Musica
Ma se il Festival non vi piace, perché guardarlo per criticare?
La tregua in Ucraina è (quasi) arrivata, nonostante il Festival di Sanremo. Ebbene sì, mentre vagonate di snobismi da social ci propinano Carlo Conti come la tipica arma di distrazione di massa, a Minsk Vladimir Putin ha annunciato che sta per scattare la tregua.
Ma perché intersecare un discorso tanto serio come l’Ucraina con un evento tanto frivolo come il Festival di Sanremo? Semplice: perché – tra gli snobismi intellettuali di cui sopra – si sostiene che la manifestazione mediatico-canora distolga l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi seri, tipo il conflitto nel Donbass.
Ecco, ora cerco di essere un tantino serio (compito difficile quando si parla di uno show ideato per non essere tale come il Festival), e sono perciò costretto a ricordare che la guerra è cominciata quando nessuno ancora pensava alla conduzione di Carlo Conti, alle altre conduttrici, ai cantanti in gara, né tantomeno all’ospite Conchita Wurst. E dovrei anche evidenziare che ben prima del Festival di Sanremo erano in atto violenti scontri nella regione orientale dell’Ucraina, senza che ci fosse grande preoccupazione per le vittime civili. Insomma, questo snobismo da social prende la forma di una immensa scusa per criticare il Festival.
In realtà mi sembra che l’ostentazione della critica sia un modo per deridere il nazionalpopolare, apponendosi al petto le stellette da intellettualino sprezzante verso la volgarità del popolino (lo dico anche per esperienza personale). Poi, gira e rigira, scopri che su Twitter gli hashtag festivalieri sono tra i trending topic, che su Facebook c’è la gara a chi polemizza sui tanti risvolti del programma e che – alla fine – lo share premia lo show.
Qualche domanda, quindi, è legittima: ma come mai tutto questo odiato carrozzone attira tanta attenzione? Se proprio è una roba immonda, perché non prendere il telecomando, o anzi un libro? Non sarà mica che la curiosità stuzzica lo spettatore snob che, essendo in antitesi con il gusto nazionalpopolare, non può ammettere di vedere Sanremo? Lo snobismo doc, infatti, porta a ideare succulente scuse, del modello: “Io lo vedo per capire come è possibile che la gente sia interessata a queste cose”. Il tutto con tanto di ditino accusatorio contro la “tv che distrae dalle cose importanti”.
In mezzo allo spettacolino del Festival di Sanremo, un prodotto in linea con quanto atteso dal pubblico, il comportamento più conformista è l’ostentazione di questa attività di pensiero fintamente anti-conformista. Basterebbe ridimensionare un appuntamento mediatico, iper pubblicizzato dai mezzi di comunicazione mainstream, senza inerpicarsi in tortuosi ragionamenti. Perché gli argomenti importanti, come la guerra in Ucraina, sono ignorati per mille altri motivi.
Io ammetto che ho smesso la mia giovanile campagna “contro” il Festival di Sanremo, quando ho compreso semplicemente che si tratta di un evento che – per fortuna – occupa l’attenzione per qualche giorno. Né più né meno di una partita di calcio. E se non mi va di vederlo, spengo la tv, leggo un libro o ascolto la musica che mi piace.
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