Musica

Metti un musical nel supermercato: intervista a Gipo Gurrado

13 Gennaio 2019

Ci voleva la buona sorte d’incontrare Elsinor Centro di produzione teatrale e il loro sguardo innovatore per partire per questo viaggio”. Così comincia la mia chiacchierata con Gipo Gurrado, musicista, compositore e autore, regista di Supermarket a modern musical tragedy che andrà in scena dal 15 al 27 gennaio al Teatro Fontana di Milano. Partiamo però dall’inizio, da ciò che ha spinto Gurrado a costruire un musical – genere “d’importazione” in Italia – intorno al tema della spesa e nel mondo, variopinto e caotico, di un supermercato. “Uno spazio ordinario e quotidiano, che spesso quasi non vediamo davvero, troppo concentrati sulla necessità di portare a termine, nel minor tempo possibile, la nostra spesa” sottolinea Gurrado “e che invece rappresenta uno spaccato perfetto della nostra società, dalle sue abitudini agli stili di vita, passando per nevrosi e malattie del consumo”.

Difficile in realtà immaginare che, in un non luogo asettico e impersonale, costruito secondo schemi sempre uguali dai marchi della grande distribuzione, si possa giocare, con sguardo ironico e surreale, con la poesia, ma Gurrado ci ha provato trasformando la quotidiana “caccia al cibo” per la sopravvivenza in un canto corale dell’essere umano schiacciato dal tempo. “La musica permette di veicolare in modo più diretto e immediato pensieri e sensazioni. Così la descrizione delle vite di chi trascorre nel supermercato i pochi minuti di una spesa al volo e di chi invece passa una vita intera dietro alla cassa o al bancone, diventa, grazie ad un’immedesimazione empatica e diretta, specchio della nostra stessa esistenza”. Grande protagonista di questo racconto è il tempo nella sua accezione contemporanea: quello che non basta mai nonostante l’offerta di spazi aperti 24 ore su 24, quello che incalza impedendoci di osservare ciò che abbiamo intorno, quello che ci costringe, spesso senza alcuna consapevolezza, a restare chiusi nel nostro io senza entrare davvero in contatto con chi ci circonda, ma – semmai – limitandoci ad uno scontro, ad un’interazione nervosa e logorante.

Non posso fare a meno di pensare al libro, recentemente pubblicato in Italia da Edizioni E/O di Furukura Keiko “La ragazza del convenience store” e al fatto che i supermercati, solo qualche decennio fa sinonimo di modernità e progresso, rischino di trasformarsi oggi, nell’era della rivoluzione digitale del consumo, in uno dei pochi luoghi nei quali l’acquisto implica ancora compresenza e convivenza. Magari nevrotica e disfunzionale, ma reale. Lo accenno a Gurrado, che coglie lo spunto e va oltre “In un contesto in cui il rischio di alienazione è alto e costante, sia dal punto di vista del consumatore che del lavoratore, riuscire a descrivere la bizzarria dei personaggi, definire i loro caratteri, raccontare un piccolo pezzo della loro verità restituisce loro umanità. Durante il lavoro di ricerca per lo spettacolo – e anche oggi ammetto – ho preso l’abitudine a frequentare i supermercati per osservare, come un antropologo, i movimenti della “fauna” presente. Guardare gli altri in questo tipo di contesto, che spesso viviamo come uno spazio di “necessaria sofferenza” per la sopravvivenza, offre un interessante punto di vista anche su noi stessi e sul nostro modo di relazionarci, fra di noi e con noi”.

Chi pensa però di potersi trovare davanti ad un’opera impegnata di critica sociale di stampo tradizionale potrebbe – per fortuna! Mi permetto – restare deluso: Gurrado ha immaginato un musical divertente, un’opera teatrale che possa competere, per intrattenimento e piacere da parte del pubblico, con la – a volte – sovrabbondante offerta di film, serie tv e musica in rete. “Ho cercato di trovare un modo per tenere vivo l’interesse delle persone. La musica, in questo, è un’arma potente: colpisce, intrattiene, anima la scena. Certo in Italia il musical non è un genere di grande sperimentazione e i teatri, quando lo propongono, tendono ad andare sul “sicuro” con grandi classici di tradizione anglosassone. Per fortuna” e qui torniamo al punto dal quale siamo partiti “c’è chi, come Elsinor, investe in ricerca e sperimentazione”. Ci vuole coraggio e, in questo tempo giocato un po’ in difesa, se c’è del coraggio credo possa valer la pena di andare a vedere che forma ha.

Ph. credits Michela Piccinini

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