
Musica
L’angelo della morte tra di noi
Verdi e Suk, letti con limpidezza da Harding. Un confronto, senza speranza, con la morte.
Asrael è, nella tradizione ebraica, nella quale però a un certo punto scompare, e nella tradizione islamica, dove invece permane, l’angelo della morte. Josef Suk, interessantissimo compositore ceco, genero di Dvořák, di cui sposò la figlia Ottilia, nome goethiano (Affinità elettive), che la dice lunga sulla cultura dei musicisti cechi nell’Ottocento, alla morte del suocero, nel 1904, abbozzò una sinfonia, che volle appunto intitolare Asrael. Ma l’anno dopo morì anche l’amatissima moglie Ottilia e la sinfonia prese il carattere di una tormentata e cupa meditazione sulla morte. In cinque tempi, nella tonalità di do minore, con uno scherzo visionario nel mezzo, Vivace, preceduto da due movimenti di andamento moderato, un Andante sostenuto e un Andante, e seguito da un Adagio e da un altro Adagio e maestoso, la sinfonia rinuncia alle espansioni melodiche, per concentrarsi su piccole cellule tematiche, in cui a configurare il tema concorrono anche il ritmo e l’armonia, variamente elaborate e combinate contrappuntisticamente tra di loro. Anche il timbro degli strumenti che via via le espongono acquista senso tematico. Ciò che l’ascoltatore percepisce è una musica profondamente inquieta, screziata in colori contrastanti ed episodi che alternano l’introspezione all’esasperata manifestazione di terrore e dolore. Non ci sono modelli ai quali confrontarla. Ogni tanto può evocare atteggiamenti simili del sinfonismo di Mahler, anche lui ceko come Suk, nel 1905 sta componendo la sua Settima Sinfonia, ma sono pallide ombre che nemmeno accennano al respiro ampio del canto mahleriano. Anche i passi più scatenati sono ben lontani dalla concitazione dello Scherzo centrale della Settima di Mahler, un valzer demoniaco e stridente. Asrael e un confronto con la morte senza vie di uscita. E senza ritorno, soprattutto. La serenità che sembra toccata dalle ultime pagine è apparente, in realtà si tratta di uno sprofondare nel nulla.
Daniel Harding, per questo suo concerto ceciliano, ha voluto accostare la sinfonia di Suk a tre dei Pezzi Sacri di Verdi, lo Stabat Mater, le Laudi alla Vergine Maria e il Te Deum. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia affiderà, nei prossimi concerti, a Daniel Harding le prime due Sinfonie di Mahler e le Scene dal Faust di Goethe di Robert Schumann: il demoniaco, la morte, la riflessione sulla natura, temi romantici che si protendono fino alle soglie del Novecento, sembrano quanto mai adatti in questi orribili tempi di guerra. Ciò che colpisce di ogni interpretazione di Harding è la limpidezza con cui viene restituita la tessitura delle pagine affrontate. Nessuna concessione a effetti plateali, ma una sobria condotta del discorso musicale, anche nei punti di maggiore concitazione. Tanto i severi appunti verdiani quanto l’inquieta sinfonia di Suk è musica difficile, che non concede molto all’espansione lirica, alla mozione sentimentale. Ma proprio per questo è musica che finisce per toccare corde più profonde, più raccolte di un immediato piacere d’ascolto. Il pubblico sembra capirlo, e tributa al direttore, al soprano Roberta Mantegna, all’orchestra, al coro calorosi e lunghi applausi. Non è lezione da poco, che una volta tanto la discrezione, la sobrietà, e soprattutto la chiarezza della lettura, commuovano quasi di più di un’enfasi esibita, di un clamore esteriore. Nel 1888 andò in scena, al Teatro Municipale di Reggio Emilia, l’opera Asrael di Alberto Franchetti, che dunque anticipa Suk nell’idea di dedicare una partitura, in questo caso teatrale, all’Angelo della morte. L’opera ebbe successo, ma non fu ripresa in altri teatri che recentemente, a Bonn, nel 2022 .
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Stagione Sinfonica
Sala Santa Cecilia
Direttore: Daniel Harding
20, 21, 22 marzo 2025
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