Musica

Mingus, Messico e nuvole: le storie di Jazz di Bettinello

25 Novembre 2015

E’ in uscita in questi giorni per Arcana Edizioni il libro “Storie di jazz” di Enrico Bettinello, autore che spesso leggete anche in queste pagine.

Si tratta di un appassionante viaggio attraverso la vita e la musica di decine di jazzisti famosi e meno famosi, spaziando attraverso i decenni e gli stili.

Da Louis Armstrong a Charlie Haden, passando per Lester Young e Bill Evans, una guida che unisce il calore della narrazione biografica all’accuratezza della analisi musicale, una sorta di educazione sentimentale alle tante straordinarie vite di artisti che hanno contribuito a costruire un secolo di grandi e piccole meraviglie musicali.

In esclusiva per Gli Stati Generali pubblichiamo un breve estratto tratto dal saggio che conclude il libro, dedicato alla figura del contrabbassista e compositore Charles Mingus.

storie di jazz cover small

Charles Mingus nasce in Arizona, in una città che si chiama Nogales.

All’epoca non esisteva Google Maps, ma anche senza grandi mezzi informatici, i ragazzini di Nogales sapevano che esisteva anche un’altra Nogales, in Messico, e sapevano collocarla facilmente sulla mappa, dal momento che sta a pochi chilometri, giusto dopo il confine.

Per un’anima divisa in due o tre come la sua, niente di meglio che un ulteriore confronto dialettico tra culture: anche nell’adolescenza californiana Mingus è infatti a stretto contatto con la cultura latinoamericana e l’amico trombettista Fats Navarro lo stimola ulteriormente a entrare in contatto con la ricchezza di quel mondo sonoro.

Alla fine degli anni Quaranta scrive una Moods In Mambo che tornerà fuori solo postuma, nell’interessante lavoro sul quel progetto “Epitaph” che aveva prodotto uno sgangherato tentativo alla Town Hall nel 1962.

 

Ma il vero e proprio capolavoro “messicano” del musicista arriva nel 1957, con il disco “Tijuana Moods”, pensato come un viaggio sonoro in quella zona di confine e pubblicato colpevolmente solo qualche anno più tardi (tra l’altro con il nome “Charlie” Mingus in copertina, cosa che il nostro odia con tutte le sue forze).

Il viaggio parte con un bell’omaggio swingante (alternando il 4/4 al 3/4) a Dizzy Gillespie, Dizzy Moods, ma presto le atmosfere messicane avvolgono completamente musicisti e ascoltatori, a partire dalle nacchere di Ysabel Morel che aprono le danza tra i tavoli di un locale. Vivido e colorato, ma anche sfumato da tinte nostalgiche, è il quadro di Tijuana Gift Shop, prima di incontrare Los Mariachis e tornarsene negli States sulle note di uno standard come Flamingo.

 

 

Grazie all’apporto di strumentisti come Clarence Shaw alla tromba e un fantastico Shafi Hadi ai sassofoni, non solo “Tijuana Moods” è un disco meraviglioso, ma è anche il luogo in cui l’inclusione di elementi sonori di derivazione ispanica stimola Mingus a fare evolvere formalmente la struttura stessa dei brani, lasciando che gli ostinati ritmici trovino spazi e temi adeguati per fare esplodere la loro carica ipnotica e fisica e dando così confini nuovi ai territori delle ribollenti improvvisazioni collettive.

 

 

Passano vent’anni e l’ispirazione latinoamericana – nel caso specifico colombiana – torna nella musica di Mingus nella suite Cumbia And Jazz Fusion, orchestrata dal sassofonista Paul Jeffrey e caratterizzata da un andamento danzante e ossessivo che progressivamente si apre come un’esplosione di fuochi d’artificio ai colori dell’orchestra e a zone armoniche più variegate.

 

 

Gli appassionati italiani conoscono bene questo disco, perché abbinato nell’album alle musiche scritte da Mingus per il film “Todo Modo” di Elio Petri e poi mai incluse nella colonna sonora dal regista (si dice anche su sciagurato suggerimento di Renzo Arbore…) a favore dell’onnipresente Morricone.

Colpito da qualche anno dalla terribile sclerosi laterale amiotrofica, Mingus cercherà nell’amato Messico, magico e simbolo di libertà, un’ultima speranza, trasferendosi a Cuernavaca per gli ultimi giorni della sua vita, che si ferma il 5 gennaio del 1979, a nemmeno 57 anni.

 

Ascolti 

Charles Mingus – “Tijuana Moods” [Rca/Bluebird, 1957]

Charles Mingus – “Cumbia & Jazz Fusion” [Atlantic, 1977]

 

 

 

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