Musica
Libertad! Libertad! Libertad!
Il 25 maggio 1810 l’Argentina dichiarò la propria indipendenza dalla Spagna. Solo 34 anni dopo l’indipendenza degli Stati Uniti e sulla scia delle guerre napoleoniche, approfittando anche dei problemi che la Spagna, invasa dai francesi, stava affrontando. Dall’Argentina, proclamatasi Repubblica, il movimento di liberazione si estese a tutta l’America Meridionale, fino al Venezuela. Come per gli statunitensi il modello fu la Francia prima illuminista e poi rivoluzionaria. Lo stesso Libertador, José di San Martín, morì esule in Francia. Anche il primo grande scrittore argentino, Esteban Echevarría, in qualche modo fondatore della letteratura argentina, morì esule a Montevideo per fuggire dalla dittatura e dalle persecuzioni di Rosas. Fin dai primi anni la storia argentina conosce l’orrore della dittatura militare. Videla non fu un’esperienza nuova del Novecento. Nemmeno la sua ferocia era nuova. Nuova, e feconda, fu anche, però, l’esperienza della democrazia, fino al punto di sperimentare, anche in Argentina, l’esperienza di un Presidente intellettuale: lo scrittore Domingo Faustino Sarmiento. Ebbene, come si sa, l’immigrazione di italiani in Argentina fu notevole.
Giorgio Carnini
E proprio un italiano, emigrato in argentina all’età di 11 mesi, Jorge/Giorgio Carnini, è ritornato in Italia organista, e anni fa ha ideato e organizzato una serie di concerti per promuovere l’installazione di un vero e grande organo all’Auditorium del Parco della Musica, a Roma, che, inspiegabilmente, n’è sprovvisto. L’organo non è strumento destinato solo alla liturgia ecclesiastica. E di fatti gli auditori delle altre città d’Italia e di Europa sono provvisti anche di un organo. Il ciclo primaverile dei concerti, tenutisi tutti nella Sala Accademica del Conservatorio Santa Cecilia, a Roma, si è concluso il 28 maggio, con un concerto che ha ricordato la festa dell’indipendenza argentina. Sala affollatissima. La serata si è aperta con l’inno argentino e con quello italiano. Numerosissimi gli interpreti. Il Coro degli allievi del Conservatorio Santa Cecilia, Chorus Niovus, Coro Academia Alma Vox, Coro Soli Deo Gloriae, molti strumentisti e solisti di canto. Tango e milonga, naturalmente, hanno percorso tutta la serata. Ma riletti e reinventati da una prospettiva “colta”. In realtà, è quasi solo italiana la separazione dei generi, perché altrove, e dunque anche in Argentina, la musica popolare e quella d’intrattenimento non è considerata altra dalla musica colta, bensì solo diversa. la diversità riguarda la destinazione. Come, fin da Aristotele, qualsiasi trattato d retorica spiega bene. Del resto, sarebbe immaginabile la musica strumentale barocca senza l’apporto delle danze del tempo? e perché le danze di oggi dovrebbero fare eccezione? Non si tratta di negare le differenze, ma di riconoscere la molteplicità degli usi. Solo in Italia la differenza di genere diventa differenza di valore. L’operetta è inferiore all’opera già nel nome. Eppure ci sono opere il cui valore estetico è assai inferiore a quello, che so, di un Pipistrello o di una Vedova Allegra. “Romanze” colte il cui valore non raggiunge quello di una chanson di Brel o un song dei Beatles. Bob Dylan che cos’è: colto o incolto? Ecco allora che si ascoltano con piacere la Milonguita callejera e il Tango para dos. per pianoforte e bandoneón dello stesso Giorgio Carnini, o la Reminiscencia tanguera per bandoneón di Gabriela Valeria Galí Montesanto. la Toccata, villancico y fuga per organo di Alberto Ginastera, il Fantatango per pianoforte e l’Improvvisazione sulla Milonga del Ángel di Astor Piazzolla per pianoforte di Eduardo Hubert. A chiudere due arie dall’opera Estaba la madre di Luis Bacalov e la Misa Criolla di Ariel Ramirez, salutate da ovazioni trionfali. All’organo, oltre a Carnini, per l’inno argentino, Flavia Gianfreda e Angelo Bruzzese. Al pianoforte lo stesso Eduardo Hubert e Luis Gabriel Chami. Al bandoneón Gabriela Valeria Galí Montesanto. Soprani, Da Hyng Kang, Wu Song Yang. Contralto, Dariya Knyazyeva. Tenori, Simón Esteban La Rosa, Nuccolò Gullotta. Charango (piccola chitarra), Roberto Massimi. Bombo legüero, José Ogando- Alle percussioni Carol Di Vito, Matteo Lelii, Benjamín Concepción Molina. E, infine, al contrabbasso Gabriele Vallo. Biagio Micciulla il direttore, e direttori dei cori Roberto Murra, Alberto De Sanctis, Giuseppe Galli. La festa gioiosa della libertà, civile e musicale. Che il secondo verso dell’inno argentino ripete tre volte: Libertad! Libertad! Libertad! Mai come oggi, con i venti di guerra che stravolgono le vite dei popoli, le dittature che li opprimono, sparse per tutto il pianeta, è necessario, obbligatorio, dovere civile ribadirlo: Libertà. Ma sì, lo ripete anche il sommo poeta: “libertà va cercando, ch’è sì cara, / come sa chi per lei vita rifiuta”.
Argentina, la rivoluzione di maggio
Sala Accademica del Conservatorio Santa Cecilia di Roma.
Devi fare login per commentare
Accedi