Musica

Reminiscenze: medicina dell’ anima. Il ricordo di Renata Tebaldi, voce d’angelo

19 Dicembre 2021

L’ omaggio ad uno dei più grandi soprano di tutti i tempi nell’anniversario della sua morte, ci viene reso dal professore Ermes De Mauro, laureato in lettere classiche e sociologia, appassionato e fine conoscitore di musica classica, in particolar modo della “Voce d’angelo” di Renata Tebaldi che tutto il mondo invidiò all’Italia, dal secondo dopoguerra in poi.  

 

Diciassette anni or sono, esattamente il 19 dicembre del 2004, moriva Renata Tebaldi, impareggiabile soprano, a San Marino, dove aveva voluto ritirarsi per volgere lo sguardo all’Adriatico selvaggio e a quel lembo di terra pesarese, che le aveva dato i natali.
Era nata, infatti, a Pesaro il 1 febbraio 1922 e, prima di debuttare con successo a Rovigo nel maggio del 1944, aveva studiato seriamente con una sua cugina insegnante di pianoforte, poi con la grande pianista Carmen Melis, la quale insieme con il compositore Riccardo Zandonai convinse la madre di Renata a non commettere il grave errore di privare l’arte e il mondo di una voce meravigliosa. In un certo senso la Tebaldi può considerarsi figlia d’arte, dal momento che il padre Teobaldo era violoncellista; ma quando i rapporti tra i genitori divennero molto tesi, perché alle orecchie della madre era giunta voce di un nuovo legame definitivo del marito con un’altra donna, la madre divenne l’angelo custode di Renata, la presenza continua, e le fu sempre accanto finché visse, anche dietro le quinte dei palcoscenici.
La giovane, che in seguito la morte privò prematuramente dell’affetto materno, ormai diva consacrata, riuscì ad accettare ed elaborare con coraggio e dignità il grave lutto, guardando innanzi senza esitazione, col miraggio di dedicare i suoi successi alla memoria di quella donna, che le aveva dedicato intera l’esistenza, e da allora le fu costantemente vicina la fedelissima governante.
Allorché  Arturo Toscanini tornò dall’America dove si era rifugiato per sfuggire alla violenza dell’infausto regime, durante una prova a “La Scala”, sentì levarsi dal coro una voce splendida, diversa dalle altre per la limpidezza e la rarità del timbro. Disse, gridando :”Fatemi vedere qual è questa voce d’angelo“; allora dal coro si fece timidamente innanzi, quasi tremante ( era ben noto il carattere burbero e severo di Toscanini, che incuteva terrore a tutti) una giovane alta, snella, dalla pelle chiarissima, di una bellezza ben delineata nei contorni del viso. Da quel giorno la Tebaldi mieté successi uno dopo l’altro in tutti i teatri del mondo, dai meno importanti ai più famosi: il Regio di Parma, l’Opera di Roma, la Fenice di Venezia , il San Carlo di Napoli, la Scala di Milano, il Metropolitan di New York. Si avverava così il presagio del celebre tenore Mario Del Monaco e se ne concretizzava il giudizio: “Nessuna voce è più femminile, più terrena, più morbida e sensuale di quella della Tebaldi”.
Il caso volle che il 4 maggio del 1946 Renata, ventiquattrenne, fosse di nuovo introdotta, ansiosa e trepidante, al cospetto di Toscanini, che certamente non si sarebbe aspettato di commuoversi dopo l’esibizione della Tebaldi ne “La mamma morta” dell’Andrea Chénier di Giordano e “L’ Ave Maria” dell’Otello di Verdi.
Un’altra testimonianza della predilezione squisitamente artistica dell’illustre Maestro per Renata Tebaldi ci è offerta da Giuseppe Valdengo, un eccezionale cantante lirico, nel suo libro “Ho cantato con Toscanini“- ” la voce della Tebaldi è paradisiaca, è una di quelle voci che ti entrano nell’anima, che ti vanno direttamente al cuore, è una voce pura, limpida, luminosa. Quando canta la Tebaldi, tutto è sereno, splende il sole, pare che da essa si sprigioni il profumo della primavera.” E sul pianoforte di casa Tebaldi faceva bella mostra di se una del celebre direttore con dedica:” A Renata Tebaldi coi più fervidi auguri di una luminosa carriera. Arturo Toscanini, settembre 1949″.
La voce ed un stile radiosi, l’originale potenza melodica, l’estensione, il timbro rarissimo, l’impeccabile fraseggio offrirono alla Tebaldi nell’arco di ben 34 anni fino al 1976, quando decise di abbandonare definitivamente le scene, il dono di cimentarsi in un repertorio vastissimo, che spaziava dagli autori classici ai romantici, ai veristi, sempre protagonista impeccabile anche nella padronanza scenica e con fedeltà rigorosa alla partitura.
In tutte le recite fu diretta da prestigiosi Maestri, ed ebbe partners di eccezionale talento: Bastianini, Corelli, Del Monaco, Di Stefano, Gobbi, Siepi, e tanti altri, per cui incontenibile era l’entusiasmo delle platee e degli incontentabili loggionisti dinanzi alla superbe interpretazioni di tante eroine del melodramma italiano e straniero: Aida, Leonora di Vargas, Violetta, Manon, Mimì, Tosca, Liù, Adriana e tante altre.
Per Renata un momento felice e rasserenante del suo mondo artistico fu quello del cosiddetto “riappacificatore” abbraccio con la Callas ; in realtà si trattò più di montature giornalistiche che di veri e propri contrasti o diverbi personali , perché entrambe le regine della lirica possedevano un dovizioso bagaglio di dirittura morale e di nobili sentimenti, che mal si conciliavano con molto di quello che fu detto e scritto.
La Callas, poi, pur avendo un forte temperamento, ma un’indole sensibile e generosa ,fu provata da tante immeritate delusioni e vicende dolorose, che ne fiaccarono il corpo e lo spirito fino alla morte prematura. E mi piace concludere con le parole del più serio, veritiero e documentato biografo della Tebaldi, il dottor VINCENZO RAMON BISOGNI, che fu sempre amico leale e fidato dell’artista: <<Secondo quello che scrive Dostoevskij,” è la bellezza che salva il mondo : la bellezza conquista e addolcisce, ingentilisce, suggerisce pensieri di vera civiltà e riesce a domare anche i cuori più duri”. Cantava perché per lei il canto è sempre stato la preghiera più bella: “chi canta prega due volte”( S. Agostino); cantava in ginocchio l’Ave Maria di Desdemona dell’Otello di Verdi come una vera preghiera, lei che di fede ne aveva tanta. Pace a lei dunque: con quale fervore, nel saio dell’incolpevole Leonora di Vargas, implorò pausa al dolore, e si trattò ogni volta di un’estatica trasfigurazione berniniana. >> “.

Un ringraziamento doveroso al Professore Ermes De Mauro per questo spaccato suggestivo e denso di emozioni, tratto dalla biografia di una delle più grandi artiste mai esistite. Diamante di raffinata bellezza, incastonato indelebilmente nel firmamento della musica classica e della cultura italiana, apprezzata in tutto il mondo.

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