Musica
Se Elio Germano legge il sogno di una cosa di Pasolini
CATANIA. Come dicono simpaticamente a Roma, famose a capì: si può fare uno “spettacolo” proponendo al pubblico una lettura dal vivo di un testo letterario o di qualunque altro tipo? Sì, si può fare tranquillamente. Uno spettacolo così può essere definito teatro? La questione è dubbia. E non perché nel leggere un testo dal vivo non possa brillare la bravura di un attore nel darsi al pubblico e nell’usare alcuni degli strumenti espressivi più preziosi del suo mestiere. Affatto: nel leggere un attore può attraversare e proporre tutta la gamma dei colori, delle tonalità, dei timbri e delle sfumature dell’emotività umana, ma non può sbagliare perché si appoggia al testo scritto e allora, se non può sbagliare, anche se è un grande attore, non sta “agendo” ma, appunto, sta leggendo, il che – almeno a parere di chi scrive – è un’altra cosa rispetto al teatro. Il senso della mimesi artistica non sta nell’accadimento teatrale ma, se c’è, sta nella letteratura. Se non puoi sbagliare, se resti seduto o stai fermo davanti a un leggìo, non agisci e l’emozione che comunichi al pubblico è un’amplificazione di quella insita nel testo che stai leggendo: si possono realizzare gesti, pause, sollecitare emozioni ma il teatro resta altrove. L’emozione del teatro passa dal corpo dell’attore e dalla struttura dinamica e materiale di un’azione, non soltanto dalle parole (anche quando l’azione, paradossalmente, è quella del narrare). Siamo proprio sicuri di questa cosa? Ovviamente no, come è giusto che sia quando si parla e si scrive di cose d’arte. Ci lasciamo il beneficio del dubbio, però modestamente preferiremmo anzi, rispettosamente, desidereremmo che quando ci troviamo di fronte a una locandina in cui è annunciato uno spettacolo con i nomi di grandi attori, grandi musicisti e il testo grandi autori e/o persino riconosciuti maitres a penser si potesse leggere esplicitamente, apertis verbis, in maiuscolo e in grassetto se possibile, di che cosa si tratta esattamente: di uno spettacolo teatrale tradizionalmente inteso o di una lettura (lettura espressiva da seduti, lettura da leggìo, recital, mise en espace, mise en lecture).
Una semplice lettura va benissimo, anche appassionata, raffinata, sofisticata, emozionata, impegnata, militante, interessante, rinfrescante, urticante, accaldata, annoiata, pensierosa, misteriosa, ognuno usi l’aggettivazione che vuole. Poi magari uno spettatore, quella lettura non aspetta di sentirla in radio o via podcast (operazioni e produzioni raffinatissime e benemerite), prende X euro (magari l’incasso della giornata precedente passata a recapitare pizze in moto on in bici in giro per la città) e si compra il biglietto per una serata live a sentire Pasolini. E lo fa per tanti motivi: perché è estate, perché è bello uscire e stare al fresco, perché magari due artisti come Elio Germano e Theo Teardo sono così bravi, intensi e piacciono per le cose che creano e portano in scena, perché Pasolini (capolavoro o no) è Pasolini e va da sé che bisogna andare, perché quando Elio Germano, che resta per lo più seduto, lascia cadere a terra, uno a uno, i grandi fogli del testo che va leggendo, quando suona una piccola fisarmonica tradizionale (una nota lunga, dolorosa, straniata che chissà da quale ferita o anfratto dell’anima la sta traendo) o, ispirato, dà un tocco a una campana allora sì che, incredibilmente, ci si emoziona e si trova il modo di riflettere sulla profondità politica e profetica di quel testo. Ovviamente Teardo, anche lui presente in scena, anche lui sempre seduto, con davanti il suo lap top e fili e spinotti e ancora campane da colpire o sfiorare, resta un autentico geniaccio della musica elettronica e studia, crea, elabora, disegna, produce e riproduce tappeti, commenti e paesaggi sonori che ti prendono per mano e ti portano dovunque lui voglia e abbia deciso di portarti. Non è molto evidente il motivo perché debba stare in scena, però è bravo, affascinante e deve bastare, senza troppe domande. Amen. E poi c’è Pasolini che con il romanzo “Il sogno di una cosa”, dell’immediato dopoguerra ma pubblicato nel ’62, fotografa con un affascinante affondo narrativo un’Italia povera (più precisamente il Friuli, la terra in cui nasce l’immaginario poetico di questo autore) che ritiene giusto e necessario lottare e in cui il comunismo è un mito di liberazione e di lavoro giusto per tutti, un’ideale per cui provare a trasferirsi in Yugoslavia, e per il quale partecipare a sanguinose rivolte contadine contro lo sfruttamento da parte dei padroni. Queste riflessioni vanno in margine a “Il sogno di una cosa”, recital liberamente tratto dal romanzo omonimo di Pier Paolo Pasolini (in «una versione di parole e suoni»). Di e con Elio Germano (lettura) e Theo Teardo (musiche). Uno spettacolo che ha debuttato nel giugno del 2022 al Campania Teatro Festival e si è visto a Catania, nel Palazzo della Cultura, Cortile Platamone, il 7 luglio 2023, nel contesto della stagione estiva di Zo – Centro culture contemporanee.
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