Musica

La musica bisestile. Giorno 8. Horslips

9 Settembre 2018

Dublino, tra il 1969 e gli anni 80. Un mondo di bellezza, miseria, rabbia e felicità che sta per essere inghiottito dall’onda del successo finanziario e verràpresto spazzato via da un mondo finto e violento che non sarebbe mai dovuto esistere.

THE TAIN

 

Il mio tempo a Dublino è stato corto, troppo corto. Speravo di trovare un lavoro per restare lì, e non lo trovai. Era un’Irlanda diversa da quella di oggi, infestata dalle banche e dal riciclaggio della mafia russa e di chi sa chi altro – cosa che ha cambiato completamente il volto della città e la gente che ci vive dentro. Al contrario, la Dublino che conobbi io era estremamente povera, al mercato (dove io guadagnavo spiccioli suonando Bennato) vendevano anche sigarette mezze fumate e calzini spaiati. Ma dopo poche ore ti conoscevano tutti, ti portavano a vedere Neil Simon a teatro, a sentire decine di band tutte uguali in birrerie appiccicose e sudaticce, a fare gite in posti meravigliosi come Galway, Cork, Limerick, oppure a vedere una partita di calcio gaelico, più sanguinosa di una finale di pallanuoto tra Serbia e Croazia.

“The tain”, 1973

Quell’Irlanda, quella che ho conosciuto io, era piena di paura e di violenza, nascoste (per modo di dire) sotto una sottile patina di solidarismo ipocrita e velenosamente invidioso. Le forze feudali, che nel 1922 avevano portato all’uccisione dell’eroe dell’indipendenza, Michael Collins, e poi all’elezione a Primo Ministro del mandante del suo assassinio, Eamon de Valera, erano ancora all’opera. La scena politica era dominata da Charles Haughey, uno dei sette figli di un miliziano di Michael Collins, ed è stato un militare per tutta la vita, venendo eletto più volte Taoiseach (Primo Ministro) o Ministro, ed essendo a capo dell’opposizione negli anni in cui il suo partito, i conservatori del Fianna Fail, perdevano le elezioni. Ancora oggi il suo nome è un simbolo per la miseria economica, culturale e sociale del Paese, opposto a quello di Mary Robinson, che verrà eletta alla presidenza della repubblica nel 1990, e che è il simbolo della rinascita del Paese, e dei trattati di pace con il Regno Unito sull’Irlanda del Nord.

Donegal Town vista dal fiume Eske

Per questo anch’io, suonando in strada una 12 corde parole incomprensibili e ritmate, calzavo perfettamente nel quadro di Torre di Babele generato dall’estrema povertà, dall’arretratezza, dalla mancanza di prospettive. Chi poteva andava a vivere “dagli inglesi”, odiandoli. Io invece andai a Donegal Town (una città fondata dai vichinghi!), la zona più fredda, povera e nazionalista dell’isola, a nord-ovest di Belfast, sulla punta estrema d’Europa. Abitavo da una signora Morrow per l’equivalente di 2000 lire al giorno, ma dovevo aiutare a rigovernare la casa, aiutare nell’orto, ed accompagnare cani e figli della signora Morrow, un giorno sì ed uno no, a passeggiare lungo il fiume Eske. Suonando al mercato arrivavo a tirar su fino a 3000 lire al giorno, avrei potuto farcela, ma era una vita assurda, e mi sentivo davvero un marziano. Dopo sei settimane tornai a Dublino, e poco dopo lasciai l’Irlanda definitivamente, con le pive nel sacco.

Ma ebbi la fortuna di ascoltare dal vivo, in piazza, gli Zen Alligators, e quando chiesi dopo potessi comprare un loro disco la gente, schifata, mi disse che avrei dovuto comprare gli Horslips, visto che gli alligatori erano solo la brutta copia di una scissione di quell’altra band, che invece erano gli eroi d’Irlanda. Non li avevo mai sentiti nominare, Oggi, se dite Irlanda, pensate ai Pogues, agli U2, ai Simple Minds, o agli Hothouse Flowers, oppure a Enya ed ai Clannad. Allora c’erano gli Horslips. Ne percepivo l’energia, la voglia di gridare sé stessi, il modo scanzonato eppure feroce di farlo. Questo disco, il loro capolavoro, è il contrario dell’Irlanda verde a cui si pensa nelle cartoline, ma è l’Irlanda della miseria, quella blu e nera, quella della solitudine, della pioggia che non smette mai, dell’allegra malinconia dei perdenti che non si arrendono mai. Quella è l’Irlanda che amo, non importa se la stanno distruggendo. Io la aspetto a Dearg Doom, e mi manca tanto.

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