Musica

Qualcosa su GG Allin, il “re del rock n’roll“

23 Agosto 2015

Questa settimana mentre preparavo la scaletta per il mio programma in radio (un’emittente locale in cui curo 1 ora di trasmissione a tema) e stavo decidendo quale brano degli Husker Du inserire, You Tube mi ha fatto apparire tra i video consigliati alcuni vecchi concerti tenuti da un certo GG Allin a New York nel 1993.

Ora, se chiedessi a molti di voi, appassionati di punk, chi era GG probabilmente non ci sarebbe mistero nel ricordarlo come uno dei più grandi profeti di un’epoca ormai andata della musica – e dell’arte – estrema, in tutti i sensi. Ma sono sicuro che molti, soprattutto i più giovani, ignorano la sua presenza, e ancor di più la sua assenza, nella scena e nella cultura musicale americana di cui hanno fatto parte all’ombra della statura di GG personaggi scomodi come Marylin Manson e persino Kurt Cobain, che del nichilismo hanno fatto una sorta di marchio di fabbrica oltre che di messaggio implicito della propria espressione artistica.
Jesus Christ Allin nacque nel 1956 nel New Hampshire in una famiglia tipicamente americana, con un padre molto religioso e decisamente antisociale che costringeva la propria famiglia a non parlare più dopo una certa ora del giorno e a vivere senza acqua e senza corrente elettrica. Era chiaro che potessero emergere delle divergenze e dei contrasti difficilmente rimarginabili con la figura paterna tanto che sia lui che la madre e li fratello più piccolo si allontanarono per poter svolgere una vita quantomeno normale.

È in questo momento che GG (ribattezzato così tra le mura domestiche) inizia ad avere i primi contatti con la musica e a formare le prime band. Nella sua breve vita registrerà almeno 50 dischi e collaborerà anche con Dee Dee Ramone ma questo è solo un dettaglio, gli interessavano i Beatles, i Rolling Stones, Alice Cooper, gli Aerosmith, i Kiss e gli Stooges, tutte band che finirono con il costruire il personaggio che diventerà, ma dalle quali prenderà le distanze diventando uno dei padri del punk più estremo ed una figura ai limiti dell’immaginabile.

Formò decine di gruppi già negli anni ’70, tra cui i Jabbers, e nel decennio successivo militò nei Cedar Street Sluts, negli Scumfucs (1982) e nei Texas Nazis dove suonò come batterista, bassista, chitarrista ma soprattutto alimentò la sua esperienza di frontman, estremo. Gli spettacoli messi in scena erano brevissimi e potentissimi, suonati male e nemmeno orecchiabili, distanti anni luce da quelli di coetanei come Sex Pistols, Clash, Ramones, derivati della New Wave o del nascente hardcore, difficilmente assimilabili anche al metal o ad altre forme musicali antropologicamente definibili.

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GG Allin è stato arrestato 52 volte nella sua carriera ed è stato in carcere per ben 3 anni con l’accusa di aver maltrattato una spettatrice. In molti sperarono che la sua reclusione potesse in qualche modo arginare la sua spinta all’autodistruzione ma lui ne uscì ancor più arrabbiato di prima. Sul palco era abituato a picchiare il pubblico e se stesso, si mutilava, vomitava, copulava e cantava completamente strafatto di alcol e droghe e defecava e urinava davanti a una folla urlante che a volte scappava impaurita davanti alle sue imprevedibili azioni. Se è vero che molti suoi padri putativi come Jim Morrison, Brian Jones, Jimy Hendrix, Keith Moon ebbero un talento da esprimere prima di morire, GG non aveva nulla da dimostrare, sapeva solo che la sua vita non sarebbe valsa nulla e così quella di chi lo ascoltava se non ci sarebbe stato un finale sorprendente. Il suo messaggio era quello di vivere al limite di ogni possibilità, di compiere tutto quello che la società imponeva come accettabile e inaccettabile e spegnersi di colpo prima di scomparire. Anticipò lo sparo di Kurt Cobain di un anno, nel 1993. O meglio, avrebbe voluto anticiparlo di 3 o 4, progettando di morire sul palco, ma fu arrestato e dovette rimandare.
I media si accorsero di lui quando ormai la sua strada verso l’inferno era quasi totalmente percorsa.

GG va in tv con un elmetto nazista e praticamente in mutande, in mano tiene un bastone e dichiara di essere un profeta e un messia. Dimostra 50 anni e ne ha 36. Dichiara di essere contro la scuola, contro la società, contro tutti, di odiare tutti, di essere pronto a picchiare chiunque fosse contrario alle sue idee di libertà, di compiere atti promiscui, di spaventare il suo pubblico e di essere adorato come un dio e soprattutto ammette più volte di essere indiscutibilmente il “re del rock’n’roll”.

Ha ragione, il rock è stato costellato di personaggi simili, ma nessuno ha mai raggiunto GG quanto a totale dedizione verso il proprio suicidio artistico e fisico. Era appassionato di serial killer e questo gli permetteva di entrare in contatto con vari assassini (come Henry Lee Lucas) che gli scrivevano dal carcere e lo incoraggiavano a cantare. Questo fa di lui una figura molto più potente di un fumettistico Marylin Manson che ha attraversato il lato più accondiscendente della mitologia criminale diventando estremamente popolare e scoprendosi più narcisista che terrorista.
GG Allin non è mai diventato famoso se non nella controcultura punk americana e questo ha fatto si che i suoi spettacoli di pochi minuti rimanessero solo nei ricordi di chi c’era, di chi bazzicava in quei club malfamati e in quei buchi che sembravano più garage che locali in cui suonare. Per fortuna qualcuno ha potuto documentare tutto e per fortuna è arrivata la Rete a poter diffondere l’esperienza di uno dei più grandi estremisti del rock’n’roll. Perché se possiamo sapere pochissimo della sua sterminata produzione discografica, sappiamo tutto della sua morte, registrata quasi in presa diretta assieme al suo funerale.

