Musica
L’effetto della Brexit sull’industria musicale
Domani, giovedì 23 giugno, circa 64,5 milioni di cittadini britannici voteranno per decidere se il Regno Unito debba lasciare o meno l’Unione Europea. Ad un giorno dal voto i sondaggi rivelano una situazione di estrema incertezza, e pertanto gli schieramenti opposti del “Leave” e del “Remain” serrano le fila: la campagna elettorale si accende per le battute finali, dopo essere stata tragicamente congelata in seguito all’omicidio della deputata laburista Jo Cox.
Proprio oggi, invece, inizia lo storico festival di Glastonbury, e per quattro giorni quasi 100 mila persone provenienti da tutto il paese e anche dall’estero si riuniranno nella piccola cittadina inglese situata nel Somerset per ascoltare band e artisti rock provenienti da tutto il mondo, come da tradizione per uno dei festival estivi più importanti nel panorama britannico.
Allo stesso modo in cui la politica sembra interessarsi al festival, dato che per non far mancare voti è stata promossa una campagna di registrazione al voto tramite posta proprio pensando a chi affollerà il festival nella giornata del 23 giugno, anche l’industria musicale è interessata alle possibili conseguenze economiche che la Brexit potrebbe implicare: dalle limitazioni negli spostamenti, sia per le stesse band che per gli appassionati, all’aumento di tasse e dazi doganali per la compravendita di dischi e biglietti.
Innanzitutto la Brexit comporterebbe una seria limitazione dei tour europei delle band emergenti: le band del Regno Unito sarebbero costrette a richiedere un permesso per portare la loro musica nell’UE, e i costi di queste autorizzazioni non sono affatto contenuti, e questo significherebbe molti meno tour per quei gruppi che non sono ancora sostenuti da sponsor o da una major discografica.
Con riguardo ai concerti live, la vittoria del fronte del “Leave” implicherebbe anche conseguenze non da poco per quanto riguarda gli spostamenti aerei da e verso la Gran Bretagna, dato che grazie alla sua adesione all’UE i voli che collegano i paesi europei ed il Regno Unito sono diventati molto più regolari ed economici: con l’uscita del paese di sua Maestà dall’Unione Europea verrebbe meno il cosiddetto accordo “Open Skies” e andare ad un concerto o spostarsi potrebbe divenire molto meno facile e più costoso. L’associazione degli agenti di viaggio britannici, in un comunicato rilasciato lo scorso marzo, ha dichiarato che “la Brexit sarà un disastro per il settore“. Come dargli torto?
Passando invece alla questione relativa al costo dei biglietti e dei dischi, bisogna ricordare che nei paesi dell’Unione Europea non si paga l’Iva e non vi sono dazi doganali per le esportazioni o importazioni tra paesi membri. Con la Brexit cambierebbe inevitabilmente la normativa fiscale che intercorre tra i paesi europei ed il Regno Unito, facendo si che il prezzo dei biglietti e dei dischi aumenterebbe in modo sensibile: questo fatto ci riguarda da vicino, dato che, come rivela un interessante studio svolto da “ticketbis.it“(http://www.ticketbis.it/brexit-and-the-music-industry), gli italiani vantano un notevole quinto posto nella classifica dei fan europei che più viaggiano verso il Regno Unito per consumare concerti o festival di musica, e ciò dimostra come i beniamini della scena musicale internazionale trovino ancora casa in Gran Bretagna. Inoltre, secondo la British Phonographic Industry (BPI), l’Italia è il secondo paese in Europa (solo dietro l’Olanda) con la maggior percentuale di spesa (19% del totale) per album di artisti inglesi, cifra che potrebbe ridursi drasticamente.
Dal punto di vista legale, poi, in caso di Brexit ci si ritroverebbe di fronte ad una situazione di grave incertezza normativa, dato che attualmente la legge sul diritto d’autore dell’UE rappresenta un’importante struttura normativa per le cause circa il copyright tra paesi membri. Se la Gran Bretagna decidesse di uscire dall’Unione, le sole leggi britanniche non avrebbero pari forza nel difendere un’artista o etichetta discografica coinvolta in azioni legali circa la violazione del diritto d’autore, facendo si che le band e gli artisti inglesi sarebbero meno tutelati.
Insomma, anche nel campo musicale la Brexit sembrerebbe non convenire nè ai paesi europei e nè allo stesso Regno Unito. Considerando che la Gran Bretagna rappresenta la culla della cultura musicale Rock che ha contagiato tutto il mondo, a partire dagli anni 60 con i Beatles e gli Stones, e che ancora oggi sforna i più grandi artisti nel panorama musicale mondiale, sarebbe davvero triste perdere il contatto ravvicinato con essa che l’appartenenza all’UE in qualche modo ci garantisce.
“Great Britain stay with us!”
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