Musica
Musica leggerissima #13 – Cattivi pensieri
“Musica leggerissima”, ovvero come parlare ogni volta di un disco poco discusso o dimenticato. Come parlare ogni volta di un bel disco italiano.
Cattivi pensieri (1983) di Gino D’Eliso si apre con “Orient Express” che viaggia lungo la Mitteleuropa tra rimbalzi elettronici, italo new wave e sapori di Medio Oriente. Ci catapulta in un mondo astratto e assurdo ed è un’insenatura a forma di scheggia, che serve a far entrare e introdurre uno dei pezzi italiani più belli della prima metà degli anni Ottanta: quel brano è la title track del disco, nonché la sua seconda traccia. “Cattivi pensieri” è infatti una canzone che sembra tutto quello che si era già sentito nel post punk italiano e sintetico degli anni precedenti, ma che in realtà non assomiglia a niente altro. L’hammond, che sostiene ogni cosa insieme a un bordone di synth straniante e gelido, accompagna un testo di questo tipo: “Ah, le notti di Siviglia / Vino freddo sotto i tigli / Cocktail ghiacciati e fluorescenti / Sottili sigari fra i denti / Ah, le estati a Bratislava / Amori caldi come lava / E le bambine delle scuole / Occhi abbassati e scarpe nuove”. E poi la ventola dell’organo inizia a girare più veloce per squarciare il pezzo e farci sprofondare dentro di lui mentre lo ascoltiamo. Si alza il basso, una batteria colpisce e scandisce il ghiaccio cibernetico che a un certo punto si scioglie e apre il sipario al melodramma: “Ma / I cattivi pensieri che / Sono dentro di me / Sono parte di me / Sono solo canzoni / Che ora dedico a te / Che ora scrivo per te / Per te”. Il sax di Claudio Pascoli scalda l’atmosfera, un doo-wop assurdo si mette in scena, il finale si avvicina, Gino D’Eliso è un incrocio tra Battiato e Springsteen e ormai è padrone della scena.
“Cattivi pensieri” è un pezzo che racchiude dentro di sé l’essenza dell’intero disco. Quest’ultimo è infatti un lavoro che procede dalla Germania, facendo tappa in Inghilterra e arrivando sul Mediterraneo, che è il luogo dove D’Eliso probabilmente desidererebbe far materializzare i propri sogni. Cattivi pensieri è un album stralunato, che vaga, si diverte, che mostra il lato ancora più eccentrico del cantautore triestino. Il suo disco culto è in verità Ti ricordi Vienna (1977), che è uno scrigno di new wave funk umbratile, ironica e anche questa esposta al vento gelido della Mitteleuropa. Un grande album, che in molti hanno giustamente rivalutato in tempi recenti, proprio perché particolarmente estroso e stravagante. Ma Cattivi pensieri vola ancora più su, perché è incollocabile, nel suo complesso troppo mainstream per risultare veramente punk, nella sua superficie troppo acido per essere compreso da tutti. Per fare alcuni esempi, altri grandi pezzi che possiamo ricordare sono: la ballata “Canzone d’amore”, con la sua coda fatta di corde di chitarra acustica processata in un tramonto nostalgico; la nebulosa latina di “Tango sorpreso”, con una malinconia di fiati struggenti; il ballabile nevoso e in minore “Magari fosse Natale”, pieno di synth che sono campanelli che annunciano qualcosa che non c’è; la corsa con le tastiere kraftwerkiane e impazzite di “Che fine ha fatto Andalù?”.
Tutto molto bello, tutto meraviglioso, però alla fine si ha la sensazione che ogni cosa si smarrisca, si perda nel vuoto. È proprio quel vuoto tuttavia che dona grandezza a questa musica, un vuoto che sembra prodotto da un’eco che ci fa assopire in pensieri nostalgici e malinconici: cattivi. Che ora dedico a voi e che fanno parte di noi.
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