Musica
Miles Davis e la villeggiatura a Newport
Quello di Newport è uno dei festival più longevi e significativi nella storia del jazz.
Se la prima “idea” di festival jazz (e quindi di abbinare musica e turismo, strategie di cui qualcuno ancora oggi parla come di innovazione) nasce in Europa, con i primi cartelloni di Nizza, Parigi, Milano e Francoforte agli inizi degli anni Cinquanta, è poi nel 1954 che due mecenati, Louis e Ellaine Lorillard, affidano all’impresario George Wein l’organizzazione di un grande festival a Newport, raffinato luogo di villeggiatura sulla costa nord-est degli States.
Un Festival che nel corso dei decenni, tra evoluzioni e polemiche (Charles Mingus, Max Roach e soci inventarono un “contro festival” nel 1960) si è trasformato negli anni, cogliendo sin dalla fine degli anni Sessanta l’urgenza per una manifestazione di questa ampiezza di allargare l’audience giovanile aprendo alle altre musiche nere più popular e al rock.
Tra spostamenti a New York e ritorni nella “natia” Newport, gemellaggi e apparentamenti, il Festival ha comunque lasciato un segno profondo nella storia e alcuni ottimi dischi sono stati registrati durante i concerti in cartellone (da Ella Fitzgerald con Billie Holiday a Nina Simone, da Duke Ellington a John Coltrane).
Anche Miles Davis ha passato più di qualche “villeggiatura” a Newport, come testimonia un fantastico cofanetto appena uscito per la Sony Legacy/Columbia, nell’ambito della The Bootleg Series, di cui costituisce il quarto volume.
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La primissima nel 1955, organizzandosi un po’ all’ultimo con la “compagnia”, come si diceva da ragazzi.
Nell’occasione sono con Miles i sassofoni di Zoot Sims e Gerry Mulligan, Thelonious Monk al piano, Percy Heath e Connie Kay alla ritmica.
Estemporaneità da jam session di lusso con pezzi come Hackensack, ‘Round Midnight o Now’s The Time. Mica male eh?
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A villeggiare a Newport Davis torna tre anni dopo, nel 1958, questa volta con il suo sestetto stabile, e che sestetto! Quello di “Kind Of Blue”, con Cannonball e Coltrane, con Bill Evans al piano…
A differenza della maggior parte del materiale presente nel cofanetto, queste registrazioni erano già edite e ben note agli appassionati, ma è sempre un gran sentire il gruppo alle prese con temi come Straight, No Chaser o Bye Bye Blackbird.
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Il secondo cd raccoglie le partecipazioni di Miles ai festival di Newport del 1966 e del 1967. Qui è con la sua nuova “famiglia”, il fantastico quintetto con Wayne Shorter al tenore, Herbie Hancock al piano, Ron Carter al contrabbasso e Tony Williams alla batteria.
Sono gli anni (e il repertorio) di “Nefertiti” e “Miles Smiles”, la telepatia tra i cinque si affina sempre più – provare per credere confrontando le due versioni di Gingerbread Boy – verso forme in cui la “libertà vigilata” del gesto improvvisativo raggiunge vette di incredibile bellezza, applicando il “metodo” Miles anche a temi come ‘Round Midnight o So What che evidentemente il pubblico continua a amare e richiedere, anche quando trasfigurati.
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Nel terzo disco troviamo dapprima il quartetto con Corea, Holland e DeJohnette. È il 1969, anno in cui ci sono in cartellone i Led Zeppelin e Sly & The Family Stone, Miles sta per approdare al “brodo alchemico elettrico” di “Bitches Brew” e, ci riferisce puntualmente lo stesso George Wein in un’intervista riportata nel sontuoso booklet del cofanetto, il nostro Miles, che abitualmente non sta attorno al palco un minuto di più del necessario, rimane dietro le quinte assai interessato ai suoni rock e alle reazioni del pubblico.
Beh, come sarebbe andata a finire lo sapete, vero?
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Anche se non lo sapeste, avete gli ultimi due concerti del box per goderne: si tratta di due concerti registrati ai Newport Jazz Festival in Europe, una serie di appuntamenti in cui il brand di Newport sbarcava nel vecchio continente.
In Svizzera, nel 1971 (con tra gli altri Gary Bartz ai sassofoni e Keith Jarrett al piano elettrico), con il repertorio di “Bitches Brew” e in Germania, Berlino, nel 1973, con le chitarre (Pete Cosey e Reggie Lucas) a rimpiazzare le tastiere e a farsi condurre su terreni acidi e spesso irresistibili dalla tromba del nostro.
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In quasi vent’anni (c’è anche un breve estratto dal Festival del 1975) il jazz è cambiato radicalmente, lo è anche Newport, lo sono i compagni di villeggiatura.
La si può prendere con nostalgia o con la giusta filosofia.
Io non lo so se quest’estate in villeggiatura andiate a Newport.
Che lo facciate o che andiate altrove, se vi piace il jazz e Miles Davis, portate con voi questa musica e questa storia, ne vale davvero la pena.
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