Il 27 giugno 1993 GG tiene il suo ultimo concerto a Manhattan. È più arrabbiato del solito e dopo aver sniffato parecchia cocaina sale sul palco completamente nudo e inizia a prendersela con qualcuno del pubblico. Ormai è un rito che si ripete ad ogni concerto. Poi c’è un black out, l’elettricità si interrompe, il concerto salta e lui, sporco di sangue, feci e birra esce in strada mentre la gente inizia a far volare bottiglie e oggetti di qualsiasi tipo (tutto documentato e rintracciabile su You Tube). Il suo unico scopo, adesso, è quello di trovare altra droga e whiskey da bere come fosse acqua. Fortunatamente recupera una macchina che lo scarica a casa di amici dove ben presto gli riportano anche i suoi vestiti, pantaloni corti, una maglietta e un giubbino di jeans con le maniche strappate. Qui, seduto a terra, GG consuma eroina e beve Jim Beam fino ad addormentarsi. Non si risveglierà mai più. Una volta in piedi, i suoi amici lo trovano riverso sul pavimento e credono che sia ancora fatto dalla sera prima, solo che GG non respira più ed è palesemente morto. Suo fratello Merle decide di farlo mettere nella bara ancora sporco e vestito come nel momento in cui è passato a miglior – o peggior – vita e mentre le telecamere riprendono impietosamente la sua camera ardente, i suoi amici non si attardano nel lasciargli nella bara alcol e droga, facendogli bere gli ultimi bicchieri di Jim Bean, almeno sulla Terra. Le esequie, mentre il corpo scende nella fossa, diventano un party con musica e balli, mentre nell’aria risuona una vecchia canzone di GG intitolata “When i die” che recita così: “Quando muoio, metti quella bottiglia nella mia mano/tutti questi anni sulla terra è stata la mia unica amica./Quando scavi la fossa e mi seppellisci metti quella bottiglia di Jim Beam a riposare con me […] Quando muoio, tu non piangere, non devi provare nessun sentimento dentro di te”.
Era il testamento della più grande rock’n’roll star mai esistita ed è stato l’ultimo canto di GG prima di scendere nell’inferno.

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GG Allin nella bara con la la sua bottiglia di Jim Beam

Vent’anni dopo, analizzando la sua carriera e la sua tragica, ma agognata, fine si può dire che la sua sia stata la figura più drammatica e allo stesso tempo sconsiderata e ineguagliabile delle esperienze che il punk abbia mai attraversato. Sconsiderata perché violenta e deliberatamente masochista, ed ineguagliabile perché non avrà mai alcun epigone degno di calzare anche solo le scarpe all’autoproclamato re del rock’n’roll. Ripetere le gesta di GG sarebbe oggi impossibile, ci ha già riprovato Manson, gli Slipknot e forse anche qualcun altro duro del death metal, ma mai con l’inaccettabile istinto coprofago e suicida di Allin, nessuno inciderebbe una canzone intitolata “Vivi presto e muori” e soprattutto nessuno si spaccherebbe sei denti con un solo colpo di microfono o si inserirebbe una banana nel di dietro per farsi arrestare.
La poesia di GG non esisteva, non aveva talento né arte ed era questo a renderlo unico. Non voleva che un messaggio derivasse dalle sue canzoni, credeva che la vita fosse fatta per odiare tutto ciò che la rendeva falsa e inconcludente. Odiava tutti quelli che si alzavano alla mattina ed iniziavano a recitare una parte. Lui era sempre “vero”, si manteneva in forma con qualsiasi tipo di droga, per non accettare la realtà o per alleviare la sua rabbia disumana. Durante i suoi show picchiava il suo pubblico e la gente lo adorava, erano incontri sadici ma poco distanti da baccanali fuori controllo di più di 2000 anni prima. In un certo senso è come se GG avesse portato la più ferina e bestiale forma dell’istinto umano nella musica contemporanea. Una vera barbarie di suoni e grida in cui l’unica forma di arte è propriamente la partecipazione a tale orripilante spettacolo scenico. L’adrenalina che si respirava in quelle bettole in cui suonava, il testosterone, l’odore nauseante di urina e feci che arrivavano dal palco erano e resteranno la parte più estrema del rock. Perché se ci saranno altri profeti come Cobain, se torneranno pagliacci poetici come Morrison o satanisti raccomandati come Manson, nessuno potrà uguagliare la ferocia e la violenta sincerità di GG Allin che era sporco, brutto, cattivo, sicuramente ignorante, ma vero, 24 ore su 24 fino al giorno in cui morì, proprio come avrebbe voluto.
Non so se passerò mai in radio un brano di GG, non credo sia possibile, anche se siamo in Italia e in molti non capirebbero. Nella sua vita non ha dato molti insegnamenti, ma ha reso la sua dissoluta vita un’opera d’arte, terrificante e ineguagliabile. Inutile per molti e forse è vero. Se devo essere sincero quando mi capita di ascoltare le sue canzoni come Bite it, You Scum o Die When You Die sorrido, non perché siano simpatiche ma perché sono tremendamente sincere e parlano di un lato dell’uomo che in molti dimenticano: quello animale, privo di pensieri costruiti e oggettivamente accettabili. Un lato che in molti, nel rock e nell’arte, ma anche nella filosofia o nella letteratura, hanno attraversato e che GG ha portato davvero all’estremo vivendoci e soprattutto morendoci dentro.

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