Musica
La musica bisestile. Giorno 79. Tom Waits
CLOSING TIME
THE HEART OF SATURDAY NIGHT
Quando andai al cinema a vedere “Down by Law”, in cui Tom Waits, John Lurie e Roberto Benigni scappavano insieme da un penitenziario americano e Benigni scopriva l’amore, mi chiesi cosa fosse mai accaduto a quello che consideravo il migliore cantante di piano bar del mondo. Tom Waits aveva perso la voce, sembrava spesso assente, abulico, era diventato (dopo essere stato lasciato da Rickie Lee Jones) quello “cool per forza” che diceva “Non riesco a capire coloro che si rifugiano nella realtà perché hanno paura di affrontare le droghe”. Per questo motivo, i suoi dischi della maturità, non li sopporto, mi sembra un monumento di leziosaggine, una messa in scena della propria autodistruzione fredda, senza pathos che sinceramente mi annoia.
Bisogna dire che, tra le mie migliaia di debolezze, non ci sono né alcool né droghe. Anzi, sono praticamente astemio. Non mi piace come si diventa quando si è ubriachi, non mi piace il modo in cui la droga ti trasforma. Sopporto ancora meno elevare l’autodistruzione, che è una questione strettamente personale e privata, da praticare con il maggior pudore possibile, quando viene messa sotto i riflettori, sul palcoscenico. Questa richiesta violenta ed intrusiva d’aiuto, questo ricatto implicito. Gli eterni bambini non lo sanno, ma l’empatia non nasce dall’insistenza e dalle lacrime, ma dal dolore muto, oscuro, invisibile, che ognuno nota nell’altro, perché siamo tutti fratelli, e ce ne accorgiamo lo stesso.
Meglio sbattere con la macchina, come ha fatto James Dean. Peccato, perché Tom Waits è un musicista straordinario, ed ha scritto canzoni indimenticabili. Si tratta di uno dei rarissimi casi di artisti che riescono a dipingere il dolore e la solitudine in modo struggente, ma senza mai essere patetici. Per questo motivo, scegliendo tra i suoi album, scelgo il primo ed il secondo, registrati quando non era nessuno, quando nessuno lo trovava cult e non succedeva che i suoi dischi, oramai inascoltabili, vandano solo a causa dell’artista che li firma. Scelgo due album di tristezza sconfinata, ma affettuosa, di grande buio e pianoforte, di buchi neri incolmabili, ma lì ad un passo, dove basterebbe un sorriso o una lampadina. Là, dove Tom Waits, per me, è ancora essere umano e non solo trito palcoscenico.
https://www.youtube.com/watch?v=f7UHd7NVegE
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