Musica
Musica leggerissima #15 – Lo stato naturale
“Musica leggerissima”, ovvero come parlare ogni volta di un disco poco discusso o dimenticato. Come parlare ogni volta di un bel disco italiano.
Il vero brano culto di Rossana Casale è senza dubbio quel “Didin” scritto assieme ad Alberto Fortis. È tutto un gioco tra levare, atmosfere jazz pop e un cambio di tonalità particolarmente serafico. Casale sorvola il pezzo con una voce delicatissima, dolce e adolescenziale, ma che dimostra già un grande controllo e una grande consapevolezza nei propri mezzi. D’altronde la giovane Rossana (23 anni nel febbraio del 1983, quando questa canzone usciva come suo primo singolo) aveva già fatto una discreta gavetta negli anni Settanta come corista per gente del calibro di Edoardo Bennato, Riccardo Cocciante, Mina e, soprattutto, in alcuni tour con Mia Martini e, successivamente, la sorella Loredana Bertè.
La filastrocca di “Didin”, la sua freschezza, la sua naturale tendenza a farsi inquadrare come un brano gioioso e giovanile, si oppone, e allo stesso tempo si sovrappone, a Lo stato naturale (1991), disco che Casale mette in piedi assieme a Maurizio Fabrizio, che produce e arrangia. Si oppone perché questo album è di una concretezza e una maturità che sfuggono invece al brano del 1983; si sovrappone perché l’essenza di Casale è essenzialmente la stessa dell’esordio: candida, imperturbabile, dolce e serena. Lo stato naturale è un lavoro che cerca suggestioni africane, che affonda nei suoni e nelle idee ritmiche di quella terra, che si lascia trascinare da battiti che vivono dentro ogni brano ed entrano in contrasto con il candore euro jazz pop della vocalità di Rossana.
Lo si percepisce chiaramente nella title track, che procede quatta quatta in un’atmosfera ombrosa e corroborante, con il sax soprano di Emanuele Cisi che libera l’energia racchiusa nello scrigno protetto dai cori in francese. Un altro pezzo decisivo è “Siamo vivi”: con un levare maligno e una chitarra tritata, apre a una nenia che è paradossalmente solare e parla della vita attraverso la musica. Poi ci sono altre bellissime canzoni: la danza di “Terra” è quasi trance luminosa e aperta al mondo multiculturale; “La grande strada” è una ballad agitata dai riti ritmici sostenuti dai synth malinconici nel vivido arrangiamento di Fabrizio; “Che fare?” apre con un beguine afro world e si amalgama con la chitarra elettrica di Andrea Zuppini facendosi così liquid rock; “Spiaggia libera” ha visioni fusion e narrazioni cinematografiche che si perdono in un mare blu sax; “Senza” chiude invece con un flusso di acque fresche a sei corde in cui immergersi per depurarsi dopo un lungo e stancante viaggio.
Lo stato naturale è probabilmente l’apice in studio di Rossana Casale: un disco strutturato, che sa mettere in ordine le idee maturate in un decennio di formazione e ricerca. Un disco anche spirituale, che porta allo scoperto la parte più immateriale di Casale e che cerca di sintonizzarsi con suoni moderni e world che dicano come, alcune volte, la musica provenga veramente dall’anima. E l’anima di Rossana conosce bene tutti i suoi dubbi ed è evidente che la connetta con il mondo e l’umanità, facendo di ciò che è arido qualcosa su cui poter seminare. Come canta ne “Lo stato naturale”: “Se chiudo gli occhi / Già sento in me / Non più deserto / Forse mari / Lo stato naturale / Al di là del bene e del male”.
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