Musica
musica in metamorfosi con daniel teruggi 03/12
MUSICA IN METAMORFOSI 03/12
Qualche mese fa, grazie all’intuizione di Paola Damiani e su commissione di Radio3 Suite, ho realizzato un ciclo di 12 puntate intitolato “Musica in metamorfosi“ . Un dialogo a più voci con compositori, interpreti, musicologi, ingegneri del suono ecc. su questo immenso proliferare di generi musicali… sintomo di una democrazia in ottima forma o effetto di una metamorfosi sotterranea di ciò che abbiamo chiamato, per diversi secoli presente compreso… musica?
Il programma è stato accolto con grande curiosità, ho ricevuto moltissime mail ed è stato candidato al Prix Europa. Mi è sembrato quindi potesse esser di un qualche interesse trascriverlo, seppur parzialmente, e metterlo a disposizione. In questo formato possono esser approfonditi elementi diversi, come le biografie degli autori o delle persone citate e in ogni caso, in fondo alla pagina troverete il link della puntata.
Insomma buona lettura (parziale) e/o… ascolto !
Andrea Liberovici – Daniel Teruggi
Puntata 03
Andrea Liberovici: Se non ricordo male, la scorsa settimana il conteggio dei differenti stili e generi musicali a noi contemporanei si era fermato a 611 generi diversi. Vista la rapidità con cui stava crescendo il numero, mi ero fatto l’idea che oggi, dopo una settimana, saremmo arrivati oltre al migliaio, invece ne abbiamo contati solo, si fa per dire, 872. I pazzi furiosi che stanno cercando in rete di fare questa sorta di censimento impossibile dei generi musicali a noi contemporanei, ovviamente, sono solo all’inizio. Io confido che in futuro arriveremo al migliaio. Per ora si distinguono, fra i cacciatori di generi musicali, i nostri due fantastici Hänsel e Gretel, ovvero Sofia e Jan, che con pazienza e perseveranza si aggirano nel bosco del web. Eccoli…
Hänsel e Gretel: Musica per banda, Musica Nueva, Hip hop, Soul, New Soul, Musica Celtica.
A.L.: Buonasera mi chiamo Andrea Liberovici faccio il compositore e il regista di teatro. La sintesi migliore del mio lavoro, soprattutto in questo caso, me l’ha data il mio ex-amministratore di condominio, che un giorno mi incontra e mi dice, – Liberovici, lei è un registra – e nella mia nuova veste di registra ho cominciato questa indagine a più voci intorno a una domanda. Questo immenso arcipelago acustico è il segno di una buona salute delle nostre democrazie o è sintomo di una metamorfosi sotterranea non ancora avvenuta e che prima o poi ci coglierà di sorpresa?
Ho incontrato in modo, sostanzialmente casuale, al Festival Musica di Strasburgo, il compositore argentino Daniel Teruggi direttore del Groupe de Recherches Musicales del mitico G.R.M, e poi ne parleremo in seguito. Visto che sono appunto un registra e quindi viaggio sempre con un registratore in tasca, l’ho tirato fuori, gliel’ho piazzato sotto il naso e lui ha reagito così…
Daniel Teruggi: Cosa stiamo facendo?
A.L.: Ah, vuoi che ti spieghi cosa stiamo facendo?
D.T.: Si, perché per me non è chiaro. Io parlo di tutto quello che vuoi, ma dimmi in che contesto.
A.L.: Ok. (rivolto al pubblico) L’incontro è avvenuto in un bar che conoscevo quindi mi sembrava corretto avvertirlo sulla qualità del caffè. (rivolto a Daniel Teruggi) Tu il caffè buono lo conosci?
D: Si
A.L.: Ecco, non è questo il posto giusto…
D.T.: Gazosa? Très bien…
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A.L.: Credo che la cosa migliore da fare per presentare un compositore come Daniel Teruggi sia quella di far sentire qualche frammento della sua musica, infatti è quello che stiamo facendo. Summer band è un brano per bandoneon suonato da Juan José Mosalini ed elettronica, quindi un brano misto, realizzato nel 1996 per i G.R.M., il gruppo di ricerca musicale che Daniel Teruggi ha diretto dal 1997 al dicembre dell’anno scorso.
