Musica
Premio Bianca d’Aponte, quando il cuore vola alto
“Respira piano il silenzio che c’è
Distesa sopra i non ti scordar di me
Amo ogni suono armonioso di te
Ascoltane l’eco e capirai perché” (Grazia Di Michele)
A casa o per la strada, al cinema o in auto, dal telefonino o dal computer, mentre studi o quando stai con gli amici, la musica è ovunque.
La musica è linguaggio, comunicazione, arte ed espressione. È sempre stata presente nella vita di tutti, senza fare distinzione di età o genere. La musica è speciale perché è in grado di unire diverse popolazioni, rallegrare e confortare. Una specie di rifugio, un modo per rilassarsi ed allontanarsi dal mondo. Quello che è sicuro è che ovunque, proprio su tutta la terra, gli uomini hanno imparato a fare musica, che c’è nessun popolo che non suoni qualche strumento e che non componga musica. La musica ci emoziona e serve a parlare di quello che succede nel nostro animo. È così che scegliamo che cosa ascoltare, anche senza rendercene conto.
La musica fin dai tempi più antichi è influenzata dagli eventi che accadono nella società. Combarieu sottolinea che un fatto sociologico nasce se esiste una società formata da individui. Freud affermava che nel piacere dell’ascolto musicale affiora quel sentimento di fusionalità che ritroviamo nella vita parentale, e anche per Lacan l’ascolto della musica può essere assimilato all’esperienza di un ravage, un corpo a corpo che si stabilisce nella relazione tra madre e figlio nei primissimi mesi di vita. Ascoltare la musica preferita consente di individuare la tonalità affettiva che ci permette di entrare in contatto con il nostro sogno d’amore originario che può assumere connotazioni diverse dalla dimensione solare e illusoria di Mendelssohn ai toni nostalgici di Schuman, all’affettività sospesa della musica di Debussy.
Ma ci abbiamo mai pensato a come sarebbe il mondo senza musica? Di sicuro un mondo brutto, triste e un po’ anonimo, perché ormai la musica ci accompagna sempre, quasi ogni ora del giorno, in ogni posto.
Senza andare lontano, né nel tempo né nello spazio, ad Aversa, al teatro Cimarosa si è svolto tra il 28 e il 29 Ottobre come ogni anno da diciotto anni, il Premio Bianca d’Aponte.
Io sono stata sorpresa dall’alta qualità della musica delle 11 finaliste e di una giuria ragguardevole tra cui Grazia Di Michele in veste di madrina della 18 a edizione, Rossana Casale, Mogol, mentre Pacifico, Niccolò Fabi, Simona Molinari, Raiz si sono anche esibiti. Moà da Terni è risultata la vincitrice, a lei anche la menzione del miglior testo. Ad aggiudicarsi il premio della Critica “Fausto Mesolella” è stata invece Jole da Savona. Molti i premi collaterali assegnati dai membri della giuria e da realtà vicine al Premio Bianca d’Aponte.
Ma chi è Bianca? Bianca d’Aponte era una bella ragazza di Aversa appassionata di musica che scriveva e cantava canzoni, spentasi purtroppo precocemente. Ho posto all’ideatore del premio, suo padre Gaetano, qualche domanda.
Quando sei partito con questo obiettivo, con questo progetto, avresti mai immaginato che il premio Bianca d’Aponte arrivasse a avere questo successo?
Tutti quelli che riescono a raggiungere il palcoscenico di questo premio lo fanno sperando in cuor proprio di raggiungere degli obiettivi, la motivazione del festival, in realtà, non aveva l’ambizione di diventar un premio di prestigio, sicuramente volevo che fosse dignitoso. C’erano condizioni che mi ero posto e che avevo imposto: mi sono rivolto infatti ad uffici stampa che avessero un respiro nazionale, ho sempre rifiutato sponsorizzazioni che fossero solo locali, ho provato a dare al festival un respiro più ampio, a volare più alto.
Fausto Mesolella, chitarrista degli Avion Travel, musicista fuori dagli schemi ed eclettico, aveva previsto dopo la prima edizione che il premio sarebbe stato ambito, ma lui aveva un occhio più lungo, sapeva andare oltre l’orizzonte. Decise di assumerne la direzione artistica sin dalla nascita. Ferruccio Spinetti, musicista di eccelse qualità e lontano dai circuiti dei festival emergenti, raccoglie, oggi, l’eredità di Mesolella per dare continuità all’opera del suo predecessore e compagno.
Questo festival mi pare che non abbia finanziamenti?
No, è un premio che non ha sostegni economici, i costi, purtroppo aumentano, e non so fino a quando potremmo sostenere questa condizione, né so fino a quando il premio durerà perché attualmente per come sono messe le cose nel momento in cui non ci sarò più non si troverà nessuno disposto a sovvenzionarlo. È tutto autofinanziato, non abbiamo sponsor, partner importanti invece si, come Emergency, Rai Radio1 media partner. Siamo ripagati in termini di tanta soddisfazione, siamo stati 3 anni a Barcellona, siamo stati a Madrid l’anno scorso e lo saremo anche quest’anno.
Cosa significa per lei “Sono un’isola”
Il premio nella sua interezza si chiama: “Io donna per una canzone d’autore, Premio Biana d’Aponte”. Sono un’isola è il titolo dell’ultima canzone di Bianca, un’isola che non esiste su nessuna mappa geografica, era un suo luogo interiore, forse. Cerchiamo col premio di dare continuità, la vincitrice della passata edizione ha aperto le serate, c’è un filo conduttore per cui attraverso l’isola che non c’è sull’atlante, diamo la possibilità a tante giovani che volessero cercarla di poter trovare un approdo. Un contest rivolto, per scelta del suo Direttore Artistico storico, Mesolella, esclusivamente a donne cantautrici che scrivono in italiano o in dialetto italiano ma che non c’entra nulla con la parità di genere.
Cosa rappresenta per te la musica?
È uno strumento di comunicazione particolare attraverso cui manifestare le proprie idee, sogni, speranze, quelle che ancora salvano un mondo che pare fatto solo di violenza e disagio sociale come espresso dalla trap. La musica sarà sempre straordinaria comunione, afflato, lo strumento più alto per comunicare.
Cosa auguri ai giovani che si affacciano sul palcoscenico musicale?
Farlo senza voler per forza arrivare, suonare per trasmettere qualcosa, acquisire la consapevolezza di essere artisti. Ci sono tante variabili che consentono ad un giovane di assurgere al successo, un po’ di fortuna necessita, a parte la bravura, tanti pur essendo bravi non riescono ad ottenere ciò che meriterebbero. L’importante è cantare, accorgersi che tutti tacciano perché tu stai dicendo qualcosa di importante, innestare il desiderio di ascoltare e evocare emozioni. Questa è la gratificazione più importante alla quale devono ambire.
Personalmente ringrazio Gaetano D’Aponte per la sua disponibilità nell’avermi concesso un’intervista telefonica pur non conoscendomi, per aver sopportato il mio viziaccio di dare del tu al primo messaggio di contatto e di avermi simpaticamente redarguito su una mia disattenzione, mi ha ricordato mio padre. Solo dopo mi ha confessato che è un insegnane in pensione.
Grazie ancora Gaetano, perché in un mondo in cui competere e sgomitare sembra la legge del sistema che ci fagocita lentamente e inesorabilmente, tu sei in grado ancora di emozionarti e far emozionare con i tuoi sogni di largo respiro.
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