Musica
La Rossa. 10 dischi per conoscere e ricordare Milva
Precisamente tre anni fa Milva “la Rossa” ci lasciava. È stata senza dubbio una delle più grandi interpreti e cantanti che abbiamo mai avuto. Ricordiamo chi era attraverso i suoi 10 dischi più belli di sempre.
All’inizio degli anni Sessanta ottenne il suo famoso soprannome: “La pantera di Goro”. Era per molti l’erede di Nilla Pizzi e l’avversaria designata di Mina. Aveva già carattere da vendere, ma ancora non era la creatura incredibilmente affascinante in cui si sarebbe trasformata qualche anno più tardi. Qualcun altro la avrebbe chiamata la “Rossa”, per la sua chioma dal rosso acceso, ça va sans dire (ma non solo, c’era anche la politica di mezzo). Milva era il suo nome (in realtà era uno pseudonimo pure quello, il suo vero nome era Maria Ilva). E che cosa è stata Milva per la musica italiana? Una voce, prima di tutto. E che voce. Importante, particolare, profonda, impeccabile. Virtuosa a suo modo, eclettica e intensa. Milva sbagliava difficilmente una nota. Nelle canzoni che ha interpretato, spesso dalle linee melodiche estremamente complesse, percepiamo il perfezionismo che la caratterizzava. Raccontare Milva solo attraverso i suoi dischi non è un’operazione facile. Milva era anche tanto altro. Il teatro ad esempio, o l’opera. Ma in questa sede credo sia utile e necessario prendere in considerazione solo la musica più legata alla dimensione popular e solo alcuni dischi (quelli in italiano, è bene specificarlo, per il tedesco ci sarà magari un’altra occasione) perché alla fine di questo ci occupiamo solitamente su queste pagine e mi pare giusto rimanere nei confini consueti. E poi perché Milva era per molti, soprattutto, legata a quel tipo di musica. Proviamo allora a fare questo riassunto in dieci dischi fondamentali.
1) Da dove partire? Domanda complessa anche questa. Pensando e ripensando, mi piace andare a ricordare Milva attraverso lavori che siano estremamente caratterizzanti. La scelta credo sia quindi alla fine semplice: Dedicato a Milva da Ennio Morricone (1972). È senza dubbio il suo primo grande disco. Non che quello che era stato prodotto nel decennio precedente non avesse valore, ma Morricone aveva capito tutto della vocalità della cantante emiliana: le cuce addosso dunque una serie di brani già scritti ma che riadatta per la sua voce. Ne esce un’opera straordinaria, dove Milva dona un’intensità strepitosa alle atmosfere sinfoniche azzeccando ogni singolo passaggio di ogni pezzo. Disse Morricone: “Ho voluto onorare le qualità di Milva come cantante e come interprete. Chi segue il mio lavoro non superficialmente sa quanto io creda alla voce umana come al più significante suono tra tutti i suoni. La voce di Milva, con la sua popolaresca tensione, con la sua raffinata interpretazione, con il suo calore dolce e forte, rappresenta per me uno dei momenti più alti del mio ideale di cantante”.
2) Nel 1973 esce Sognavo, amore mio nel quale Milva collabora col compositore Francis Lai. La matrice è sempre quella delle colonne sonore per il cinema e il disco ha una sua raffinatezza e una modernità che lo rendono degno di nota, a partire dalla famosa “Un uomo, una donna”. È un lavoro in cui Milva vaga tra tango, jazz pop e ballate in cui diluisce la sua carica emotiva riuscendo sempre a contenersi dando così un’aria ancor più aristocratica alla musica del sardo Lai. L’eleganza della pantera sta emergendo sempre di più e la sua personalità canora si sta definitivamente plasmando.
3) Nel 1975, dopo un periodo intenso dedicato al teatro, torna ad incidere un repertorio di impegno politico, dopo che, circa una decina di anni prima, aveva già avuto a che fare con canzoni sulla Resistenza. Il disco si intitola: Libertà. E il suo sottotitolo è abbastanza esplicativo: Canti della libertà di tutto il mondo arrangiati e diretti da Gino Negri. L’album contiene un mondo sonoro estremamente eclettico, si va dalla musica classica, alla canzone militare, dal folk popolare italiano e alla canzone di protesta russa e sudamericana. È un album eterogeneo, dove ogni brano è però perfettamente legato all’altro da una stilistica che Gino Negri riesce a infondergli, dando la possibilità alla voce della Rossa di sbizzarrirsi e mostrare tutte le sue qualità.
4) Passa qualche anno, Milva finisce in Germania, si fa amare molto dai tedeschi e là, nel 1978, esce un grande disco che l’anno dopo viene tradotto anche in italiano. È La mia età (1979), con le musiche di Mikīs Theodōrakīs. I testi, nella versione italiana, vengono riadattati da Mara Cantoni e Massimo Gallerani ed è un album che, bisogna dirlo, suona benissimo anche nella nostra lingua. È un’opera sospesa, ma ricca di tensione, piena di canzoni impegnate, frutto del lavoro di alcuni tra i poeti greci più importanti dello scorso secolo come Giorgos Seferis, premio Nobel per la letteratura nel 1963, o come l’osannatissimo Tasos Livaditis. Milva interpreta, si fa ammantare dalle atmosfere al retrogusto di sirtaki, dalle ballate fumose, dai canti di lotta. È l’ultimo disco di questo decennio – gli anni Settanta – per lei importantissimo, un disco con cui si catapulta in una nuova dimensione sonora.
