Musica

Testa o pancia? Come ti convinco a finanziare il jazz…

13 Giugno 2016

Tra le esigenze più pressanti che chi organizza spettacolo da vivo c’è, oggi più che mai, quella di individuare le strategie più efficaci per trovare e convincere interlocutori (pubblici e privati) che possano sostenere economicamente l’iniziativa.

Problema ancor più sentito nel mondo del jazz, che – nonostante un netto miglioramento complessivo del supporto nel 2015 e a dispetto di una diffusione capillare in ogni angolo della penisola – si prende una percentuale di FUS che si aggira attorno alla risibile percentuale del 2%…

Se n’è parlato lo scorso fine settimana al festival Novara Jazz, che ha organizzato – nell’ambito del progetto Hangar Piemonte – una giornata di formazione sui temi dell’impatto economico e sociale del jazz e del fund raising.

novara

Sono temi su cui c’è già ampia letteratura e che però, in Italia, necessitano di essere spesso ribaditi, dal momento che l’intero “sistema” è ancora pesantemente ancorato a modalità (e scorciatoie) il cui drammatico anacronismo racconta meglio di ogni aggettivo il ritardo culturale della nazione.

La prima parte del convegno è stata curata da Severino Salvemini, docente di grande esperienza in ambito di management della cultura (insegna alla Bocconi) e anche appassionato di jazz. Pur mantenendosi in un ambito generale – con un’ottima capacità di sintesi – l’intervento di Salvemini ha sottolineato l’importanza del monitoraggio dell’impatto di un’iniziativa culturale sul territorio, impatto non solo in termini di indotto (diretto e indiretto), ma soprattutto di patrimonio cognitivo e coinvolgimento della comunità.

salve

(E già qui, a chi ha esperienza di riunioni con un certo, assai frequente, tipo di assessore o funzionario, non può non sfuggire un certo sospiro di sfiducia….)

Il lavoro di analisi dell’impatto, ha proseguito Salvemini, deve essere prima di tutto preventivo (quanti “certificano” fieramente a giochi fatti le meravigliose – e spesso difficilmente verificabili – ricadute economiche della loro iniziativa, appuntandosi al petto la medaglia di latta di moltiplicatori sopravvalutati?) e tenere conto delle variazioni, sia qualitative che quantitative degli aspetti economici, sociali e culturali.

Severino Salvemini

Interessante anche ricordare quanto l’investimento culturale in un territorio accresca la cosiddetta “offerta simbolica”  e la capacità di attrarre talenti da altri luoghi del mondo, elemento di potenza dirompente nel valore di una progettualità e talvolta percepita erroneamente in piccolo o grande conflitto con gli interessi (vedi alla voce miopia) di politici e artisti locali.

Nella discussione che è seguita all’intervento, Salvemini non è sembrato avere dubbi: se ti siedi davanti all’assessore o a un potenziale sostenitore con in mano la logica inoppugnabile di una valutazione di impatto seria e autorevole (quelle ben fatte costano e di media se le può permettere solo chi ha già una certa “posizione”, ma tant’è), le possibilità che il tuo festival trovi i denari sono buone.

Rovescia l’impostazione – non so quanto volutamente nell’idea originale degli organizzatori, ma l’accostamento è notevole – l’intervento sul fund raising curato da Valerio Melandri, docente del master dell’Università di Bologna e fondatore del Festival del Fundraising.

Valerio Melandri

Melandri è oratore di qualità davvero rare: divertentissimo (a tratti esilarante) e efficace nello smontare alcuni errori comuni e nel fornire – a volte anche con eccessiva fiducia – chiavi di lettura spiazzanti per impostare il rapporto con sponsor e sostenitori.

Ha voluto con forza chiarire all’uditorio che si osa troppo poco e che la capacità di “creare un caso” interessante per ottenere attenzione e fiducia di sostenitori economici è un’arte che in molti casi va contro a quello che l’operatore culturale medio è abituato a dare per scontato.

In questo Melandri mette il dito in una piaga piuttosto evidente: la difficoltà del settore nel rivolgersi a potenziali sponsor e supporter attraverso un discorso emozionale, quando invece la prassi – assai poco proficua – è quella di dare per scontato che un progetto (invitare l’artista tale o fare un determinato tipo di musica)  sia percepito come interessante o, addirittura, di dare l’impressione di voler “educare” – per quanto in buona fede – l’interlocutore.

conveg

L’azione di fund raising è qualcosa di più simile a quella di un evangelizzatore che non a quella del pignolo sciorinatore di dati, Melandri si accalora ed è tutto un fiorire di “emozionare”, “adottare”, “entusiasmare”, salvo ammettere alla fine che, comunque (e non potrebbe essere altrimenti), una buona azione di fund raising richiede soldi – pagare uno che lo sappia fare – o molto tempo, due elementi che spesso nel mondo del jazz non sono tra i più abbondanti.

Allora? Testa o pancia? Sembra una domanda alla “petto o coscia” del macellaio, in realtà l’impressione che si ha dopo la giornata di approfondimento (seguita giustamente con grande interesse da musicisti e operatori nazionali, convenuti a Novara) è che da un lato le indicazioni di Salvemini e Melandri siano non solo molto interessanti, ma anche vadano a toccare nervi scoperti del settore. Dall’altro non c’è dubbio che l’intero comparto sconti inadeguatezze strutturali cronicizzate (molti amministratori pubblici hanno della cultura una concezione di paralizzante conservatorismo e “eventismo”) e che in molte situazioni sia che si scelga la pancia o la testa, alcune difficoltà sono difficili da eliminare a breve scadenza.

 

C’è però un mondo del jazz in Italia – l’associazione del Festival IJazz, quella dei musicisti MIDJ, nuove realtà associative e musicisti che pian piano stanno sempre più interessandosi di queste tematiche – che si sta (pur con qualche fatica) muovendo per acquisire quel livello di consapevolezza e di strumenti che consenta di dialogare con le istituzioni e l’Europa con un po’ più di convinzione e autorevolezza.

E che all’alternativa testa o pancia potrebbe aggiungere anche qualcosa che sta a metà strada e che il jazz conosce bene.

Il cuore.

 

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