ha qualcosa di speciale e ha un ruolo gigante nei miei brani e nella mia vita.

Si vede e si sente.

Che bello. Mi fa molto piacere che si noti perchè io adoro le mie origini.

Sono nato al mare, la prima sigaretta l’ho fumata al mare, la prima ragazza l’ho portata a fare una passeggiata al mare. Il mare ha accompagnato ogni momento della mia vita e quando mi sono allontanato ho sempre avuto l’esigenza di tornare. Oggi ho trovato un equilibrio in cui riesco a frequentare Milano per il lavoro, per poi tornare al mare in continuazione per scrivere.

Il mare è il primo posto in cui vado quando torno in Abruzzo, ancora prima di tornare a casa.

Come hai vissuto la pandemia e quanto ha influito sui tuoi progetti?

È stato, senza ombra di dubbio, uno dei momenti peggiori della mia vita, e in primis ha avuto un effetto negativo sulla mia musica.

Stavo per pubblicare il mio primo album ed è stato rimandato di nove mesi, avevo programmato un tour che è stato annullato, ma la cosa peggiore è stata che per circa sei mesi non ho scritto una parola. Tutti pensavano che quel tempo potesse essere utile almeno per la scrittura, ma non avevo stimoli perchè l’isolamento mi aveva impedito di poter prendere le idee e le emozioni che solitamente cerco intorno a me.

Per fortuna sono riuscito a tornare in Abruzzo e non ho lasciato sola mia mamma, ma ho sofferto molto. Penso che gli strascichi di quel trauma li porteremo addosso per molto tempo. Il covid dal punto di vista umano ha fatto uscire la solitudine, la depressione e i mostri di ciascuno.

Passiamo a qualcosa di bello. Come è nata la collaborazione con Federica Carta?

In realta è nata in una maniera tanto stupida quanto naturale. Ci siamo scritti su Instagram e abbiamo deciso di vederci in studio. Ho iniziato a suonare “Che mettevi sempre” e Federica si è innamorata di questo pezzo che avevo scritto tempo prima.

Abbiamo iniziato a giocarci e Federica ha cantato il ritornello. Dal primo momento in cui ha cantato ho avuto i brividi e abbiamo subito deciso di farla insieme. Il giorno dopo ho chiamato Jacopo Senigallia, il mio produttore,  e gli ho chiesto di venire in studio per lavorarci.

La cosa bella della collaborazione con Federica (che è una persona vera e disponibile) è che siamo rimasti molto amici e ci sentiamo molto spesso. Questo è il bello che la musica a volte può fare: lasciare qualcosa di bello in due persone che si trovano.

Il video di “Ti capita mai” è girato in “prima persona” dalla protagonista. La scelta è stata tua? Cosa volevi rappresentare?

Questo è un pezzo fuori dalle mie corde dove non ho parlato di amore, ma di quello che ho imparato dalle donne. Ho preso spunto da mia madre, dalla mia migliore amica, dalle donne che hanno fatto parte della mia vita e dall’idea fantastica che ho dell’essere femminile.

Volevo che nel video si vedesse la giornata di una ragazza dal suo punto di vista, e infatti la protagonista appare solo una volta quando entra in bagno e si guarda allo specchio.

Il video in “point of view” è nato dalla mia passione per la ripresa, ma la cosa bella è che ho chiamato soltanto amici a cui ho dato un appuntamento per fare serata (come tante altre volte abbiamo fatto) con l’unico intento di vedere l’alba. Il video è quindi assolutamente spontaneo e non recitato o artefatto.

Quale pezzo sceglieresti per rappresentare il filo conduttore dell’album?

Sono sempre in difficoltà a scegliere un pezzo o un film preferito. Le mie preferenze cambiano continuamente perchè dipendono dall’umore e dal momento. Oggi sono felice e ti direi “Ti capita mai“,ma magari domani sceglierei “Sotto casa tua” e dopodomani “Migliore di me“. Un filo conduttore vero e proprio non c’è.

È previsto un tour?

Sono previsti diversi live, ma chiamarlo tour dopo quello che è successo con la pandemia mi fa sempre paura.

Ci saranno delle date a Piacenza e in Emilia, a Milano, ma anche in Campania e Calabria.

Lo scopo principale dei live è vedere che effetto fanno le canzoni sulle persone perchè almeno la metà dei pezzi nuovi non li ho mai cantati. Bisogna capire anche come io stesso reagisco e imparo a conoscere i pezzi dopo che sono passati mesi dalla scrittura.

Cantare i pezzi vuol dire riviverli anche grazie alle emozioni che provochi nel pubblico. Le canzoni entrano nella vita delle persone e hanno un loro tragitto, il mio scopo adesso è andare a vedere che tragitto hanno preso.

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