Musica
Musica leggerissima #10 – Nessuna scala da salire
“Musica leggerissima”, ovvero come parlare ogni volta di un disco poco discusso o dimenticato. Come parlare ogni volta di un bel disco italiano.
Ne è passata un po’ di acqua sotto i ponti dai tempi in cui Cristian Bugatti, in arte Bugo, si sollazzava (e ci sollazzava) con il suo spirito libero, che se ne fregava – più o meno – di tutto e di tutti, che costruiva la sua carriera da cantautore indipendente, dal lo-fi al ci sei, tra Battisti, Vasco e Beck. Quell’acqua che è passata Bugo se l’è bevuta tutta, ci si è ben dissetato e ha capito che a un certo punto era il momento di cambiare qualcosa, senza però perdere la natura degli esordi, fondamentale per scrivere canzoni che divertissero e che un po’ facessero anche riflettere (la sua indole spesso tendente all’autoreferenzialità è sempre stata un modo per far vedere in sé molti aspetti dell’altro). Nel 2008 arrivava un cambiamento importante con Contatti, disco che electroificava Bugo grazie al sapiente supporto di Stefano Fontana degli Stylophonic. Tuttavia lo slancio definitivo sarebbe arrivato qualche tempo più tardi.
Dopo aver vissuto per quattro anni in India ed essersi spostato dalla musica alle arti visive, nel 2016 Bugatti torna con un disco che è immerso in un suono rotondo e rampante, dove il nume tutelare è senza dubbio il Vasco degli anni Ottanta: Nessuna scala da salire. Sembra infatti che la novità sia percepita come qualcosa di necessario, che viene assorbita con grande naturalezza. Nonostante la batteria gonfissima, le chitarre sferzanti, i bassi super funky e le tastiere voluminose con cui si apre l’album (e con cui prosegue), Bugo ce lo dice chiaramente già in “Cosa ne pensi Sergio”: c’è confusione e sembra che nulla sia cambiato. Questo nuovo sound dimostra però che questa confusione può essere anche mostrata come ordinata e lucida.
Ogni pezzo infatti è perfettamente bilanciato, Bugo ha ancora dentro di sé la natura del freak, ma ha capito che ormai la sua musica è entrata in una nuova fase. Un brano come “Deserto” costruisce un crescendo dove la dimensione rock è ormai coesa, nebbiosa e scintillante allo stesso tempo; “Me la godo” spicca il volo in un luccicare di chitarre stirate e arpeggi synth; “Ehi! (Back to Rock)” è uno scherzo strumentale che è il preludio a quello che è il pezzo manifesto del disco: “Vado ma non so”. Questo brano infatti è la perfetta trasformazione di Bugo: mascherato di ironica arroganza come non mai, ci guida dove bassi synth e slap spianano la strada in direzioni in cui le chitarre diventano enormi e ci fanno perdere in un flusso rock in cui la “posizione è disabilitata” da una tastiera che sommerge tutto. Il disco non perde un colpo e tra gli altri, centratissimi brani, c’è spazio addirittura per “Nei tuoi sogni”, una canzone d’amore quasi d’altri tempi.
Insomma, Nessuna scala da salire anticipa quello che sarà – tutto sommato – il successo del successivo Cristian Bugatti (2020), e che sì, passerà anche da Sanremo. Ma al di là di tutto, quello che Bugo sembra raccontarci ancora una volta – come recita in “Tempi acidi”, che sembra una reinterpretazione di “Deviazioni” di Vasco – sono “Tempi acidi / Tempi strani / Tempi pallidi”, che alla fine non sono niente altro che “Tempi umani”.
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