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A.L.: Piccola divagazione: il bodhisattva Kannon, questa la traduzione dal cinese e conosciuto come Kuan, ma tutto deriva dal sanscrito che non oso pronunciare, è forse uno dei bodhisattva più importanti e conosciuti del mondo buddista. La traduzione del suo nome, in italiano, ed è per questa ragione che ne parlo qui, è percettore dei suoni del mondo che, da compositore, trovo sia un nome meraviglioso. Evidentemente i suoni percepiti dal bodhisattva kannon erano i suoni della sofferenza degli esseri umani. Ma nel nostro caso, se guardiamo al Novecento musicale, capiamo che l’attitudine ad ascoltare e a utilizzare i suoni del mondo per fare musica è una delle fondamentali e anche rivoluzionarie intuizioni del secolo scorso. Fra questi percettori dei suoni del mondo c’è il compositore e teorico francese Pierre Schaeffer che, nel 1948, inventa il nome “musica concreta”, una musica fatta con i più svariati oggetti sonori e nel 1951 fonda il Groupe de Recherches Musicales, tutt’ora attivo e in ottima forma, di cui Daniel Teruggi è stato, come dicevamo, direttore dal 1997 fino al dicembre scorso. Piccola parentesi: pur essendo, sia io che Daniel, due amanti della musica costruita con i rumori, l’intervista fatta al bar, quella di cui avete appena ascoltato un frammento, era ovviamente inutilizzabile, per cui ne abbiamo fatta un’altra qualche giorno dopo.
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D.T.: Dunque, volevo raccontarti una storia. Sai che nell’anno 1966 Pierre Schaeffer ha pubblicato il suo Traité des objets musicau, un libro di 700 pagine. Ma la storia è che nell’anno 1964 Schaeffer deve fare un viaggio a Roma, e viene in macchina con la copia originale del Traité des objets musicau. Arriva a Roma, parcheggia la macchina da qualche parte, e il giorno dopo non c’è più niente dentro la macchina. Traité des objets musicau è sparito. Non era tutto perso, ma lui ha dovuto riscrivere il libro, aveva tutti gli appunti ma immagina il lavoro di riscrittura da fare. C’è stato qualcuno che ha detto che il risultato della riscrittura fosse stato migliore di quello della prima versione. Allora speriamo che stasera, questa seconda intervista, sia migliore della prima.
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A.L.: Dunque, per continuare ad approfondire il nostro viaggio in questo enorme e indefinibile arcipelago di generi musicali diversi, e con questa domanda, se siano o meno il riflesso di una buona democrazia o il sintomo di una metamorfosi in atto, cito, un’altra volta, questa frase di Olivier Messiaen molto chiarificatrice per tanti aspetti e chiedo a Daniel Teruggi di commentarla. Messiaen dice France Trois nel 1988:
Mentre la musica modale aveva tenuto per dieci secoli, la musica tonale ha retto per tre o quattro secoli, la musica seriale dodecafonica è durata, a esser larghi, sessant’anni, la musica ripetitiva un decennio, la musica aleatoria qualche anno, mese o giorno, ce n’è una di queste musiche del novecento che dobbiamo considerare, forse, come diversamente orientata nel tempo: è la musica elettronica. Forse la principale invenzione del secolo è quella che più ha tenuto stretti al passo del suo crescere i compositori. Ci sono stati gli specialisti, come – e qui Messiaen fa un lungo catalogo – ma tutti i compositori hanno subito l’influenza della musica elettronica. Tanti anche prima che nascesse, anche comunque se non ne hanno fatta mai, ma hanno fatto come se la facessero.
D.T.: Mi sarebbe piaciuto riunire Mozart, Haydn e Beethoven, e dire – sapete ragazzi voi fate tutti la stessa musica: si chiama classica – e loro avrebbero risposto – no, io no, Haydn è un vecchio e Beethoven è giovane, non sa cosa scrive ecc…- Questa idea dei periodi musicali che preesistono alla musica in qualche senso mi pare sbagliata come punto di vista analitico. Per la comodità dell’organizzazione della storia mi pare utilissima. Invece quando parliamo di elettronica, parliamo di un cambio paradigmatico dei mezzi di produzione musicale. Allora possiamo fare una borsa immensa nella quale mettiamo tutti quelli che fanno questo tipo di musica. Io spesso parlo di musiche con tecnologia, anche se è contraddittorio perché il pianoforte ha lo stesso una tecnologia. Ma dire che le musiche producono il suono attraverso una tecnologia contemporanea è molto generico. Non si può attribuire un senso estetico a questo processo ipotizzando l’appartenenza ad un movimento piuttosto che a una corrente. Ci sono compositori con i quali mi identifico nell’attitudine e altri con cui non mi identifico.