5) Arrivano appunto gli anni Ottanta e Milva si trasforma nuovamente. C’è da ritenere questo periodo quello in cui Milva sia riuscita a trovare una capacità espressiva veramente eterogenea, ricca delle sue intensità e della sua solita vocalità suadente e profonda, ma capace anche di far manifestare un’ironia che gli appartiene ma che forse, prima di allora, non era mai emersa con molta decisione. Forse a fare da detonatore è il disco bellissimo che esce proprio nel 1980 ed è scritto e arrangiato da Enzo Jannacci. Si intitola La Rossa. Lapidario. Già fa capire tutto. In copertina Milva sbarazzina, fotografata da Marilù Berger, è su una sedia in jeans e maglietta bianca, giovanile, ride, piegata su un lato, si tiene la testa fra una mano. I brani memorabili sono quelli che riescono a trovare un equilibrio tra ritmo, intensità e dramma, come la title track, “Il dritto”, o classici come “E io ho visto un uomo” o “Soldato Nencini”.
6) Nel 1982 Milva incontra Battiato. Come scrive Martina Corgnati nel bellissimo libro, dedicato a sua madre, Milva. L’ultima diva. Autobiografia di mia madre: “Milva ha un po’ paura di Battiato […] Franco parla poco, spesso sembra non raccogliere […] Lei non sa bene come fare a conquistarlo, si sente osservata. In effetti lo è; Franco la studia, la interpreta; prende le misure come un sarto, come avrebbe detto molti anni dopo”. E, dopo averlo registrato a Milano, esce Milva e dintorni. È un capolavoro. Ironico, profondo, drammaturgico, con suoni che collocano la Storia in una dimensione quasi cibernetica. Il futuro che si scontra con il passato che si scontra con il presente. La voce di Milva è grintosa ed elegantissima come non mai. Incredibile che riesca a districarsi in quella selva di canzoni a tratti folli per come vengono rapportate a lei. Ma vince anche questa sfida.
7) Nel 1986 torna invece Vangelis (che aveva già inciso un disco “tedesco” molto valido con Milva), a Londra i due incidono Geheimnisse (“segreti” in tedesco), che per l’uscita italiana diventa Tra due sogni. Diceva Milva: “Sono andata a Londra per un mese, Vangelis e io ci vedevamo nel suo studio, quando ne avevamo voglia. Questa volta si può veramente dire che lui ha composto per me. A parte la sua vecchia ‘Spring, Summer, Winter and Fall’ del periodo Aphrodite’s Child, che io ho ripreso, tutti i brani sono nati lì, dalle nostre ‘improvvisazioni’”. Tra due sogni è un disco elettronico e sospeso, dove Milva sorvola con la sua voce i brani dall’alto. Ci sono cose molto intense e particolarissime come “Canto a Lloret” o “L’ultima Carmen”, ma è difficile scegliere perché nel disco è veramente quasi tutto bellissimo.
8) Il 1989 è di nuovo con Battiato, che la mette nelle condizioni di entrare in un contatto stilisticamente ancora più diretto con la sua produzione. Esce Svegliando l’amante che dorme che, tra reinterpretazioni di brani già usciti e nuove creazioni cesellate perfettamente sulla sua vocalità, la immerge perfettamente nelle atmosfere che sono più rarefatte rispetto a Milva e dintorni. È un disco che trova un equilibrio perfetto, forse meno esplosivo e variopinto rispetto al precedente con il cantautore siciliano, ma decisivo per chiudere in bellezza gli anni Ottanta.
9) Arriva praticamente la metà degli anni Novanta e Milva torna a collaborare con un musicista greco: il ministro della cultura Thanos Mikroutsikos. Il disco che ne esce è Volpe d’amore (1994). È un album sinfonico con grandi melodie suadenti e dai tratti esotici, sulle quali la Rossa si adagia alternando delicatezza e forza. Ogni pezzo sembra un vestito cucito appositamente sulla sua pelle e il senso di compiutezza dell’opera è totale. I testi sono molto politici e riadattati per l’italiano da Maurizio Piccoli, Davide Lamastra, Massimo Gallerani e Lina Nikolakopoulou. È l’ultimo grande capolavoro di Milva.
10) Nel 2007 la Rossa partecipa a Sanremo con “The Show Must Go On” e il disco che la contiene è scritto interamente e prodotto da Giorgio Faletti. Si intitola In territorio nemico ed è un lavoro dove i testi contano moltissimo. Milva è lievemente affaticata, ma sente intensamente ogni brano. L’operazione che Faletti cerca di mettere in piedi è quella di far raccontare a Milva i tempi che corrono. Ci sono pezzi come “Tre sigarette” che narra la brutalità della guerra o “Mio fratello non trova lavoro” che affronta il tema della disoccupazione. È un disco intenso, fluttuante, con arrangiamenti di Lucio Fabbri e Stefano Cisotto che sostengono il procedere della narrazione senza essere mai ingombranti. È il canto del cigno della pantera.
Il 19 luglio del 2012 Milva viene invitata da Elisabetta Sgarbi a una giornata speciale della Milanesiana dedicata alle popolazioni dell’Emilia-Romagna colpite dal tragico terremoto del 31 maggio di quello stesso anno. È l’ultima volta che l’artista salirà su un palco. Purtroppo da circa tre anni è affetta da una malattia neurodegenerativa. Poco dopo quell’ultima apparizione, sul suo sito, annuncerà l’addio definitivo alle scene. Morirà nella sua casa di via Serbelloni a Milano il 23 aprile 2021.
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