Musica
Novamerica, opera prima sulla vastità degli orizzonti
Mi capita qualche volta di capire l’indirizzo di un disco da una canzone, dal primo singolo che ascolto. Non lo dico con presunzione ma per semplice istinto. Ti si apre dinnanzi agli occhi un immaginario di suoni e visioni che superano una canzone.
L’ultima volta penso fosse accaduto con Leon Bridges, concentrato di soul vecchio stampo e giovinezza. Novamerica lo scopro una sera grazie a Babylon su Radio 2 e al lavoro certosino della crew di Carlo Pastore. Ascolto Music in the answer e mi si apre l’orizzonte. Studiando, canticchio il giorno seguente: “from the underground to the edge of sound” divagando nella fantasia dei miei pensieri. Vengo colto dalla potenza della musica, quanto possa espandersi oltre i confini dell’esistente materiale per far atterrare in altrove lontani e immateriali: questi, forse, sono i territori della Novamerica.
Il progetto nasce nel veneziano per opera prima del producer elettronico Carlo Cerclin Re. There is No Time for Us echeggia di Muse, If You Live in the Air del Phil Collins di In the Air Tonight e The Sound of Arrows con Ruins of Rome. Erica colpisce le corde interiori alla maniera del miglior Battisti/Mogol con Emozioni.
Avete presente quei giorni trascorsi ad osservare la pioggia cadere sulle foglie, ad ascoltare il rumore delle fronde battute dalle gocce? Cercare un senso che non sia la semplice acqua precipitata e sfumata? L’album è permeato da un senso naturale trascendente il visibile fino a toccare il lato profondo ed intimo dello spazio circostante. Nell’ambiente si propaga un’empatia selvatica che riempie il sé di infiniti stimoli, sensazioni, odori e suoni. Ascoltandolo ti senti parte integrante della terra che calpesti, dell’aria che respiri, degli alberi sui cui appoggi la fronte.
Novamerica è un disco primigenio nell’essenza infusa all’ascoltatore, l’esplorazione del proprio io rapportato al verde e all’azzurro attorno, ne svela le gradazioni su luci e ombre. È un disco di profondo amore ed odio, di conquiste e perdite, di ego e di frantumazione dello stesso, dal sentirsi primi ed invincibili ad ultimi e schiacciati. Siamo umani in quanto esploriamo su più piani alture, pianure, facendoci infine cullare dalle acque.
Abbiamo dinnanzi la trasposizione di mondi ideali costruiti nelle menti dell’autore e degli ascoltatori, dove fuggire. Una realtà cosi forte che solo la musica riesce a creare. Una vita parallela alla vita tangibile non meno forte e potente. È la potenza del divagare, del vaneggiare avendo il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle senza condizione.
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