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A.L.: Il pianoforte ha una tecnologia che nel momento in cui è arrivata ha creato dei compositori o comunque delle modalità diverse di comporre perché si è ampliato lo spettro. Ho l’idea che anche l’elettronica sia questo, poi ognuno ovviamente applica le sue estetiche nate dal proprio mondo, suona quello che sa suonare ecc. ma qui c’è poi ancora tutto un altro punto molto più subdolo, delicato per certi aspetti. Quanto l’elettronica può dare già dei risultati preconfezionati? Mentre un pianoforte non ti dà un risultato preconfezionato, o lo sai suonare o non suona lui per conto suo. Quindi quanto l’elettronica, per essere utilizzata in un modo interessante, debba essere smontata per evitare che sia lei a dettarti le regole?
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D.T.: Il pianoforte si iscrive in una continuità procedurale, vale a dire che per suonare il clavicembalo e passare al pianoforte non c’è un cambio, ci sono le stesse dita, le stesse note, la stessa partitura. Le possibilità sonore dello strumento cambiano e io, come compositore e come interprete, reagisco e cambio il mio metodo e stile di scrittura. Nell’elettronica arriva il cambio paradigmatico e principalmente perché arriva un modo di produzione sonora totalmente diverso che i compositori non sapevano controllare.
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D.T.: I primi periodi sono estremamente sperimentali, nel senso che la gente vede cosa si può fare, cerca, ha bisogno spesso di molto aiuto tecnico, di qualcuno che sappia come funziona il magnetofono o qualsiasi elemento, che sappia fare una registrazione anzi, che abbia il materiale per farlo. Perché se adesso tu vuoi fare musica ti compri un apparecchio e quindi cominci a fare della musica. È questo il periodo in cui i pionieri scoprono un mondo e fanno delle inclusioni piccole. Ciò che è interessante è che tutti sono passati attraverso questo periodo, Messiaen, Stockhausen, Boulez, tutta quella generazione di giovani del dopoguerra. Hanno detto: – Qui c’è qualcosa, vediamo cosa c’è dietro – E così hanno continuato. Nel secondo periodo la tecnologia comincia a svilupparsi e diventa un po’ più semplice per i compositori utilizzarla, sto parlando degli anni sessanta, e c’è anche la possibilità di comprare materiale autonomamente. Nel 1958 Pierre Henry fa il primo studio privato, compra un magnetofono, e dopo un anno ne compra un altro. Il compositore prende una tecnologia che era esterna, esternalizzata in posti specifici, e la mette dentro nella sua casa cominciando a lavorare come se fosse uno strumento in più, ma ancora è un’abitudine molto isolata. Lo stesso succede con i computer che si trovavano nelle università e nelle grandi compagnie per i calcoli economici. Da allora i compositori operano con le macchine, impiegando il loro tempo libero e cominciano a sperimentare. Soltanto alla fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta si comincia a pensare di insegnare questo tipo di musica. Fino alla fine degli anni sessanta non si insegna; bisognava essere compositori oppure esperti del suono come nel caso di Parmegiani, e dopo aver imparato a fare musica, entrare in un ambito, cercare un gruppo, uno studio, qualcuno che ti facesse lavorare; così si iniziava a lavorare parallelamente allo sviluppo dei sintetizzatori. Soltanto negli anni settanta comincia l’educazione in posti molto riservati, e negli anni ottanta, arrivano i computer, molto primitivi. Così inizia una specie di ibridazione tra la tecnologia analogica e primi dispositivi digitali. La gente poteva comprare un sintetizzatore, cominciare a sperimentare o a suonare.
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D.T.: Alla fine degli anni novanta vi è l’esplosione digitale, i computer diventano più accessibili, più rapidi, potenti e tutti possono, progressivamente, adoperarli, utilizzarli per fare della musica. Il XXI secolo è il secolo della produzione musicale. Qualsiasi oggetto digitale ha la possibilità di creare qualcosa con il suono. Dunque, la democratizzazione dell’accesso alla produzione musicale dà la possibilità a tutti di fare musica.
… continua via radio a questo link: Musica in Metamorfosi 03/12
alla prossima puntata!
Ringrazio Armando Ianniello per l’aiuto nella trascrizione
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