Musica
Musica leggerissima #17 – Momento delicato
“Musica leggerissima”, ovvero come parlare ogni volta di un disco poco discusso o dimenticato. Come parlare ogni volta di un bel disco italiano.
Una volta, Mimmo Cavallo – che per Mannoia nel 1983 scrisse “Caffè nero bollente” – disse: “Fiorella ha tante sfaccettature che la rendono unica; prima tra queste è la sua delicatezza d’animo, che manifesta come curiosità per le cose semplici. La semplicità la rappresenta più di ogni altra velleità dell’animo umano; la sua semplicità è ricerca del particolare, è risultato finale di una personalità particolarmente complessa, come solo le persone semplici possono essere e non è un’antitesi”. Sono d’accordo con Cavallo nel sostenere che la semplicità di Fiorella Mannoia è senza dubbio una delle sue cifre stilistiche. Semplicità nel mettersi in scena, semplicità nell’arrivare nella maniera più diretta possibile all’ascoltatore, semplicità anche nel modo di interpretare i brani che molti autori hanno confezionato per la sua voce, sempre sospesa tra recitazione e canto (come evidenzia Federica Venezia nel suo libro “La voce dai riflessi rossi”).
L’errore però che in molti abbiamo commesso è stato quello di archiviare la sua produzione degli anni Ottanta in favore di quella successiva. Se infatti dagli anni Novanta in poi la maturità vocale e interpretativa di Mannoia è evidente ai più, la naturalezza e gli arrangiamenti in molti passaggi più creativi e ricercati degli Ottanta sono qualcosa che forse ci è sfuggito per troppo tempo. Il disco che resta il migliore di quel decennio è indubbiamente Momento delicato (1985), che è praticamente il quarto di Mannoia: prodotto e arrangiato da Mario Lavezzi ha ottime melodie e un gusto e una fantasia che poche altre volte avremmo potuto assaporare nella discografia della cantante romana.
“L’aiuola”, con testo di Mogol, è metaforica, con tastiere cristalline e un solo di chitarra elettrica di Pietro Fabrizi che è uno squarcio Aor inatteso. La ballad “Happy End” è invece un jazz pop che si scioglie in un cielo fusion, scritta da Mario Acquaviva che è uno che sapeva manipolare bene quella materia. “L’anima lo sa” sembra una sua prosecuzione, un classico Lavezzi-Avogadro che trascina la melodia precedente dal cielo facendola precipitare in mare. “Canto e vivo” invece, a firma Avogadro-Fabrizi, apre in hi-tech ma viene riportata da Mannoia in una dimensione rurale. È un brano di un particolare equilibrio, nel quale i due assolo di Fabrizi sono perfettamente bilanciati.
Altri brani memorabili sono sicuramente “Dolce mistero” (Avogadro-Fabrizi), lanciata in una dedica al ritmo di texture sintetiche con ritornello efficace; “Momento delicato” (Lavezzi-Mogol), con duetto assieme a Lavezzi, Fiorella super convincente e solo di sax di Claudio Pascoli; “La luna stasera” (Massimiani-Telpa), con armonizzatore brillante e cambi di prospettiva che sembrano dirci che lo sguardo si sposta dalla terra alla luna; “Viva la vita” (Mattone-Luberti), che parte delicata e poi si libra in volo con un ottimismo malinconico che chiude un disco che in qualche modo – anche per i contenuti – rappresenta molto bene ciò che Mannoia ha sempre amato e desiderato cantare: “Viva la vita / Quando puoi sentire quei suoi sapori / Giri e rigiri / Oggi è diverso da ieri / E allora viva la vita / Specialmente se te la sei goduta / Se l’hai sbagliata / Comunque è vita vissuta”.
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